Dal 25 luglio al 4 agosto, il Clan dei Girasoli Agesci Mesagne 1 ha vissuto la route estiva in Albania, per scoprire le motivazioni che hanno portato migliaia di albanesi ad attraversare l’Adriatico all’inizio degli anni 90, confrontandoli con quelli attuali e cercando di comprenderne i costumi e le tradizioni.
Il viaggio, in verità, inizia ad Ottobre quando il Clan ha sentito la necessità di discutere alcuni argomenti di attualità, in particolare, il tema dell’immigrazione.
Così l’Albania si è rivelato il posto giusto perché oltre ad essere stato un luogo caratterizzato dall’emigrazione, ora è luogo di passaggio per i migranti che si spostano dal Medio Oriente in Europa: ad esempio a Bilisht i ragazzi hanno incontrato la comunità delle Suore Francescane che, insieme alla Caritas e alla Polizia di frontiera si occupano di accogliere le decine di migranti che ogni giorno arrivano soprattutto da Iraq e Siria, ma anche clandestini greci che varcano il confine. Di questo non ne parla né la stampa albanese né quella italiana.
Grazie all’esperienza di servizio nei villaggi di Gungas e Bubullime, è stato possibile conoscere i lati caratteristici della quotidianità albanese. Il più evidente è sicuramente lo spirito di accoglienza, infatti, l’ospite è ritenuto sacro. I ragazzi erano accolti e festeggiati come grandi amici e fin da subito si è creato un legame stretto tra i ragazzi italiani e quelli albanesi, nonostante le differenze linguistiche, culturali e sociali. Il loro modo di vivere è molto diverso, vivono quotidianamente situazioni di disagio, vivono molto lontani da scuole e ospedali, le condizioni igieniche sono precarie, non vi è neanche un sistema fognario efficiente, ma conoscono il rispetto e i valori della solidarietà e della famiglia.
Venendo a contatto con questo contrasto fra povertà materiale e ricchezza spirituale, per i ragazzi è stato possibile sviluppare nuovi punti di vista riguardo la condizione albanese, ma anche riguardo le divergenze e le differenze tra i vari Paesi. L’esperienza ha permesso di crearsi un proprio punto di vista, libero da condizionamenti di qualsiasi tipo, sul fenomeno dell’immigrazione.
La cosa di cui sono rimasti più colpiti è l’avere incontrato gente che non ha niente ma che è disposta a dare tutto perché per il popolo albanese l’ospite è sacro e l’accoglienza è una cosa fondamentale.