Sulla Chiesa di Mater Domini e la sua storia sono state già pubblicate sul portale QuiMesagne nella sezione CULTURA queste relazioni:
- Apparato pittorico ed iconografico- Prima parte L’Icona di Maria SS.ma Maria Domini Lunedì 20 Novembre 2023
- Apparato pittorico ed iconografico – Seconda parte – Le tele – Lunedì, 5 Febbraio 2024
- Storia – 17 marzo 1598 -I mesagnesi gridarono al miracolo – Domenica, 17 Marzo 2024
- Storia – La Festa di Mater Domini – Sabato, 6 Aprile 2024
Riprendiamo con l’apparato pittorico ed iconografico, terza parte, parlando delle statue e delle immagini a rilievo. Delle due statue processionali “vestite” e cioè Maria SS.ma Mater Domini e la Madonna delle Grazie ne abbiamo già parlato nella relazione sulla Festa di Mater Domini il 6 aprile 2024; in questa parleremo delle altre, ma tralasciando quelle in cartapesta, di evidente scuola leccese, che sono state commissionate negli anni 70/80 e successive, concentrandoci principalmente su quelle antiche in pietra che si trovano all’esterno e poi sulle immagini a rilievo o scolpite. Ma, anche se recente, una menzione particolare merita il grande Crocifisso in legno della Val Gardena che si trova a sinistra entrando in chiesa; fu commissionato da Don Donato Panna. Il panneggio dipinto sul muro è opera del Maestro Raffaele Murra.
Le statue in pietra
Queste sono tre di cui due sulla facciata (Foto 1) ed una su un monumentino nel giardino esterno (Foto 2); queste sono così descritte nel volume «IL SANTUARIO DI MATER DOMINI – MESAGNE» 1993 stampato in concomitanza della riapertura del Santuario dopo i lavori di consolidamento e restauro; a pagina 68: “La facciata è tripartita … Sempre nell’ordine inferiore vi sono, ai lati, due nicchie con statue provenienti dall’ex convento dei PP. Cappuccini” ed a pag. 86 anche un accenno alla statua di San Francesco: “La statua in pietra a tutto tondo di San Francesco d’Assisi proviene, invece, dall’ex convento dei PP. Cappuccini e può essere verosimilmente datata tra il XVI ed il XVII secolo”.
Storicamente sappiamo che il convento dei PP. Cappuccini era in origine un piccolo insediamento monastico di rito greco con una chiesa (dedicata a S. Maria di Stigliano e concessa ai Francescani nel 1539) che nel 1548 fu inglobata nella nuova struttura completata da Lucantonio Resta, arciprete mesagnese, da Padre Antonio da Putignano e dalla Famiglia Albricci, il cui stemma è ancora sulla facciata. Frati di grande spiritualità, quali Giacomo da Molfetta e Angelo da Castellaneta, ministri della provincia di S. Girolamo e forse anche San Lorenzo da Brindisi furono ospiti di questo convento.
Nel 1866 il convento, come tanti altri, fu soppresso dal giovane Regno d’Italia che incamerò i beni ecclesiastici; il Convento fu abbandonato a malincuore dall’ultimo Priore Cappuccino, il mesagnese Frate Francesco al secolo Cosimo Passaro.
Il suo patrimonio culturale e gli arredi sacri furono distribuiti nelle varie chiese di Mesagne, come ad esempio le tele con la rappresentazione del Cristo Salvator Mundi, dei Tredici Apostoli, di S. Francesco d’Assisi e di San Lorenzo da Brindisi nella chiesa della SS.ma Annunziata mentre i 1.925 volumi confluirono nella Biblioteca civica di Mesagne; a tale proposito è interessante quanto il Dott. Domenico Urgesi riporta nella sua pubblicazione: «LA BIBLIOTECA PUBBLICA DI MESAGNE DALL’UNITA’ AD OGGI»: “Come moltissime biblioteche locali, quella di Mesagne deve la sua origine alla soppressione post-unitaria dei beni ecclesiastici, in virtù della legge 7 luglio 1866, con la quale i beni posseduti dai conventi furono devoluti ai comuni. Nel 1867 la biblioteca fu effettivamente costituita con 2.430 volumi così provenienti: dal convento dei Cappuccini n. 1.925, dai Riformati n.338 e dai Carmelitani n. 167”.
