Home Dal Territorio ALESSIO BONI, L’ILIADE E IL GIOCO DEGLI DÈI AL NUOVO TEATRO VERDI

ALESSIO BONI, L’ILIADE E IL GIOCO DEGLI DÈI AL NUOVO TEATRO VERDI

da Redazione

Ci sono storie che attraversano i secoli con una tale forza da sembrare inesauribili, come se il tempo non fosse altro che il luogo in cui continuano a parlarci. “Iliade. Il gioco degli Dèi riporta il mito nel nostro presente con una vitalità che sorprende e inquieta allo stesso tempo. Mercoledì 3 dicembre, alle ore 20.30, sul palco del Nuovo Teatro Verdi di Brindisi arrivano Alessio Boni nel doppio ruolo di Zeus e Achille, e Antonella Attili in quello di Era. Con loro un cast di sei interpreti che dà corpo alla schiera mutevole degli altri dèi e degli eroi omerici.

I biglietti sono disponibili online su rebrand.ly/Iliade e al botteghino del teatro, aperto dal lunedì al venerdì dalle 11 alle 13 e dalle 17.30 alle 19.30; il giorno dello spettacolo dalle 11 alle 13 e dalle 19 alle 20.30. Info T. 0831 562 554 e botteghino@nuovoteatroverdi.com.

La nuova creazione del Quadrivio – il gruppo formato da Roberto Aldorasi, Alessio Boni, Francesco Niccolini e Marcello Prayer – sceglie un punto di partenza sorprendente: una spiaggia deserta di Troia dove gli dèi, ormai stanchi della propria immortalità, si ritrovano convocati da Zeus che però non ricorda il motivo dell’adunanza. È un’apertura ironica, dissacrante, capace di scardinare il tono sacrale che spesso accompagna i miti originari e di offrirne una chiave teatrale più vicina al nostro sguardo. Da questo incipit – quasi comico – prende forma la materia antichissima dell’Iliade, che riaffiora dalle voci degli dèi stanchi, distratti, capricciosi ma ancora potenti. Ognuno di loro indossa i panni di un proprio protetto umano e rimette in scena alleanze, intrighi, gelosie, amori e vendette che governarono la guerra di Troia molto più delle decisioni degli uomini.

La forza dello spettacolo sta in questo continuo spostamento di prospettiva: la poesia omerica non è musealizzata, né trattata come un monumento intoccabile ma è lasciata respirare attraverso due registri che si intrecciano senza fratture. Il registro comico abita le schermaglie familiari tra Zeus ed Era, le piccole gelosie, gli sbuffi di Apollo, i litigi tra fratellastri; il registro drammatico esplode invece nei momenti che riguardano gli uomini, e lì il tono della scena cambia, si fa teso, asciutto, preciso. L’ira furibonda di Achille, la morte di Patroclo, il corpo di Ettore che torna tra le braccia del padre, il gesto solenne di Priamo che chiede all’assassino di restituirgli ciò che resta di un figlio: sono passaggi che Boni e Prayer restituiscono con un’intensità controllata, mai retorica, capace di far emergere la crudezza e la pietà senza alzare la voce.

Il merito della drammaturgia sta proprio nel tenere insieme questi mondi senza forzature: l’umano e il divino, l’epica e il quotidiano, l’ironia e la tragedia. Il pubblico è accompagnato dentro un meccanismo teatrale che mette in risalto la lucidità di Omero. Nell’Iliade, infatti, più che il ricordo di una guerra lontana, c’è la descrizione di un mondo governato da paure, arroganze, ambizioni e giochi di potere che gli uomini non controllano. È una visione che oggi risulta fin troppo riconoscibile: l’ossessione del nemico, la competizione come unico valore, l’idea che la violenza sia una risposta inevitabile. Per questo, la guerra dei Greci e dei Troiani scivola nel presente senza bisogno di espliciti rimandi. Il mito diventa così uno specchio nitido che ci mostra cosa resta irrisolto della nostra civiltà, cosa continua a replicarsi, cosa ancora non abbiamo imparato.

La compagnia lavora come un ensemble organico. Alessio Boni attraversa i due ruoli principali con un’intensità che alterna esplosioni e sottrazioni passando dal Zeus tonante e smemorato al dolore trattenuto di Achille senza mai cedere all’eccesso. Antonella Attili costruisce una Era stratificata, comica e drammatica insieme, madre ferita e moglie insofferente, capace di conquistare la scena con naturalezza e precisione. Intorno a loro si muovono interpreti versatili: Marcello Prayer lega più ruoli con un rigore che dà continuità all’intera architettura dello spettacolo; Haroun Fall e Jun Ichikawa si distinguono per energia, misura e capacità di scivolare da un personaggio all’altro senza perdere intensità.

Ciò che rimane, alla fine, è l’impressione di aver assistito non a una vera rigenerazione del mito. “Iliade. Il gioco degli Dèi sceglie, più che la fedeltà letterale, di lavorare sulla materia viva della poesia antica mescolando ironia e ferocia, leggerezza e lutto, per riportare l’epica dove è nata – nel cuore delle grandi domande sul potere, sul destino, sull’ombra che accompagna ogni guerra. Il Nuovo Teatro Verdi accoglie un lavoro complesso e generoso, capace di parlare a chi conosce Omero e a chi lo incontra per la prima volta. Un invito a guardare il mito come ciò che continua, ostinatamente, a dirci chi siamo.

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