Home Cultura Lu bbattezzu ti la macana ti cusiri – di carmelo Colelli

Lu bbattezzu ti la macana ti cusiri – di carmelo Colelli

(La benedizione della macchina da cucire)

da Redazione
0 commento 9 visite

… una delle tante storie della nostra Mesagne …

 Lu bbattezzu ti la macana ti cusiri. (La benedizione della macchina da cucire)

Nella mia Mesagne, negli anni ’50 e anni ’60 vi erano i maestri sarti e le maestre sarte, questi oltre a cucire abiti per i clienti impartivano lezioni pratiche di taglio e cucito ai giovani e alle ragazze che volevano imparare questo mestiere.

Solitamente le sarte avevano una sala della loro casa, quella più luminosa, che dava direttamente sulla via, adibita a laboratorio, la maestra da un lato con la sua macchina da cucire e attorno a lei le ragazze più grandicelle poi quelle più piccole.

Al centro della stanza un grande tavolo, ricoperto di tessuto, serviva per il taglio delle stoffe, ad un angolo di questo, il grande ferro da stiro, in quegli anni alimentato a carboni, serviva per la stiratura degli abiti finiti, sul tavolo la squadra, la riga, le grandi forbici, i gessi per disegnare sulla stoffa senza danneggiarla, vari pezzi di cartamodelli, le palline di stoffa imbottite sulle quali erano impuntati tanti spilli, alle pareti altri cartamodelli, in un angolo un manichino imbottito, sistemato con le misure della cliente, sul quale venivano sistemati i vestiti imbastiti col filo bianco.

L’abito veniva guardato e riguardato dalla maestra e veniva modificato lì dove era necessario dalle ragazze più grandi, quelle più capaci, durante queste operazioni la maestra con particolare meticolosità osservava e spiegava cosa doveva essere modificato e come doveva essere fatto.

C’era l’usanza in quegli anni, appena terminate le scuole, di mandare i ragazzi e le ragazze dai maestri, dovevano imparare un mestiere.

Solitamente ai ragazzi e alle ragazze più piccole venivano affidati i lavori più semplici, mettere dei punti su dei pezzi di stoffa, cercare di fare un orlo, rammendare, togliere i punti dell’imbastito.

Alle ragazze più grandi venivano affidati lavori più importanti, come imbastire un vestito.

A quelle che frequentavano da più tempo il laboratorio ed avevano acquisito una certa dimestichezza con tutte le operazioni, la maestra, nel mese di giugno diceva:

“Vagnù li figurini li canusciti, circativi lu vistitu ca vi piaci, io vi pigghiù li misuri e ti lu marcatu vi ccattati la rrobba, uardati cu ssia bella e bona, pigghiatala comu vi piaci, va t’affari cu lli mani vuestri lu vistitu nuevu ca sta rriva la Matonna ti Luglio”

“Ragazze i cataloghi li conoscete, cercatevi il vestito che vi piace, io vi prenderò le misure e al mercato vi comprate la stoffa, guardate bene che deve essere bella e buona, prendetela come vi piace, vi dovete fare da sole, con le vostre mani, un vestito nuovo per la festa della Madonna di Luglio”.

Questo momento per le ragazze era molto importante, era quasi un’ammissione all’esame di Stato.

Le ragazze, solitamente, la sera, all’uscita dalla maestra, si incontravano col fidanzato che le accompagnava a casa, a piedi facevano sempre la strada più buia e più lunga, durante il tragitto la giovane sartina diceva:

“La mestra a mei e a ddo cumpagni mia ‘nde dittu cu ‘ndi ccattamu la rrobba ca ‘nd’ama ffari lu vistitu ti lafesta, la ma tagghiari e cosiri nui stessi”

“La maestra ha detto a me e a due mie compagne di comprarci la stoffa, dovremo farci un vestito per la festa da sole.”

A questo punto un abbraccio e un bacio veloce, lei era arrivata a casa.

Appena entrata in casa:

“Uè ma! Sa cce ddittu la mestra?”

“Mamma sai che ha detto la maestra?”

“Cce dittu”

“Cosa ha detto”

rispondeva la madre

“E’ dittu ca ma ggià ccattari la rrobba ca ma ggià fari lu vistitu pi lla Matonna, sola mi la ggià ffari, l’agghia tagghiari e l’aggia cosiri iu sola sola.”