Forse tale soppressione, ma senza alcuna fonte documentaria, ha indotto a ritenere anche le tre statue in pietra provenire dall’ormai ex convento, mentre da due fonti veniamo a scoprire che esse si trovavano già nella Chiesa di Mater Domini da oltre un secolo.
La statua di San Francesco
Su «L’Apprezzo del Feudo di Mesagne» eseguito da Pietro Vinaccia nel 1731 nel descrivere la Venerabile Chiesa di Mater Domini è riportato questo particolare: … “Entrando per la cennata porta di detta chiesa … omissis … A sinistra poi trovasi altra Cappella simile sotto il titolo di S. Francesco, e porta che corrisponde a’ territorj convicini”.
Le statue della facciata
Sono le due che si trovano ai lati dell’ingresso principale, di cui una acefala, che versano in pessime condizioni tanto da non poter individuare i personaggi.
Di esse si parla in una relazione sulla chiesa di Mater Domini scritta dal canonico Roberto Marino in risposta alle richieste dell’allora Arcivescovo Giannangelo De Ciocchis (1751-1759) sulla situazione delle chiese di Mesagne in seguito alla visita pastorale del 1752:
“Relazione della chiesa della Gloriosa Vergine Maria sotto il titolo di Mater Domini di Mesagne.
Meno di un quarto di miglio da Mesagne verso mezzo giorno vedesi una magnifica chiesa di alta e moderna struttura … Tiene un frontespizio non già terminato con due statue delli gloriosi apostoli Pietro e Paolo con una porta maggiore che guarda il settentrione (?) e due inferiori; tra la medema chiesa, oltre dell’altare maggiore … un altro con una statua di S. Francesco d’Assisi …
Onde in esecuzione delli rivelitissimi ordini emanati da monsignor illustrissimo d. Gio. Angelo de Ciocchis arcivescovo di Brindisi ho fatto la presente sottoscritta da mia propria mano.
Mesagne li 8 maggio 1752
Roberto canonico Marino
Quindi questi documenti ci dimostrano che è improbabile la provenienza sia della statua di San Francesco che delle due della facciata dal Convento dei Cappuccini proprio quando questo era nel periodo di massimo splendore.
Delle due statue della facciata ne riparleremo nella relazione che riguarderà la costruzione della chiesa e la sua evoluzione fino ai nostri giorni. Continuiamo con le altre statue:
GLI ANGELI DELL’ALTARE MAGGIORE
Sono due piccole statue ornamentali di angeli (Foto 3) con figura intera che si trovano in alto sull’altare maggiore ai lati dell’ovale che raffigura l’Eterno Padre.
Sono state realizzate agli inizi del 1900 diversamente da quanto si credeva e cioè alla fine del XVIII secolo quando dallo stoccatore napoletano Michele Garrofalo fu costruito l’altare per l’icona di Maria SS.ma Mater Domini.
Anche se sono di scarsa importanza dal punto di vista artistico è interessante parlarne perché oggetto di un curioso particolare; da fonti conservate nell’Archivio della Curia Arcivescovile, di cui ci è stata trasmessa copia, apprendiamo di un acceso diverbio tra i componenti della Confraternita e Angelo Raffaele Pacciolla che, per grazia ricevuta e a sue spese, aveva fatto decorare il presbiterio; non sappiamo se solo con tinteggiatura oppure con l’aggiunta degli stucchi sui muri laterali e forse anche con gli elementi floreali alla base dei capitelli; quello che è certo che sono su sua commissione e quindi risalenti al primo decennio del secolo scorso.
Il Pacciolla alla conclusione di questi lavori aveva fatto apporre una iscrizione che riportava il suo nome, ma, dato che dalla Confraternita erano stati eseguiti lavori vari in tutta la chiesa, a loro parere questa iscrizione poteva generare qualche equivoco, quasi che anche l’intera chiesa fosse stata per sua opera, e pertanto cancellata.
