Il primo luglio scorso, in Piazza S. Apostoli a Roma, l’incontro fra diversi movimenti, associazioni, gruppi e spezzoni di società civile che si riconoscono nella sinistra si è articolato attorno a due parole chiave: “Insieme” e “Discontinuità”.
Tutti i partecipanti all’incontro hanno calorosamente manifestato il loro assenso ogni volta che esse venivano evocate dai vari oratori a testimonianza di quanto siano avvertite e riconosciute come fondamento di un nuovo progetto politico.
Qual è, allora, il senso di queste due parole? Esse, a mio avviso, sono un’arma efficacissima contro la miseria del presente, perché rappresentano allo stesso tempo un impegno di lavoro per il futuro e la necessità di chiudere al più presto con un certo modo di intendere e praticare la politica.
Entrando nel merito, “Insieme” per i promotori di Articolo Uno significa: Noi e non Io, allargare e non restringere la democrazia, scrivere la Storia con milioni di persone e non subire quella dettata da capitani di ventura insolenti, e da cerchi magici nauseabondi.
“Insieme” non significa annettere ceti politici, ma condividere esperienze, culture, storie al fine di costruire una nuova cultura e pratica politica capace di ascoltare i lamenti dei più deboli per superare le ingiustizie del mondo contemporaneo.
“Insieme” significa chiarezza e non confusione, lealtà e non doppiogiochismo, presupposti fondamentali e imprescindibili per la costruzione di un nuovo centrosinistra.
Dall’altro lato “Discontinuità” significa prendere atto che è finita la stagione dei miracolati politici imposti dall’alto dal potente di turno.
“Discontinuità” significa che non ci sono più margini per la doppia morale: quella pubblica che predica l’unità, la partecipazione e la meritocrazia nelle sedi ufficiali e quella che pratica, nelle stanze del Potere, la cooptazione di cloni e non la selezione di classi dirigenti per ridare credibilità e prestigio alla politica.
“Discontinuità” significa, da un lato, riproporre le regole della buona politica che rifiuta la logica clientelare e, dall’altro, recuperare i valori della sinistra che hanno un fondamento costituzionale nell’antifascismo.
Articolo Uno è nato per inverare queste parole, per rompere il silenzio assordante e il conformismo compiacente, per denunciare quelle miagolanti che nascondono la verità e offendono la dignità di coloro che non vanno più a votare.
Forti di questi convincimenti, che non prevedono liste di proscrizioni ma neanche album di unti predestinati, a Mesagne ci siamo predisposti a svolgere la nostra attività politica in piazza, alla luce del sole, snodandola attorno ad iniziative sulla pace ed altre su temi specifici con Scotto, Folena e, ultimamente con Speranza. A tutti un ringraziamento per il contributo di idee e di riflessioni: uno particolare a Roberto Speranza per l’equilibrio e il senso di responsabilità con cui ha affrontato una situazione incresciosa che, nata come maldestra furbata, si è risolta in un clamoroso boomerang.
Sono questi i miracoli che può fare la politica quando è intesa come interesse generale e non come calcolo personale; quando serve per produrre legame, coesione e non è utilizzata per pericolose scorciatoie che conducono sempre in un vicolo cieco; quando non è un gioco spregiudicato, ma il prodotto di serietà, lealtà e coerenza.
Accettare la sfida che queste due parole propongono è la condizione preliminare per tutti coloro che intendono misurasi con i problemi del mondo contemporaneo perché, quando sono lette e interpretate in modo sincero, hanno il potere di creare il nuovo.
Michele Graduata
Mesagne, 9 luglio 2017