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“A mio modesto avviso” – di Emanuele de Nitto

da Cosimo Saracino
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Riflessioni di Emanuele De Nitto, LeU: La vera notizia del giorno non è la crisi della Giunta Molfetta  (destino deciso il 4 marzo del 2018) ma il concretizzarsi dell’ennesima giravolta di Matarelli, specialista della rottura con i propri alleati.
Nato (politicamente) alla scuola dei sindaci PCI (PDS,DS) da cui ha appreso il mestiere, li ha poi criminalizzati indicandoli al pubblico ludibrio.
L’alleanza con Vendola lo ha proiettato sulla scena extra-comunale, ma (alla prima occasione) lo ha abbandonato, risparmiandogli questa volta invettive ecc. (nel frattempo è diventato uno “che sa stare al mondo”.
Al seguito di Gennaro Migliore ha bazzicato nei dintorni del PD arrivando in quella fase a votare la legge elettorale denominata “Italicum”.
Abbandonato Migliore riscopre l’anima più radicale di sinistra e si parcheggia in “Possibile” con Pippo Civati. Ma per poco, in vista delle nuove elezioni politiche meglio avere le mani libere.
Ed ecco allora che LEU appare un buon taxi per ritentare il mandato parlamentare. Ma per sua sfortuna, al tavolo delle decisioni siedono alcuni di quelli che aveva abbandonato e che conoscevano bene la sua fedeltà.
Quindi il grande gesto di mettersi fuori in attesa di tempi migliori. A questo punto il destino del Sindaco Molfetta è segnato.
Con una raffinatissima analisi politica, sinteticamente riassumibile nella formula TOGLITI TU CHE MI METTO IO, comincia il fuoco amico sulla giunta. Bilancio, concorsi, il brutto carattere di Pompeo : tutte chiacchiere. Come è stato per tutti i predecessori molto più importanti, il povero Pompeo era diventato un impaccio e allora …..
Al posto di Vizzino & family, starei molto attento: il 2020 in fondo non è lontano e se il piano per la conquista dello scranno di Sindaco dovesse avere un inciampo…… beh allora !!!
È vero, non ha cambiato campo, ha sempre bazzicato nelle diverse (ahimè) postazioni della sinistra ma lasciando dietro di se’ divisioni, rancori, fratture.
E allora, che fare ? Innanzitutto, nell’immediato, c’è da augurarsi un ripensamento di coloro che vorrebbero, nel chiuso di uno studio notarile, chiudere un mandato amministrativo senza  una discussione in consiglio comunale. A tal proposito, fa specie che, stando alle cronache giornalistiche di questi giorni, tra i possibili firmatari della sfiducia “muta” ci sia anche quella di colui che (con imparzialità) avrebbe dovuto garantire il funzionamento del Consiglio Comunale essendone il Presidente.
Ma se il disegno dello scioglimento dovesse andare in porto, allora la strada dovrebbe essere quella della costruzione di un ampio schieramento cittadino che tenti di ricostruire (tra l’altro, ma non solo) un centro-sinistra unitario e senza “padroni”, che promuova una nuova leva di amministratori e di cittadini interessati unicamente al bene della città e non ai destini dei singoli.
Questo processo, complicato e difficile, va da sé, non può essere guidato da chi ha lasciato sul campo divisioni e rotture.
Ci sarebbe da augurarsi atti di generosità da parte dei responsabili….me lo auguro ma ne dubito.
Mi dicono che con questo tipo di analisi nascondo i limiti e le colpe delle giunte Molfetta. Non credo.
Ora è semplice semplificare personalizzando le responsabilità.
La verità è che nel 2015 c’è stato venduto un “prodotto” contraffatto. Hanno condiviso tre aspirazioni personali (Vizzino,Matarrelli,Molfetta) e lo hanno chiamato “civismo”.
Ci hanno detto che la “catena di comando” Comune, Regione, Parlamento avrebbe aiutato la crescita di Mesagne ed invece, al primo inciampo, sono cominciate le reciproche recriminazioni.
Altro che “Pompeo ha un brutto carattere mentre io parlo con tutti”. Il vero fallimento fu proprio quell’accordo, svenduto come civismo.
Mesagnesi, non facciamoci ingannare ancora una volta.

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