A questo punto il 24 aprile 1908 Angelo Raffaele Pacciolla scrive all’Arcivescovo di Brindisi Luigi Morando lamentando proprio che in sua assenza i fratelli avevano distrutto quell’iscrizione che riportava il suo nome; precisa pure che per risolvere la questione aveva invitato in qualità di mediatore e consigliere l’allora Vicario Don Cosimo Martucci Clavica; ma nemmeno questa presenza aveva sortito ad una conclusione pur avendo il vicario cercato di arrivare ad un accordo anche con una modifica dell’iscrizione e che di fronte a tale ostinazione aveva rinunciato e avvertito che avrebbe demandato la questione all’Arcivescovo come riportato nella lettera: “Dopo questo, il Canonico su detto, ha risposto loro dicendo: che di questo provvederà l’Arcivescovo. I fratelli hanno risposto che Monsignore non ha diritti sui nostri affari, e non intendiamo interpellarlo e, dopo questo il Canonico, vista la loro insistenza, ha dovuto ritornarsene per i fatti suoi”.
Ricevuta questa lettera del Pacciolla l’Arcivescovo incarica ufficialmente lo stesso Vicario che così risponde:
Mesagne 25 Aprile 1908
“Eccellenza Reverendissima,
Appena ricevuto il suo venerato foglio di ieri, mi affrettai assumere le più precise informazioni su quanto avviene in questa Confraternita di Mater Domini
… omissis …
Tralasciamo quanto il Vicario espone che conferma quanto descritto dal Pacciolla, per soffermarci su un particolare che ci interessa ai fini della presente ricerca che è forse quello il maggiore motivo della controversia: “… Stando così le cose io non posso fare nulla, e prego nuovamente V. E. perché si degni d’inviare qui Mons. Vicario Generale perché senta le due parti e giudichi della vera posizione delle cose e dia ragione a chi si appartiene. Nelle figure ornamentali del cappellone se ne trovano due che a giudizio di alcuni sono poco decenti per una chiesa, ed anche per questo l’E. V. o Mons. Vicario le vegga e giudichi se debbono restare ovvero essere rimosse. D. Eugenio Maizza [1881-1965] ne ha parlato più volte di queste figure che vorrebbero rappresentare due Angeli invece rappresentano due donne, che per quanto munite di ali sono sempre due donne. … omissis.
Non avendo altro da aggiungere passo all’onore di baciare il Sacro Anello e con profondo rispetto mi riprotesto”.
Della E. V. Rev.ma
Umilissimo servo e suddito
Can. Cosimo Martucci Clavica
Ma, ricevuta questa lettera, l’Arcivescovo non entra nel merito della questione e la pone sotto il profilo disciplinare:
Oggetto: Disposizione
Noi Luigi Morando Arcivescovo di Brindisi
Vista la insubordinazione della Confraternita di Mater Domini alla nostra Autorità (nota: …che Monsignore non ha diritti sui nostri affari, e non intendiamo interpellarlo), la sospendiamo col presente Decreto da tutte le sue funzioni, fino a che faccia atto di piena sottomissione.
Brindisi 28 Aprile 1908 + Luigi Arc.
Immediatamente, letta questa disposizione, i confratelli si presentarono lo stesso giorno all’Arcivescovo che con questa breve dichiarazione chiuse definitivamente la questione:
“Hanno dato buone
spiegazioni, ed hanno
fatto atto di obbedienza
a me an dato in persona”
28 Aprile 1908
A questo punto non sappiamo altro e neanche se fu rimessa l’iscrizione.
Quello che è certo è che le statue degli angeli le troviamo ancora al loro posto sull’altare maggiore e, per dirla come Don Eugenio Maizza, … che per quanto munite di ali sono sempre due donne.
IL MONUMENTO ESTERNO sul sagrato
Nell’anno 1998 in ricordo delle celebrazioni del 400.mo anniversario dei miracoli, 1598-1998, fu realizzato questo monumento che rimanda all’immagine dell’icona di Maria SS.ma Mater Domini.
Realizzato dal Prof. Marzano. Dopo le statue passiamo alle immagini a rilievo:
La mensa e l’ambone
Furono realizzati per l’adeguamento in seguito alle nuove disposizioni per la liturgia emanate dalla Conferenza Episcopale Italiana nel 1996 con una nota pastorale intitolata L’adeguamento delle chiese secondo la riforma liturgica tra cui: «la conformazione e la collocazione dell’altare che devono rendere possibile la celebrazione rivolti al popolo e devono consentire di girarvi intorno e di compiere agevolmente tutti i gesti liturgici ad esso inerenti».
