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BuongiornoSanremo2025 – (No pass No entry!) – di Carla Graduata

da Redazione
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Carissimi lettori e lettrici, essere qui a Sanremo è praticare meraviglia ed entusiasmo.
E’ come rivedere gli occhi celesti della nonna, ritornare nei salotti colmi di zie, zii e cugini rumorosi, nelle stanze della mia infanzia felice.
Sono emozionata, ma vengo comunque dal Sud e, quindi, io e i miei compagni di merende, come neo-moderni Totò e Peppino, abbiamo pensato bene di indossare canottiere di lana, girocolli sintetici, maglioncioni con il collo alto, giubbotti pluri-imbottiti, calzettoni e scarpe pesanti, mentre in Liguria ci sono 21 gradi. Sudiamo e iniziamo a ridere.

Sanremo vista da Sanremo è piccola, piccolissima: le stradine sono strette, piene zeppe di gente normale, le spiagge sono lunghissime, i baretti sul mare sono accoglienti. Un mix tra il folclore della Madonna di Luglio, i profumi di SanDiatoro e i colori di Sant’Oronzo.
La città è blindata: ci controllano più e più volte zaini e borsette. Superiamo tutti gli ostacoli, nonostante i 20 papaveri rossi di Soniamia che porto con me per distribuirli agli artisti.
Finalmente siamo a due passi dal sogno, il mio sogno di bambina, il mio sogno da sempre. Ma uno ci blocca e ci chiede: “Avete il pass?”
No, rispondiamo noi.
Allora giriamo per le strade stracolme di giovani e meno giovani che sognavano di diventare cantanti ma non ce l’hanno fatta e ci provano ancora, con casse da asporto e microfoni dell’Ipercoop.
Ci avviciniamo a Casa Sanremo, stiamo per entrare e uno ci dice: “Avete il pass?”.
No, rispondiamo noi.
Siamo ad un soffio dallo stand di radio Kiss Kiss, i cantanti sono lì. Proviamo ad addentrarci e uno ci chiede: “Avete il pass?”
No, rispondiamo noi.
Inizio a commentare ad alta voce, usando il nostro dialetto e così un ragazzino vestito di nero con gli auricolari si avvicina e ci dice: “Ma voi siete leccesi? Io sono di Porto Cesareo”.
Ci abbracciamo come fratelli, gli chiediamo di aiutarci e lui ci spiega che gli appalti della security quest’anno li hanno vinti due società di Taranto e Brindisi, se becchiamo qualche compaesano, magari ci fanno entrare.
E noi ci proviamo e ridiamo, ridiamo tantissimo, ma niente.
Allora due signori di mezza età ci spiegano che in uno stand sorteggiano i vincitori dei pass, in alcuni casi li regalano, ma nemmeno la fortuna ci accompagna.
Una comitiva di leccesi si è stampato dei pass finti, ma non superano i controlli.
Qualcuno ci suggerisce che se proprio siamo interessati, un biglietto costa 1800 euro.
Ci arrendiamo e ritorniamo in mezzo alla gente.
Incrociamo Clementino, Rocco Hunt, Cristiano De Andrè e Max Giusti.
La musica è dappertutto. I mandarini costano 6 euro al chilo. Il fan club di Marcella Bella è il più agguerrito; poi scopriamo che “BellaCiao” in realtà è stata candidata come europarlamentare di Ignazio LaRussa (maledizione, sono dappertutto!).
Noi siamo pieni di colori e suoni. Il mio cuore è appagato.
Abbiamo sfiorato il cielo di Sanremo e non siamo entrati nell’Ariston, ma a noi non piacciono i pass rubati, o pagati, o ottenuti con le raccomandazioni.
Non abbiamo trovato il nostro pass ma abbiamo trascorso una giornata meravigliosa in mezzo a gente che, come noi, ama la musica e la storia di questa Italia confusa, disunita, ma capace di applaudire a ragazzetti sconosciuti per poi chiedere: “Ma chi era?”.

