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Conosciamo la cainofobia: il male di vivere

da Sara Calvano
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Nel racconto biblico, Caino e Abele sono i primi discendenti di Adamo ed Eva dopo la cacciata dall’Eden. Entrambi offrono a Dio in sacrificio i prodotti del loro lavoro, ma solo le offerte di Abele vengono accettate. La preferenza che Dio accorda ad Abele provoca l’ira e la gelosia di Caino che ucciderà il fratello. Quando Dio scoprirà il delitto, maledirà Caino allontanandolo dalla terra che ha macchiato col sangue di Abele, ponendo su di lui un “segno” che lo protegga dalla vendetta, emblema della sua infinita clemenza. Successivamente Caino si sposerà, avrà un figlio e fonderà la prima città. Ed è proprio dalla vicenda riportata nella Genesi che probabilmente prende il nome una delle fobie che si possono sviluppare nel corso della propria vita: la cainofobia.

È necessario distinguere la paura dalla fobia, la prima davanti agli elementi tangibili della realtà tende ad arrestarsi, la seconda è invece frutto dell’irrazionalità.

Ma cos’è la cainofobia? È il timore della sconfitta o del fallimento. Probabilmente è molto più comune di quanto possiate immaginare. Oggi è sempre più difficile farsi strada per raggiungere una posizione sociale e gli ostacoli talvolta possono apparire insuperabili. Viene in mente Morandi quanto canta «uno su mille ce la fa, ma quant’è dura la salita», ebbene forse non sarà così per tutti, ma sono in aumento coloro che entrano a far parte della categoria del precariato e hanno difficoltà ad inserirsi nel mondo del lavoro.

Non tutti riescono a sopportare le pressioni derivanti da più parti, il timore di deludere le aspettative altrui alle volte può essere di gran lunga peggiore rispetto all’insoddisfazione personale. La necessità di dimostrare di essere migliori e superiori rispetto agli altri, dover sgomitare per farsi largo all’interno di un sistema “conservatore” che fatica a lasciare spazio ai giovani può nuocere gravemente alla propria salute psico-fisica. È sufficiente gettare uno sguardo alla politica, specchio della società per capire che le redini del gioco sono in mano sempre agli stessi vecchi volponi. Accade quindi che alcuni, soprattutto i giovani si convincano di non essere all’altezza, di non potercela fare, ci si sente a volte meno competenti degli altri, e talvolta il timore di fallire può indurre alla fuga. La cainofobia spinge a non cogliere le occasioni lavorative e relazionali che si presentano, nonché ad evitare le responsabilità che ne derivano. Il timore di non essere in grado ad affrontare le comuni esperienze conduce all’isolamento all’interno di un contesto sociale caratterizzato ancora dalla legge del più forte.

Questa fobia può essere frutto di alcune esperienze negative durante l’età infantile. Focalizzando in particolare l’attenzione sull’ambito scolastico l’inadeguatezza può scaturire: dalle difficoltà di apprendimento del soggetto, dal comportamento dei genitori eccessivamente critici nei suoi confronti e da eventuali raffronti con altri individui coetanei dello stesso. Se si aggiunge a tali elementi la possibile fragilità emotiva di alcune persone e le pressioni che aumentano man mano che si cresce è facile spiegarsi come mai tanti giovani soffrano oggi di attacchi di panico.

Chi soffre di questa fobia non si rende conto delle opportunità che gli si presentano ed è come se gli individui diventassero ciechi senza rendersene conto, così, da un giorno all’altro, all’interno di una società anch’essa cieca e insensibile dinnanzi alle difficoltà altrui, dove l’empatia e la sensibilità sono utopia. Così come disse la moglie del medico, in Cecità di Saramago: «secondo me non siamo diventati ciechi, secondo me lo siamo, ciechi che, pur vedendo, non vedono».

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