Oltre all’adeguamento dell’altare, la nota pastorale prevede la trasformazione dello spazio per l’assemblea, di tutto il presbiterio, dell’area battesimale e dell’area penitenziale. Principalmente l’altare per la celebrazione eucaristica: “segno dell’unico nostro salvatore, Cristo Gesù, e dell’unica Eucaristia della Chiesa è solo uno “(è per questo motivo che nelle nuove chiese non si più costruiscono altari laterali).
Prima di questa riforma era possibile celebrare l’Eucarestia anche sugli altari laterali che come per quello “maggiore” dovevano essere conformi a precise norme ed erano oggetto di controllo durante le visite pastorali; da queste si riscontra che in molti i casi venivano interdetti per la celebrazione eucaristica come, ad esempio, addirittura l’altare maggiore nella visita pastorale del 12 aprile 1725 del vescovo Andrea Maddalena:
“De ECCLESIA MATRIS DOMINI
In dicta ecclesia quattuor adsunt altaria, quorum duo sunt iam interdica.
Decreta:
Altare maius sub titulo Beatissimae Virginis remaneat interdictum donec ara sacra tela cerata contecta reponatur et in eodem altari inter duo candelabra collocetur crux cum crucefixo relevato.
De altari Santissimi Crucifixi Reficiantur et reaptentur due mappae dicti altaris in quo inter duo candelabra collocetur crux cum crucifixo”.
In tutto il mondo l’adeguamento liturgico delle chiese fu parte integrante della riforma liturgica voluta dal Concilio Ecumenico Vaticano II: perciò la sua attuazione fu doverosa proprio come segno di fedeltà al Concilio.
In quegli anni la direzione spirituale della Chiesa di Mater Domini era stata affidata a Don Alberto Diviggiano, vice parroco della Parrocchia Santa Maria, che per l’adeguamento affidò la progettazione dell’altare e dell’ambone al mesagnese Arch. Prof. Carmelo Patrizio che realizzò anche i bassorilievi; inizialmente fu collocato al centro della chiesa sotto la cupola per poi essere spostato sotto l’arco di trionfo del presbiterio.
Il 21 gennaio 1973, alla presenza dell’allora parroco Don Saverio Martucci e di Don Alberto, l’altare fu consacrato dal Vicario Generale Diocesano Mons. Armando Franco.
Il 20 novembre 1993 dopo la chiusura per i lavori di consolidamento e restauro il Santuario fu riaperto al culto; in quell’occasione sia il Santuario che l’altare furono riconsacrati dal Card. Lucas Moreira Neves Primate della Chiesa Brasiliana.
La dedicazione e consacrazione di una nuova chiesa o di un altare è un evento di così grande rilevanza religiosa, culturale ed ecclesiale che, da sempre, è stato accompagnato da riti tra i più densi di bellezza e poeticità, oltre che simbolicamente molto eloquenti;
Poiché è raro assistere a questi riti si riportano solo alcuni di questi momenti relativi all’altare:
Consacrazione e dedicazione di una chiesa
Il segno tangibile che attesta la consacrazione di una chiesa è rappresentato dalle dodici (in alcuni casi sei o quattro) croci in forma greca, che vengono affisse, dipinte o incastonate in vari punti della chiesa. Queste croci non sono soltanto emblemi di Cristo, ma rappresentano anche il Suo trionfo; vengono consacrate con un’unzione a significare che il luogo è sottomesso al Suo dominio. Il numero dodici richiama gli Apostoli, testimoni fondamentali di Cristo e pilastri originari del tempio cristiano (Dove manca lo spazio il numero può essere sei o quattro).
Nella nostra chiesa le dodici croci sono in ferro battuto dorato.
Consacrazione dell’altare
Deposizione delle reliquie (solo la prima volta): invocazione: “I corpi dei santi dormono nella pace, il loro nome vive in eterno”. Sulla mensa del nostro altare furono incastonate quelle dei seguenti Santi: S. Pietro, S. Paolo, S. Agostino, S. Ignazio di Loyola e S. Vincenzo Ferrer.
