Riflessioni a margine della Giornata dell’Unità Nazionale e delle Forze Armate
in ricordo del Centenario della Prima Guerra Mondiale
La giornata di oggi, il 4 novembre, rappresenta il momento del ricordo dei caduti di tutte le guerre, del ringraziamento ai militari in servizio, in Italia e nelle missioni internazionali all’estero, di Festa per l’Unità Nazionale! È una giornata molto importante, ci troviamo a celebrare la nostra Patria in un’occasione particolare, a cent’anni dalla fine della Prima Guerra Mondiale.
È prima di tutto la Festa delle nostre Forze Armate, depositarie dei valori della concordia e dell’unità italiana; nella nostra Repubblica esse sono votate alla sicurezza interna e alla ricerca della pace a livello internazionale. C’è una preziosa continuità nella vita delle Forze Armate, scuola di comprensione reciproca e di solidarietà per le giovani generazioni, che ne devono comprendere l’importanza e il valore politico e sociale. Esaltiamo dunque in questo giorno l’eccezionale valore delle Forze Armate; esaltiamo la loro capacità di rinnovarsi e d’immettere nuovi strumenti e norme nel solco della tradizione.
Lo slogan scelto quest’anno dal Ministro della Difesa Elisabetta Trenta è “LE NOSTRE FORZE, ARMATE DI ORGOGLIO E UMANITA’”. Le nostre Forze Armate oggi sono infatti al servizio della pace, in Italia e nel mondo. Il tema della pace e, di conseguenza, il rifiuto della guerra, è presente in maniera molto chiara nella nostra Costituzione, che nasce da un paese dilaniato dalla guerra civile. La pace è uno dei pilastri su cui si è voluta edificare la nostra Nazione.
Assieme alla pace, la memoria deve essere un altro aspetto fondamentale del nostro vivere comune. Prima di tutto, è bene ricordare che il prezzo pagato durante la Prima Guerra Mondiale fu altissimo: oltre 4 milioni di soldati mobilitati di cui 250.000 giovani appena diciottenni, 1.200.000 morti tra militari e civili e 500.000 civili che abbandonarono le proprie case sulla linea del fronte. Affinché questa data simbolo non rimanga una ricorrenza fine a sé stessa, è importante sottolineare oggi la valenza della memoria di un fatto storico, che ha contributo a concludere un sanguinoso conflitto, ma allo stesso a completare l’unità del nostro Paese.
Trento e Trieste dal 4 novembre 1918 si ricongiunsero all’Italia: Cesare Battisti, Fabio Filzi, Nazario Sauro vedevano compiuto il loro sogno. Trento e Trieste, Battisti, Filzi, Sauro, nomi di città e personaggi storici che troviamo ancora oggi nelle piazze e nelle vie di tutta Italia. Con il 4 novembre 1918 l’unificazione territoriale, politica e istituzionale dell’Italia fu interamente realizzata.
Simbolicamente, la Prima Guerra Mondiale rappresenta quindi un tassello dell’unità perché molti Italiani, anche da questi territori di Puglia, lasciarono i propri paesi e città per andare a combattere in territori lontani, probabilmente mai sentiti nominare, incontrando per la prima volta altri Italiani provenienti da regioni con dialetti, e a volte lingue, diversi. L’Italia in quel momento unì in un unico, ma plurale insieme siciliani e veneti, liguri e pugliesi, friulani e campani, lombardi e lucani.
Questa data non è dunque fondamentale solamente per questi anni (2015-2018), durante i quali abbiamo ricordato il centenario della Grande Guerra. Dovrebbe invece essere ogni anno un momento fondamentale della nostra Italia; da ricordare perché testimonia il fatto, per tutti gli Italiani, che facciamo parte di un’unica, grande, democratica e plurale comunità. In ogni scuola d’Italia è necessario che i nostri ragazzi siano a conoscenza di questi concetti perché saranno i cittadini italiani adulti fra venti, trent’anni.
Il contesto storico di oggi è ovviamente diverso, i nostri giovani non sono chiamati a combattere come si faceva nella prima parte del Novecento. Tuttavia, ognuno di noi, giovani e più anziani, è chiamato ad altri tipi di doveri verso il nostro Paese. Come cittadini dobbiamo sempre difendere l’ideale di far parte della comunità italiana, da rispettare attraverso il comportamento di ogni giorno.
