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Beatles, il mito continua

A 61 anni dalla pubblicazione del primo disco della band di Liverpool, un libro ne ripercorre l’immortale vicenda

da Cosimo Saracino
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(di Ilaria Solazzo) – Il 5 ottobre di 61 anni fa il mondo musicale è cambiato: quel giorno del 1962, infatti, veniva pubblicato “Love Me Do”, il primo 45 giri dei Beatles, la band inglese che rivoluzionerà non solo la scena del pop e del rock, ma l’intera società nel corso degli anni successivi. A questo fenomeno, ancora vivo oggi, è dedicato il volume “Beatles – Il mito dei Fab Four”, edito da Diarkos Editore e firmato dal giornalista e scrittore Paolo Borgognone.

La carriera dei quattro ragazzi di Liverpool – figli della classe operaia, con alle spalle un’infinità di asperità e drammi familiari – era iniziata qualche tempo prima, in un momento storico difficile per la Gran Bretagna, alle prese ancora con i postumi del conflitto mondiale e il disfacimento dell’impero coloniale che aveva dominato il mondo. Seguendo il filone nato dall’altra parte dell’Atlantico grazie soprattutto alla immensa figura di Elvis Presley, i Beatles arrivarono come uno tsunami a travolgere tutto quello che c’era prima, imponendosi come forza innovatrice e rivoluzionaria, capace di muovere le masse e diventare fenomeno globale. Acclamati e amati in ogni angolo del globo fin dalle prime prove artistiche – non a caso il termine Beatlesmania è nato già nel 1964 – John Lennon, Paul McCartney, George Harrison e Ringo Starr diventeranno presto idoli assoluti per generazioni di ragazzi a cui, proprio come era accaduto con Presley, daranno per la prima volta una voce. Sorprendenti, innovatori, capaci di introdurre via via nel loro viaggio nuovi strumenti e sonorità mai ascoltate, i Beatles conquisteranno, fin dal loro primo tour, gli Stati Uniti. L’apparizione in tv all’Ed Sullivan Show, il 9 febbraio 1964, fu vista da 73 milioni di americani e avrebbe aperto la strada della musica a tantissimi artisti che proprio da quella esibizione verranno ispirati a imbracciare uno strumento e provarci. Il successo portò anche aspetti negativi: complici anche gli scarsi mezzi tecnici dell’epoca, il quartetto fu presto costretto a rinunciare a esibirsi dal vivo – non prima di aver “inventato” i concerti negli stadi fino a quel momento un fenomeno mai visto – per concentrarsi sulla produzione in studio. Così, a partire dal 1966, ecco arrivare via via una serie di prodotti straordinari: basti citare l’album “Sgt Pepper’s Lonely Hearts Club Band” del ’67, considerato praticamente all’unanimità dai critici il miglior disco di sempre. O “The Beatles”, ovvero “l’album bianco” che anticipa le ultime grandi produzioni della band inglese, “Abbey Road” e “Let It Be” che ne rappresentano il canto del cigno. Per una carriera che si consuma in soli 8 otto anni, fino al 1970.

La rottura tra i quattro si consumò tra la disperazione dei fan in tutto il mondo, mentre ognuno di loro prese la propria strada musicale, continuando a dire la propria nel panorama musicale mondiale per gli anni successivi. Almeno fino a quel maledetto giorno del 1980 quando la follia religiosa armò la mano di uno squilibrato a New York che uccise, sparandogli alle spalle, John Lennon lasciando l’umanità intera orfana del suo genio. Se anche George Harrison ci ha lasciati prematuramente, per malattia, Paul McCartney e Ringo Starr, pur avendo doppiato il capo degli 80 anni, continuano a fare musica e soprattutto a rappresentare la leggenda. Di tutto questo – e di tanto altro – racconta “Beatles – Il mito dei Fab Four” di Borgognone che si rivolge tanto a chi conosce già la storia della band “più famosa di Gesù”, che ai più giovani che fossero incuriositi e desiderassero scoprire di più sul gruppo che ha scritto pagine immortali nella storia della musica.

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