Le carceri minorili italiane sono state a lungo considerate un’eccellenza a livello europeo per la loro capacità di coniugare finalità rieducativa, inclusione sociale e tutela dei diritti dei minori. Questo paradigma si è tradotto in strumenti concreti come la messa alla prova (art. 28 DPR 448/1988), il collocamento in comunità e il coinvolgimento dei servizi territoriali. Tuttavia, negli ultimi anni, il sistema ha subito una preoccupante torsione repressiva con una tendenza alla detenzione anche in presenza di reati minori. Con il Decreto Caivano (DL 123/2023, L. 159/2023) si è abbassata la soglia per la custodia cautelare minorile, a discapito di misure alternative.
Tra il 2022 e l’aprile 2025, i minori detenuti negli IPM sono passati da 392 a 611 (+55%), con solo 27 ragazze – un aumento insostenibile senza adeguati potenziamenti strutturali.
Valentina Farina, Garante delle Persone Private della Libertà Personale per la Provincia di Brindisi, avverte: “Servono interventi urgenti soprattutto in relazione al sovraffollamento e alla medicalizzazione del disagio intramurario che accentuano una condizione insopportabile. Il valore della <messa alla prova> nella giustizia minorile non è mera clemenza, ma uno strumento educativo-rieducativo in grado di interrompere il ciclo deviante, intervenendo sulle cause profonde come la povertà educativa. La detenzione dovrebbe essere un’extrema ratio, non una risposta automatica”.
Sovraffollamento, impoverimento educativo e medicalizzazione. Nei 9 IPM più sovraffollati – con punte sopra il 150% in istituti come Milano, Treviso e Cagliari – si riscontrano carenze strutturali e relazionali gravi, con uso massiccio di psicofarmaci (spesa aumentata del 1.000%). Episodi di violenza istituzionale e un boom di suicidi (91 nel 2024 e 33 solo nei primi cinque mesi del 2025) delineano un disagio strutturale.
Per far fronte all’emergenza, spazi IPM sono stati ricavati all’interno di carceri per adulti: una coabitazione che mina la separazione necessaria tra circuiti e compromette l’efficacia educativa.
In relazione ai casi di matricidio negli ultimi mesi la Puglia è stata teatro di episodi e storie di violenza irreversibile familiare. Giovani in stato confusionale, gravi criticità relazionali e psicologiche, omicidi emblematici di un disagio accresciuto, emerso da esiti estremi di un disfacimento del clima familiare, dell’assenza di spazi di ascolto e dell’inefficacia dei primi segnali di disagio. Non si tratta di semplici atti criminali, ma richiami forti verso la necessità di interventi precoci sul versante della tutela minorile, in famiglia, a scuola, nei servizi sociali; è la denuncia di una comunità che non è riuscita a intercettare i segnali di crisi prima della tragedia.
Questi fatti non vanno letti esclusivamente come eventi criminali, ma come l’esito estremo di un fallimento diffuso nel sistema educativo e di welfare. Farina commenta:
«Quando si arriva al gesto estremo, la domanda non può essere: ‘come punire’ ma come educare. Il ruolo della difesa nella salute mentale come parametro giuridico, merita in futuro la valutazione dei coefficienti della salute mentale: traumi, fragilità cognitive, dipendenze. L’attivazione di perizie psico-sociali, relazioni terapeutiche e consulenze cliniche è essenziale per costruire una strategia multilaterale e capaci di tutelare il minore anche al di fuori del carcere”.
Tra gli Interventi operativi proposti dalla Garante:
1. Rilanciare la messa alla prova e le misure alternative
2. Valutazione dei casi di reale pericolosità
3. Potenziamento strutturale degli IPM: personale, spazi, formazione
4. Salvaguardia della salute mentale: riduzione dell’uso di psicofarmaci, potenziamento percorsi terapeutici
5. Trasparenza e controllo: monitoraggio, prevenzione di abusi e violenze