La storia, cari studenti, non è solamente una materia noiosa che comporta il ricordare guerre, date e ricorrenze, ma un ausilio a comprendere i grandi processi in divenire nel corso del tempo, anche quelli attuali e più vicini ai nostri giorni. Non crediamo che la pace, quella sociale ad esempio, sia un pilastro irreversibile, va difesa. La pace deve nascere soprattutto dai nostri comportamenti quotidiani: noi tutti in prima persona possiamo e dobbiamo essere costruttori di pace, osservando l’esempio dei tanti giovani morti nella Grande Guerra! Oggi nel nostro Paese, ma non solo, si è radicata la convinzione per cui sono i più furbi ed egoisti da imitare, coloro che non stanno alle regole, che con il loro comportamento si sentono legittimati a fare qualunque cosa, impunemente, cioè senza conseguenze.
L’Italia e l’Europa sono cambiate rispetto a cento anni fa, questo è indubbio. Oggi è impensabile un conflitto armato con l’Austria, l’Ungheria, la Germania o la Slovenia. Sono nostri amici, parte di un’altra grande comunità, quella europea, caratterizzata, ormai da decenni, da comuni ideali e aspirazioni. Quello che è stato costruito in questi decenni, grazie al ricordo, alla memoria storica di due conflitti mondiali, ha reso impensabile il fatto di una nuova guerra civile europea.
Ovviamente l’Europa di oggi ha diverse problematiche, dovute ai tempi che stiamo vivendo ora; spesso c’è scarsa comprensione tra i suoi membri e le istituzioni hanno dimostrato un insufficiente interesse verso le istanze dei cittadini. Tuttavia, come testimoniano i lavori della Commissione Difesa di cui faccio parte, una difesa comune europea è un tassello imprescindibile per il futuro di questo continente, caratterizzato da nuove minacce.
Il 1918 avviò una stagione di pace, che, come purtroppo sappiamo, fu troppo breve. Pochi anni dopo ci fu un altro dramma, ben più grave, quello della Seconda Guerra Mondiale. La memoria pubblica del 4 novembre 1918 deve continuamente farci tenere presente che a livello europeo non devono mai più verificarsi tragedie di questo tipo!
Dobbiamo dunque ricordare questa data perché ha permesso la fine di un conflitto mondiale e il completamento dell’unità italiana. Il sacrificio compiuto deve essere un continuo monito a livello italiano e europeo della necessità di guardare all’interesse generale per evitare che troppi egoismi possano compromettere il futuro di tutti. I processi storici ci insegnano a capire i problemi della contemporaneità, che possono essere risolti con la cooperazione, non mediante un interesse egoistico basato su una visione limitata e del breve periodo. Certamente non è facile, ma la memoria può aiutarci.
In conclusione, durante questa giornata è doveroso ricordare il sacrificio dei tanti Italiani, moltissimi tra di loro giovani o giovanissimi, che contribuirono con i loro sforzi a compiere il dovere a cui erano stati chiamati. Certamente come dicevo, oggi viviamo in un altro contesto storico molto diverso. Ciò non toglie che i ragazzi di allora e le loro famiglie che li aspettavano debbano essere dimenticati. Il loro sacrificio va rievocato, oggi che celebriamo i cento anni dalla fine della Prima Guerra Mondiale anche per ricordarci com’erano il nostro paese e il nostro continente solamente cento anno fa. Si dice spesso che chi non ha memoria o radici non ha futuro. Se oggi l’Italia e l’Europa sono attraversate da una profonda crisi d’identità, la loro rinascita non può che passare dalla memoria, dalla conoscenza e dalla tutela del passato. Facciamo in modo che queste ricorrenze non rimangano fini a sé stesse, ma siano un tassello fondamentale del nostro essere Italiani, nel rispetto dei diritti e dei doveri!
Viva le Forze Armate, Viva la Repubblica, Viva l’Italia!
Giovanni Luca Aresta, Deputato
Vice capogruppo M5S Commissione Difesa – Camera dei Deputati