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Il 21 agosto Roberto Potì avrebbe compiuto 75 anni, circondato dalla sua bella famiglia, con i suoi nipoti in prima fila, sempre in perfetto ordine, in un fisico asciutto elegante a dispetto dell’età perché l’attività fisica era e sarebbe stata imprescindibile, autentico brodo primordiale. I suoi ideali sportivi ed etici probabilmente avrebbero avuto la meglio su considerazioni puramente finanziarie e i valori tradizionali, uccisi da egoismi, avrebbero riportato il pallone in una dimensione più umana e più vicina ai tifosi e alla gente comune. La sua attività incomincia nel 1962 con la maglia della sua vita, quella gialloblù del suo Mesagne, e durerà per quasi quarant’anni, vedendolo protagonista prima come calciatore poi come allenatore e infine come presidente.
Il “risorgimento” del calcio locale, secondo Roberto, passava attraverso il miglioramento degli impianti sportivi e la cura dei settori giovanili. Roberto credeva che fosse necessario soprattutto il movimento di base, anche negli oratori, perché avere una base allargata di praticanti e appassionati avrebbe promosso una migliore cultura dello sport genuino fatto di regole e disciplina e dato più opportunità a tutti di giocare.
Inseguiva un sogno: voleva fare del calcio un posto migliore dove tutti si potessero esprimere.