Una annotazione relativa agli altari e le reliquie: prima della riforma del 1969, come già riportato in precedenza, in tutte le chiese era possibile celebrare anche su quelli laterali dove sulla mensa era incastonata la “Pietra d’altare” o “Pietra Santa” consistente normalmente in una lastra di circa 20 cm di lato in cui era/no inserita/e una o più reliquie di Santi. Anche nelle celebrazioni liturgiche fuori dalla chiesa, come ad esempio nelle grandi assemblee oppure nelle cappelle funerarie, era obbligatoria posizionarla sulla mensa.
Perché la Chiesa cattolica fa questo con le reliquie?
È un antico costume della Chiesa risalente all’ordinanza di Papa Felice I (ca. 270) di celebrare il Santo Sacrificio della Messa “sulle tombe dei martiri” che confermava semplicemente un costume esistente da lungo tempo. In seguito i resti dei santi vennero trasferiti dal luogo della loro sepoltura, e posti all’interno di altari appena eretti. Il luogo in cui venivano seppelliti i martiri, ovvero l’altare costruito sulla loro tomba e anche la chiesa che lo racchiudeva, era in genere chiamato confessio (luogo di confessione) o memoria (memoriale)”.
Per i primi cristiani era comune celebrare Messe memoriali nelle catacombe, sopra le tombe dei santi. Questa pratica proseguì quando vennero costruite le chiese, trasferendo le reliquie dei santi nell’altare.
È interessante un passo nella Bibbia che si riferisce profeticamente a questa pratica: “Quando l’Agnello aprì il quinto sigillo, vidi sotto l’altare le anime di coloro che furono immolati a causa della parola di Dio e della testimonianza che gli avevano resa” (Apocalisse 6, 9).
In questo senso, la pratica di mettere le reliquie sotto l’altare è del tutto biblica. Ciò non vuole affatto distogliere l’attenzione da Gesù Cristo e del suo sacrificio sul Calvario, ma ricordare la necessità di imitarne l’esempio.
Unzione: Viene portato sull’altare il vasetto con il sacro Crisma. Il vescovo dice ad alta voce: Santifichi il Signore con la sua potenza questo altare, che mediante il nostro ministero è unto con il crisma; sia segno visibile del mistero di Cristo, che si è offerto al Padre per la vita del mondo.
Quindi versa il sacro Crisma ungendo opportunamente tutta la mensa.
Incensazione: Si colloca sull’altare un braciere per farvi ardere l’incenso. Il vescovo pone l’incenso dicendo: Salga a te, Signore, l’incenso della nostra preghiera; come il profumo riempie questo tempio, così la tua Chiesa spanda nel mondo la soave fragranza di Cristo.
Questa la descrizione delle immagini a rilievo dell’ambone e dell’altare:
Ambone
É rappresentato il tetramorfo, termine di origine greca che fin dalla notte dei tempi indica una rappresentazione iconografica composta da quattro figure o elementi, si indica un’immagine composta da quattro simboli riconducibili ai quattro evangelisti ognuno dei quali, come sappiamo, si concentra su un particolare aspetto della figura di Cristo:
Il primo a definire quelli che sarebbero divenuti i simboli degli Evangelisti è stato S. Ireneo di Lione (130/140 – 202). Vescovo e teologo e Padre della Chiesa, egli interpretò la visione descritta dal Profeta ebraico Ezechiele nell’Antico Testamento (Ezechiele 1, 10), da lui stesso avuta durante la deportazione a Babilonia nel 593 a.C. Ezechiele raccontò di aver veduto una grande nube circondata da bagliori e in mezzo a quella nube quattro creature, poi identificate come cherubini, dotate di quattro ali. Una delle figure aveva volto di uomo, una di leone, una di vitello e l’ultima d’aquila.
Sono anche i quattro esseri viventi di cui parla Giovanni nell’Apocalisse (Ap 4, 6 -7) “In mezzo al trono e intorno al trono vi erano quattro esseri viventi pieni d’occhi davanti e di dietro. Il primo vivente era simile a un leone, il secondo essere vivente aveva l’aspetto di un vitello, il terzo vivente aveva l’aspetto d’uomo, il quarto vivente era simile a un’aquila mentre vola. I quattro esseri viventi hanno ciascuno sei ali”.