QUARTA PUNTATA DI SANREMO
La quarta serata del Festival è dedicata a quelli che la pensano come noi e quindi questa ci sembra la serata migliore di tutte.
Una geniale Geppi Cucciari apre la puntata in bianco e NERO (nero fascio), ironizzando con eleganza sul ritorno al passato della nostra Italia.
Arriva sul palco un grandioso Roberto Benigni che lascia da parte la Costituzione e la Divina Commedia e torna il comico di vent’anni fa.
Con arguta ironia, sbeffeggia tutti i neofascisti del mondo e ci rimette in pace, almeno per una sera, con questo maledettissimo Sanremo, specchio di un’italietta che mette sullo stesso piano tutto e tutti: la Zanicchi che inneggia a Dio, Patria e Famiglia e Benigni e la Cucciari che ci ricordano cosa siano l’ironia, la Democrazia e la Marcia su Roma.
Mahmood espone tutti i muscoli del corpo scolpiti nel marmo per ricordarci che no, non tutti siamo uguali, mentre il sig. Righeria gonfio, gonfissimo ci ricorda che sì, forse tutti siamo uguali!
Vannacci passeggia lungo i viali di Sanremo, mentre Conti ride alle battute antileghiste di Benigni e Cristicchi parla di malattia, pur essendo un “pro-vita” convinto e anche un po’ destrorso.
Tutti insieme appassionatamente alla ricerca di un pass al sole.

DUETTI
Come ogni anno, questa serata ci regala delle chicche uniche (Lucio Corsi e Topo Gigio sono magia e fumetto, tenerezza e infanzia) e degli obbrobri che fanno sanguinare le orecchie (povero Franco Califano!!!!). I commenti passano da “ancora campa custu?” a “quantu s’è fattu custu”!
Ma poi…La voce di Pino Daniele arriva al cuore. Lecce (Amoroso) e Bari (Brancale) si sfidano a suon di corde vocali. Giorgia e Annalisa sono due mostre sacre. Le parole de LA CURA restano le più belle di tutte. Esplosivi i “Comatose” con il sig. Righeira che urla “Non diventate grandi mai!”. Olly con Goran Bregovic fanno esplodere il teatro. Lauro su di giri con la tutina porno è più sexy di Elodie. Bresh e De Andrè sono poesia (anche se la ricantano per TRE volte per ragioni tecniche).
“Bella stronza” di Masini e Fedez non è meno maschilista di tutti i testi di TonyEffe; la canzone non è dedicata a Chiara Ferragni ma all’amante. Quanto squallore!
Vincono la quarta serata Giorgia e Annalisa (prova provata del fatto che a Giorgia danno da cantare canzoni orrende, ma è quella con la voce migliore!)
Mentre il pubblico rumoreggia, Conti rimprovera, affermando perentorio: “Oh applausi per tutti eh!”.
E perché? Se a me una canzone non piace perché dovrei applaudire?
Ecco chi è il presentatore più visto d’Italia: uno che pretende di decidere anche quando applaudire!

MENZIONE D’ONORE
A chi è libero o lotta per esserlo. A chi non smette mai di credere che tutti i sogni, grandi o piccoli, confessabili o meno, si possono realizzare. A chi non etichetta le persone (mamma, papà, genitore, guerriera) ma le vede per quello che sono: ESSERI UMANI CON DEI SOGNI.
A chi, anche senza pass, continua a sognare.
A tutti gli occhi che ho incontrato oggi: emozionati, felici, sorridenti, curiosi.
A Benigni e Geppi che, come pesci fuor d’acqua in un acquario in cui sfilano militari, famiglie, bambini, bandiere italiane e gag antiquate, approfittano del palco della Grande Ammucchiata per ricordare che la LIBERTA’ e i SOGNI non si toccano.
A Geppi Cucciari e basta, perchè è un’intellettuale ironica, autoironica, femminista, femminile, intelligente, spigliata, capace finalmente di togliere lo scettro a Carlo Conti che avrà anche totalizzato gli ascolti più alti di sempre ma rimane un piccolo omuncolo pieno di pregiudizi, preconcetti e sovrastrutture. Lei invece spicca sul vuoto cosmico di questo Festival, con naturale semplicità. (meravigliosa nell’ultimo vestito rosso!)

MENZIONE D’ONORE DA CASA
Al mio Aladino del cuore che dalla lampada della sua generosità ha tirato fuori, per me, un viaggio indimenticabile a cui, poi, non ha potuto partecipare. A tutti gli innamorati della vita, di un animale, del proprio lavoro, di un parente, di un uomo, di una donna. Al San valentino più strano della mia vita che non non dimenticheremo mai. Io e i miei compagni di merende siamo stanchissimi e stanotte non basteranno nemmeno li “pinnuli” per riprenderci, ma voi PENSATECI FELICI!

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