(di Padre Angelo Muri) – In questi giorni di dolore, di guerra, di morte, di città distrutte, piuttosto che preparare un articolo sulla festa del papà ho voluto riflettere sulla nostra fratellanza, nel segno della preghiera che Gesù ci ha lasciato come momento di comunione all’inizio di ogni giorno: “Padre nostro, che sei nei cieli…”. È la stessa preghiera che eleviamo al cielo, io che sono italiano, un fratello russo, una sorella ucraina, un bimbo di Kiev che ora si trova a Mesagne…
Se non abbiamo l’umiltà di chiamare Dio, Padre nostro, gli altri non ci apparterranno mai perché ritenuti un impedimento ai sogni di grandezza personali, alle aspirazioni di dominio, se non addirittura nemici della nostra falsa libertà ed indipendenza! Non conoscere Dio, Padre nostro, è l’inizio di ogni atrocità, di ogni prepotenza, di ogni sofferenza inflitta agli altri. Il maledetto momento dell’ “io” è la negazione assoluta di Dio! Da qui l’origine di una umanità crudele, della noncuranza per chi piange, per chi è costretto a lasciare la propria terra, per chi non ha più speranza nel domani.
“Guardate gli uccelli del cielo: non seminano e non mietono, né raccolgono nei granai; eppure il Padre vostro celeste li nutre. Non valete forse più di loro?” (Mt 6,26). Chi sente di avere un “Padre nostro”, non può ignorare la premura e la provvidenza di Dio.
Essere oggi padre è un progetto di Dio che sceglie alcuni uomini e li rende, nel sacramento dell’amore, corresponsabili nell’opera della vita. Genitore è chi, sul modello del “Padre nostro”, trasmette la vita e insegna come viverla. La saggezza di un padre sta nel riporre la fiducia in Dio perché la sua Parola sia una guida costante. Non così un padre che ha rotto ogni rapporto con il “Padre nostro” che, sicuro solo di sé, crede di cavarsela da solo…
Nonostante le tante indelicatezze degli uomini, Dio si offre guida, amico, roccia. Dio non ci lascia mai soli! “Si dimentica forse una donna del suo bambino, così da non commuoversi per il figlio delle sue viscere? Anche se costoro si dimenticassero, io invece non ti dimenticherò mai. Ecco, sulle palme delle mie mani ti ho disegnato” (Is 49,15-16).
Viviamo giorni difficili, siamo sempre in affanno e non abbiamo più tempo per fermarci e guardare la vita negli occhi, parlare con chi ci è accanto senza affidare tutto a freddi messaggi tecnologici. Difendiamo la serenità, non possiamo dare agli altri ciò che non possediamo e questo lo sanno bene i nostri cari papà, chiamati a donare ciò il buon Dio, ogni giorno, dona loro. Dio è vita, Dio è luce, Dio è amore! L’amore vero, profondo, continuo è ciò che fa la differenza nella vita di un padre!
Senza oscurare la festa del papà, non trascuriamo i passaggi in tv che ci parlano di guerra e ci impongono di incrociare il volto smarrito di tanti bambini e mamme, di tanti papà che sono tornati ad impugnare le armi per difendere la propria città, o quello che è rimasto…Dio Padre non ci offre una bella vita ma una vita bella dove l’amore, veramente donato, dà dignità ad ogni papà ed educa ogni componente della famiglia. San Giuseppe, uomo giusto che ha vissuto la fede nel rispetto della vita, faccia dono ad ogni papà della sapienza del cuore perché si viva tacendo e si educhi amando!