“Ha detto che mi devo comperare la stoffa che mi devo fare il vestito per la festa della Madonna, sola me lo devo fare, lo devo tagliare e lo devo cucire io da sola.”

La madre non stava nella pelle per la contentezza, appena rientrato il marito diceva:

“Figghiata sa va ffari lu vistitu pi la festa ti la Matonna, si la va ffari sola, ccussini ‘nce dittu la mestra, signifaca ca figghiata s’è ‘mparata bbona ti cosiri.”

“Tua figlia si deve fare il vestito per la festa della Madonna di Luglio, se lo deve fare da sola, così le ha detto la maestra, significa che tua figlia ha imparato bene il mestiere del cucito.”

Non dando tempo al marito di rispondere continuava:

“Merculitia iu non ci vau fori e vau cu edda allu marcatu, vitimu tutti li bbarracchi ti li rrobbi e poi sciamu ddo Rinu lu marcanti, Rinu è sempri tinuti rrobbi bbueni.”

“Mercoledì io non andrò a lavorare in campagna andrò con lei al mercato, prima giriamo e vediamo le varie bancarelle delle stoffe e poi andiamo da “Rinu lu marcanti”, Rino ha sempre venduto stoffe buone.”

Il marito rispondeva:

“Va bbeni fani comu sta ddici”

“Va bene fai come stai dicendo”

Quando una ragazza era pronta e preparata i genitori investivano su di lei, le compravano la macchina da cucire, solitamente una “Singer”.

A quei tempi vi era l’usanza di far benedire la macchina nuova, la si sistemava nella stanza grande, quella del soggiorno, la si infiocchettava, con nastri e velo, sopra i nastri cioccolatini, confetti e dolcetti fatti in casa, si chiamavano tutte le amiche, i parenti, i vicini di casa, la maestra e il prete, che solitamente veniva con due chierichetti, uno teneva il secchiello dell’acqua santa e l’altro il libro delle preghiere.

La giovane si sistemava vicino alla macchina da cucire, i presenti attorno al prete in religioso silenzio, dopo la benedizione del prete, “la madrina della cerimonia”, la maestra sarta, tagliava il nastro e abbracciava la sua allieva.

Solitamente diceva ad alta voce:

“Mo a ffa vetiri a tutti cuddu ca taggiù ‘mparatu”

“Ora devi far vedere a tutti quello che ti ho insegnato”

e la ragazza rispondeva:

“Grazzi pi tuttu cuddu ca ma ‘mparatu”

“Grazie per tutto quello che mi ha insegnato”

“Tantu quandu aggiù bbisuegnu ti ‘ncunu cunsigliu sempri ddo ssignuria aggià viniri”.

“Tanto quando avrò bisogno di qualche consiglio sempre da voi devo venire”.

Subito applausi e abbracci da parte di tutti i presenti, commenti, auguri, complimenti, riempivano la sala.

Dalla cucina comparivano due ragazze con due vassoi, uno pieno di dolcetti fatti in casa e uno con tanti bicchierini di rosolio colorato, anche questo fatto in casa.

Tutti erano felici e contenti.

Le vicine di casa mentre ritornavano in gruppo alle loro case commentavano così:

“So propria cuntenta ca quedda vagnona è rrivata cu ssi ‘mpara ti cusiri”

“Sono contenta che quella ragazza ha imparato l’arte del cucito”

“Eti propria bella la macana ca l’attani ‘nce ccattata”

“E’ proprio bella la macchina che gli ha comperato il padre.”

“Mo quandu ‘nda ma ffari la vesta pi la Matonna ti Lugliu la mestra la tinimu ‘nanzi casa”.

“Ora quando dovremo farci il vestito per la festa della Madonna la maestra la teniamo vicino casa.”

Carmelo Colelli

Potrebbe piacerti anche

QuiMesagne – redazione@quimesagne.it
Testata giornalistica Qui Mesagne registrata presso il Tribunale di Brindisi Registro stampa 4/2015 | Editore: KM 707 Smart Srls Società registrata al ROC – Registro Operatori della Comunicazione n. 31905 del 21/08/2018

Amministratore Unico/Direttore Editoriale: Ivano Rolli  – Direttore Responsabile: Cosimo Saracino

Copyright ©2022 | Km 707 Smart Srls | P.I. 02546150745

Realizzato da MIND