Nell’ultimo consiglio comunale, per la prima volta dopo un anno di onorato servizio, la gioiosa macchina da guerra del sindaco ha dato qualche segno di defaillance. Più volte la seduta è stata interrotta per consentire ai consiglieri di maggioranza di riunirsi nella stanza del sindaco e ricompattarsi, o perlomeno di definire una linea comune con cui rispondere alle obiezioni poste dall’opposizione riguardo all’approvazione dei bilanci del 2019 e del 2020 e, dato che le obiezioni erano fondate, capire se ritirarli o meno.
L’approvazione dei bilanci è stata rimandata per poter produrre maggiori e più chiare pezze di appoggio, visto che la maggior parte dei consiglieri non poteva avere contezza dei dati riferiti; ancora una volta si è obiettato all’amministrazione di produrre i documenti con estremo ritardo, in maniera incomprensibile ai più, senza una relazione politica che spiegasse l’indirizzo della Giunta, e con la relazione dei revisori arrivata solo in mattinata.
Non senza che il sindaco ricordasse che nelle passate amministrazioni non si era mai usata tanta pignoleria sul rispetto dei tempi, e promettendo che “da ora innanzi le cose sarebbero cambiate”, scatenando, ovviamente le rimostranze dell’opposizione.
Altra procedura irrituale è stata la scelta di ripetere la votazione per eleggere i membri della commissione Pari Opportunità, invalidando il lavoro fatto dalla Commissione preposta che aveva già scelto i nomi di quella con regolare votazione. Apparentemente perché c’era stata una fuga di notizie, e quindi, secondo il sindaco la votazione andava rifatta. Ma, invece di rimandare questa votazione alla commissione, inspiegabilmente si è deciso di far votare tutti i consiglieri presenti.
Il presidente del consiglio ha provato a placare gli animi introducendo una mia domanda su fatti di attualità, sull’andamento dei lavori sulla Biblioteca Comunale e sulle proteste dei residenti del centro storico in seguito alla sua chiusura totale. Non è servito a molto dato che subito dopo l’aula consiliare è tornata ad incendiarsi sulle nuove tariffe per la raccolta dei rifiuti urbani; l’opposizione ha evidenziato l’aumento inevitabile della tassa a fronte di un contratto con la nuova ditta maggiorato di un milione di euro rispetto alla precedente. A quel punto il sindaco ha elencato ad alta voce i punti secondo lui vantaggiosi del nuovo contratto, coprendo le considerazioni che venivano fatte dall’opposizione.
Lo stesso consigliere Vizzino, da tempo auto nominatosi ideologo e notaio della maggioranza, aduso a confezionare i passaggi consiliari e le scelte della maggioranza col linguaggio giuridico tipico della Gazzetta Ufficiale, aveva grosse difficoltà ad inquadrare la performance del sindaco in una qualsivoglia forma procedurale. Allo stesso modo il presidente del consiglio non poteva far altro che lasciare campo libero all’inarrestabile foga oratoria del sindaco.
Non era mai successo fino ad ora che un sindaco accusasse apertamente di incompetenza l’opposizione, e la prevaricasse ad alta voce, impedendone le obiezioni; mai si era giunti a svilire così tanto la sede più alta delle istituzioni comunali.
Ed ancora non si era affrontato l’argomento più scottante, in fondo alla lista dell’ordine del giorno, che aspettava al varco implacabile.
Mi riferisco alla questione dei cosiddetti “consulenti politici” del sindaco, già ampiamente contestati dall’opposizione e che ora venivano fatti rientrare in gioco col nuovo regolamento per la Cittadinanza Attiva, di cui il giorno prima era stato assicurato il rinvio, ma che ora, dato il clima infuocato e la battuta d’arresto subìta dalla maggioranza, diveniva il terreno di scontro su cui riaffermare la sua forza.
A nulla sono valsi i rilievi normativi fatti dal consigliere Indolfi, cortesemente posti all’attenzione del segretario comunale, che chiaramente parlavano di inammissibilità della figura dei “consiglieri politici” a disposizione del sindaco.
A nulla è valsa la puntigliosa disamina della consigliera Saracino, che ha messo in evidenza le contraddizioni su cui andava ad aggrovigliarsi la giunta comunale.
A nulla è valso l’intervento accorato dell’ex sindaco Molfetta, disposto ad ammettere i suoi errori per aver nominato un esterno quando era sindaco della città, argomento usato come grimaldello dal sindaco per giustificare ora i suoi consulenti. L’ex sindaco si dichiarava disposto a fare ammenda dei propri errori, purché questi non venissero più usati dall’attuale sindaco come alibi per giustificare le sue scelte.
Ed in quest’ultimo intervento si è potuto toccare con mano la differenza tra chi fa una politique passioneè, una politica appassionata, e chi fa della politica un instrumentum regni, usandola per governare in maniera personalistica questa città, evidenziando una concezione della democrazia molto personale e pericolosa.
Ancora una volta la scena si è ripetuta: da una parte i consiglieri di opposizione che suggeriscono prudenza al sindaco, dall’altra un sindaco che ama gli equilibrismi più avanzati, pur di portare avanti il suo sogno di controllo assoluto sulla città.
Alla fine la maggioranza ha approvato il nuovo regolamento, parlando di diversità di interpretazione dei pareri esposti, l’opposizione si è opposta in blocco e promesso battaglia in difesa della correttezza del governo locale.
Vent’anni fa l’attuale sindaco di Mesagne muoveva i suoi primi passi nella politica ed era affettuosamente chiamato “lu vagnoni”, seguìto da tutta la sinistra, che lo svezzava a suon di riunioni di segreteria e mozioni d’ordine, insegnandogli tutti i trucchi del mestiere di politico, di un certo tipo di politico; lui di suo ha messo a punto, negli anni, un galateo fatto di ascolto (apparente), di voce suadente con cui ammaliare gli astanti, di corteggiamenti serrati verso i suoi nemici, certo di poterli conquistare alla sua causa. Ma un concetto nessuno glielo ha potuto insegnare, perché quello bisogna averlo come proprio: l’amore per la democrazia, base fondamentale della nostra repubblica parlamentare.
Carlo Ferraro
consigliere comunale del Movimento 5 Stelle