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Il Sabato Santo giorno del Silenzio – di Daniele Chezzi

da Cosimo Saracino
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Quando si pensa al Sabato Santo, il sentimento suscitato è di “assenza”, “trepidazione”, ma nello stesso tempo “dolcezza”, “quiete”. Un giorno del triduo, in cui si può riprendere fiato, per ricominciare  il cammino, un riposo fiducioso che si fonde con la Speranza. 

Pensate invece al pomeriggio della domenica di Pasqua, dopo aver festeggiato lautamente con la famiglia, si viene colti da un senso di ordinarietà che rischia di diventare il contrario di ciò che dovremmo fare: ciò che il termine Pasqua, che vuol dire “Passaggio”, suggerisce: Camminare.

Il Sabato Santo invece, proprio perché un giorno, atipico, a/liturgico, con il digiuno eucaristico, ti fa pregustare quello che sarà la notte santa, è la chiave di violino della Sinfonia dell’alleluia. Di tangibile, nel Sabato Santo c’è solo un elemento: l’assoluto Silenzio. Certo, un Morto non parla, non agisce, non ha una relazione.

Eppure a pensarci bene questo Silenzio è la voce che percorre tutta la storia, la storia umana e la stessa storia di Dio. Dio è nel Silenzio, Dio è il Silenzio.

E non un dio qualsiasi: gli idoli che fabbrichiamo  anche se muti, parlano, eccome! 

Denaro, Materialismo Tecnologico, schiavitù varie… Non hanno bocca, ma parlano, urlano, barcamenano l’uomo a destra e sinistra. 

No, qui parliamo di un Dio diverso, uno vivo, vero, Amante ed amato. Dio della vita. Trinità. Si, perché il Sabato Santo è il giorno della Trinità.

Possiamo immaginare tre grandi Sabato Santo: Quello “cosmico”, quello “storico”, quello “escatologico”.

Il Sabato Santo Cosmico è quello del Padre. Il Grande Silenzio in cui Jahvè era immerso prima di pronunciare : “Sia la Luce”. La Prima Pasqua Cosmica. Il passaggio dal buio alla Luce. Dal non esserci, all’esserci. Dovremmo pregare molto su questo grande silenzio senza tempo. Il momento più intimo di Dio in cui prende la grande decisione di partecipare “Qualcosa” e “ Qualcuno” del suo  Amore. Potremmo definire questo Sabato Santo la “gestazione” della creazione. Pensate un attimo all’intima gioia e desiderio di Dio che, nella sua solitudine, pregusta la creazione dell’opera più bella: Tu! Il Grande Sabato Santo del Padre. 

Il Sabato santo storico è quello del Figlio.

Sigillato nel cuore della Roccia il santo Corpo riposa, rispettoso dello Shabbat che il Padre aveva comandato. “Non farai nessun lavoro…” Gesù è obbediente anche senza vita… 

Ma la grande lettura dell’Ufficio del Sabato Santo, antichissima, quasi ispirata, immagina il Redentore che scende nello Sheol, nel regno dei morti, negli inferi a cercare Colui che il Padre aveva sognato nel suo Sabato Santo: L’Adam, L’umanità. 

Facciamo parlare direttamente il testo: “Guarda sul mio dorso la flagellazione subita per liberare le tue spalle dal peso dei tuoi peccati. Guarda le mie mani inchiodate al legno per te, che un tempo avevi malamente allungato la tua mano all’albero. Morii sulla croce e la lancia penetrò nel mio costato, per te che ti addormentasti nel paradiso e facesti uscire Eva dal tuo fianco. Il mio costato sanò il dolore del tuo fianco. Il mio sonno ti libererà dal sonno dell’inferno. La mia lancia trattenne la lancia che si era rivolta contro di te. 
Sorgi, allontaniamoci di qui. Il nemico ti fece uscire dalla terra del paradiso. Io invece non ti rimetto più in quel giardino, ma ti colloco sul trono celeste” (da un’antica Omelia sul Sabato Santo)

La spiritualità orientale è tutta incentrata su questo mistero dello Sposo Crocifisso e della Discesa agli inferi: l’icona è quella del Cristo nel sepolcro: un sepolcro aperto, un Cristo dal ventre pieno di Sapienza e vita , dritto non disteso, la croce alle sue spalle, il corpo con i segni della flagellazione. L’icona ci apre al mistero incomprensibile agli occhi della ragione che indaga, ma non al cuore che cerca: ci apre e ci spinge a scrutare l’oltre della morte, abitato da Dio. Il Cristo vive e abita il silenzio muto della morte. Vive e dà vita: la Parola parla e crea la nuova creazione. Non un mondo nuovo, non un paradiso ultraterreno, non un’oasi di pace per pochi eletti. La nuova creazione è la storia abitata dai figli di Dio salvati, da coloro che in Cristo non conosceranno più la morte.

Il Sabato santo “escatologico” cioè “delle cose ultime” è quello dello Spirito Santo ed è il nostro: Esso nasce proprio alla fine delle Scritture, nel libro dell’Apocalisse: Colui che attesta queste cose dice: «Sì, vengo presto!». Amen. Vieni, Signore Gesù. Maranathà!

Colui che attesta è lo Spirito, che nella Chiesa mantiene viva la speranza del ritorno del Signore. Comincia così il grande Sabato Santo della Chiesa che prega, geme e soffre nell’attesa del Signore che a volte sembra essere tornato nel suo silenzio Cosmico. 

Ma è un’illusione, anzi una tentazione! Il Signore, lo Spirito Santo è vivo, presente ed agisce proprio nella liturgia! E proprio  in questo sabato santo di guerra che stiamo vivendo, dobbiamo scuoterci e sentire tutta la necessità che abbiamo di tornare a stare insieme per cibarci di Cristo, di camminare insieme nelle strade con le nostre tradizioni per portare l’annuncio di un Dio vicino, prossimo, compagno di viaggio! Dobbiamo sentire la dolce malinconia della mancanza, per inebriarci poi della pienezza dello stare insieme! 

Dobbiamo riscoprire che i sacramenti non sono solo occasioni di festa, divertimento ma soprattutto il tocco vero di Dio che nella liturgia ci raggiunge!

Il Sabato Santo della Chiesa, nostro, mio, tuo, è già passato! Siamo già salvati: “Il trono celeste è pronto, pronti e agli ordini sono i portatori, la sala è allestita, la mensa apparecchiata, l’eterna dimora è addobbata, i forzieri aperti. In altre parole, è preparato per te dai secoli eterni il regno dei cieli».

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