Pertanto osservandolo (Foto 4) troviamo in alto: Vangelo di Matteo un uomo alato o angelo simbolo della Sua Incarnazione, Vangelo di Luca un toro simbolo del Suo sacrificio (la Passione);
in basso: Vangelo di Marco un leone simbolo della Sua potenza vincente (la Resurrezione), Vangelo di Giovanni un’aquila simbolo dell’effusione dello Spirito Santo (la Pentecoste).
Altare
I quattro lati sono decorati con i seguenti bassorilievi:
Lato del celebrante: vi è rappresentato l’avvenimento del 17 marzo 1598 con il miracolo della sudorazione;
Lato destro: la guarigione di Giulio Leucio;
Lato sinistro: la guarigione di Suor Angela Azzolino;
Quello frontale (foto 5) merita una più approfondita descrizione: la parte dorata rappresenta la croce di cui si vede la parte terminale alta del palo verticale lo “stipes” e per tutta la larghezza quello orizzontale il “patibulum”.
Le due figure al centro rappresentano Maria SS.ma e San Giovanni proprio come riportato nel Vangelo secondo Giovanni (19, 25-27): “Stavano presso la croce di Gesù sua madre, la sorella di sua madre, Maria di Clèofa e Maria di Màgdala. Gesù allora, vedendo la madre e accanto a lei il discepolo che egli amava, disse alla madre: «Donna, ecco tuo figlio!». Poi disse al discepolo: «Ecco tua madre!». E da quell’ora il discepolo l’accolse con sé”.
Così Papa Benedetto XVI commenta questa pericope: “Queste parole di Gesù sono soprattutto un atto molto umano. Vediamo Gesù come vero uomo che fa un atto di uomo, un atto di amore per la madre e affida la madre al giovane Giovanni perché sia sicura. Una donna sola, in Oriente, in quel tempo, era in una situazione impossibile. Affida la mamma a questo giovane e al giovane dà la mamma, quindi Gesù realmente agisce da uomo con un sentimento profondamente umano. Questo mi sembra molto bello, molto importante, che prima di ogni teologia vediamo in questo la vera umanità, il vero umanesimo di Gesù. Ma naturalmente questo attua diverse dimensioni, non riguarda solo questo momento, ma concerne tutta la storia. In Giovanni Gesù affida tutti noi, tutta la Chiesa, tutti i discepoli futuri, alla madre e la madre a noi. E questo si è realizzato nel corso della storia: sempre più l’umanità e i cristiani hanno capito che la madre di Gesù è la loro madre. E sempre più si sono affidati alla Madre: pensiamo ai grandi santuari, pensiamo a questa devozione per Maria dove sempre più la gente sente “Questa è la Madre”.
Le immagini vogliono rappresentare proprio questo: partendo da sinistra: una mamma che accarezza un bambino, poi un disabile e due uomini in preghiera, uno con le mani rivolte al cielo e l’altro inginocchiato; seguono a destra un operaio, due bambini che giocano ed infine con la figura dell’uomo con le mani sulla testa l’umanità sofferente.
Il monumento esterno sul sagrato
Fu realizzato il 1998 dal Prof. Marzano in occasione delle celebrazioni del CD anniversario dei miracoli e riproduce l’immagine dell’icona di Maria SS.ma Mater Domini.
Il FONTE BATTESIMALE
Don Gianluca Carriero, nel 2009, in occasione del X anniversario della sua ordinazione presbiteriale volle offrirlo alla parrocchia Mater Domini dove ha maturato la sua vocazione al sacerdozio.
È in pietra leccese con immagini che, oltre a quella di Gesù nel fiume Giordano, rimandano al significato del sacramento del Battesimo.
In questa sezione manca la descrizione dello stemma araldico che si trova sull’arco di trionfo del presbiterio che sarà l’oggetto principale della prossima relazione dell’apparato pittorico ed iconografico.
Fonti:
Archivio Parrocchiale Mater Domini
Luigi Greco «STORIA DI MESAGNE IN ETA’ BAROCCA» Vol. III Schena Editore 2001
Bellanova – A. Nitti «IL SANTUARIO DI MATER DOMINI – MESAGNE» Grafischena Fasano 1993
«L’Apprezzo del Feudo di Mesagne» eseguito da Pietro Vinaccia nel 1731 – Schena editore – 2001
Biblioteca Pubblica Arcivescovile “A. De Leo” Brindisi
www.aleteia.org
www.maranatha.it