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Dati per contare, dal PNRR all’uguaglianza di genere

da Redazione
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I contributi del PNRR non possono essere destinati esclusivamente ai nidi e, questi non risolvono i deficit strutturali che fanno eco negli stereotipi quotidiani. Chiusi i lavori della prima giornata del convegno nazionale “Dati per contare”, si può tracciare una netta linea di demarcazione tra le sfide culturali e le criticità organiche del territorio. A livello culturale si rende necessaria l’educazione alle differenze a cominciare dalle scuole.  <<Invitiamo ufficialmente il Comune di Bari ad aderire alla campagna omonima “Dati per contare”, che richiede dati aperti disaggregati e una valutazione di impatto di genere preventiva>>. È il commento della presidente di Period, Giulia Sudano, la quale ha scelto Bari per spingere il Mezzogiorno ad un’inversione di tendenza che limiti le disparità di genere tra Nord e Sud. I tavoli istituzionali suddivisi in tre macro aree, benessere abitativo, accesso ad un’assistenza sanitaria di qualità e misure per la riduzione del lavoro di cura delle donne, hanno lanciato proposte che necessitano di sinergie per convertirsi in azioni concrete. <<Servono interventi mirati per scardinare gli stereotipi di genere>> ha affermato la referente dell’agenda di genere per la Regione Puglia, Titti De Simone.

Il tavolo sul benessere abitativo ha ribadito la necessità di considerare fondamentale il diritto alla casa e all’abitare per diverse intersezioni della società, a partire dai giovani e le giovani studentesse che attraverso l’accesso alla casa vedono soddisfatto il diritto allo studio e l’opportunità di conquistare autonomia e spazio di autorealizzazione. Una proposta concreta in questa direzione è garantire investimenti pubblici per l’accesso alla casa a canoni accessibili e in condizioni abitative dignitose, implementando un sistema di monitoraggio degli esiti dei bandi destinati a studenti e studentesse e disaggregando i dati per genere.

Al tavolo dedicato alla sanità, le proposte avanzate riguardano la creazione di un cup unico tra proposte private e settore pubblico, per garantire l’accessibilità e l’equità dei servizi sanitari, ma anche l’istituzione di un osservatorio nazionale sulla medicina di genere, per riconoscere le differenze cliniche tra uomini e donne e offrire diagnosi e cure diversificate a seconda delle esigenze. È stata proposta una task force sulla prevenzione oncologica, che coinvolga le associazioni che si occupano di salute sul territorio e offra screening gratuiti.

Il pregiudizio è stato la parola chiave del tavolo sulle misure di cura e lavoro per le donne. Di qui le proposte con il supporto del Terzo Settore, di tenere le scuole e le mense aperte più a lungo, per consentire a tutte le figure genitoriali di poter lavorare e offrire un servizio più equalizzatore nei confronti delle bambine e dei bambini, dei ragazzi e delle ragazze.

<<La narrazione dei grandi obiettivi previsti nel PNRR non deve distrarci dai problemi centrali>> ha sottolineato Vincenzo Smaldore, fondatore Openpolis. I docenti di Economia, Gianfranco Viesti, Università di Bari e Marcella Corsi, Università “La Sapienza” di Roma, hanno evidenziato <<l’assenza di strumenti a disposizione dei cittadini per validare ciò che si sedimenta come immaginario collettivo>>. <<La donna e il welfare di cui è generatrice non vengono considerati. Servono studi multidisciplinari>> ha affermato la coordinatrice del dottorato di ricerca di gender studies dell’Università di Bari, Francesca Romana Recchia Luciani e la Sudano ha incalzato <<quello che conti e misura è visibile, il resto solo parole>>.

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