(di Daniele Chezzi*) – Nella nostra società liquida come la definiva egregiamente Bauman, è facile cogliere un aspetto interessante durante questi giorni in cui la Chiesa celebra la Pasqua: sentiamo la necessità di vivere alcuni riti che ci riportano alle nostre radici e ciò si traduce nella rievocazione di processioni e tradizioni antiche che si realizzano soprattutto nel “giro dei sepolcri” il Giovedì santo, nel suono della Tromba notturna, nella processione dei Misteri e dell’Addolorata.
Credo che nella nostra Mesagne siano ben poche le persone che, in un modo o nell’altro, non sappiano
almeno vagamente di cosa stiamo parlando. Tuttavia si assiste da un po’ di anni, accentuato dall’esperienza del Covid, ad un altro fenomeno: le
tradizioni vengono vissute sempre più staccate dalla Tradizione, cioè dalla fonte che le produce che
è la Fede, la Parola ed i Sacramenti.
Nelle nostre parrocchie è sempre meno la partecipazione alle Liturgie della Settimana Santa, soprattutto a quelle centrali del Triduo Pasquale che ci immergono direttamente nel Mistero della Passione, Morte e Risurrezione del Signore.
Non è certamente questa la sede per approfondire determinati e complessi argomenti. Credo che
molto sia da imputare ad una mancanza di formazione che è scarsamente richiesta e scarsamente
offerta. Oggi però, non possiamo voltarci dall’altra parte. Dirsi Cristiani è sempre più difficile e a dirsi “frequentanti” si viene quasi bollati di bigottismo o oscurantismo. Non è così…
Cogliere il significato profondo della Liturgia del Triduo, gustare come comunità il mistero di un Dio fatto Uomo, Crocifisso e Risorto, “fermarsi e stare” in contemplazione, nella frenesia pazza delle nostre giornate a compartimenti stagno, permette di illuminare l’altro aspetto: quello devozionale e tradizionale. Permette che i nostri riti antichi non si trasformino semplicemente in folclore o abitudine o peggio in gesti scaramantici, ma riassumano tutta la bellezza del loro senso originario: uscire fuori per testimoniare ciò che abbiamo dentro.
Così il Giovedì Santo non è “giro di sepolcri” perché Gesù è Risorto!
E’ adorare il mistero Eucaristico solennemente esposto nella notte in cui Gesù inventò letteralmente
il più grande Sacramento per restare con noi. La Processione dei Misteri non è un corteo funebre, ma una contemplazione di cosa arriva a fare
l’Amore: annientare se stesso…
La Processione dell’Addolorata è STARE con Maria che STAVA sotto la Croce. Ruminare camminando nel cuore del Sabato Santo, l’azione di Dio, non dimenticando il grande “Mistero della discesa agli inferi di Gesù”. Queste non sono “cose da preti”! Sono cose che ci fanno più “umani” e che con coraggio e rispetto
dobbiamo dirci e recuperare.
Se il motto di oggi è “Chiesa in uscita”, forse dobbiamo ricordare che prima bisogna essere Chiesa,
cioè comunità di battezzati tutti uguali e tutti diversi davanti a Dio che non si possono “lavare le mani”
delegando sempre a qualcun altro.
A tutti ed a ciascuno Buona Pasqua
*Insegnante di Religione