Storie di ragazzi che stanno percorrendo, da tempo, un lungo viaggio di cui conosciamo solo la partenza. Perché quando gli eventi costringono gli uomini a mettersi in cammino, è difficile prevedere tempi e condizioni di arrivo. E’ possibile raccontare, però, le tappe di questo passaggio da un punto all’altro del mondo. Infinito e difficile il percorso reale, quello consumato con le proprie gambe, in una “solitudine internazionale”. Un salto nel buio e poi, forse, la possibilità di farcela.
La storia è quella dei ragazzi che sono ospitati nella Cooperativa Oasi di Mesagne, nell’ambito del progetto ministeriale Sprar. Yousupha, Toure, Azeez, Karim, Mustafa, Moamad. Hanno tra i 17 e i 18 anni. Arrivano dall’Egitto e dalla Nigeria. A Mesagne tra gli operatori della cooperativa hanno scoperto uno spazio fisico lontano da ogni sorta di inaudita violenza e la possibilità di “ritrovarsi” in quanto persone capaci di costruire una serena autonomia. Semplice quotidianità. Al mattino a scuola. Qualcuno frequenta corsi di alfabetizzazione, qualcun altro segue una specializzazione, altri sono riusciti a iscriversi alle superiori.
Finito il tempo formativo inizia, nel pomeriggio, il tempo della prospettiva. Ed è su questo principio che prende forma e sostanza la vera missione della cooperativa: fornire a questi ragazzi gli strumenti per diventare autonomi. Così la società civile diventa rete all’interno della quale i sette “viaggiatori” hanno trovato un’occupazione. Due di loro lavorano presso il McDonald’s, uno all’interno di un salone di parrucchiere a Brindisi, due presso un’autocarrozzeria di Mesagne, due nella ristorazione locale. Mani e gambe in movimento, per conquistare la normalità, per guadagnare la strada dei diritti.
“Quello che noi facciamo – racconta Gianluca Pezzolla, presidente della Cooperativa Oasi – è accogliere il loro dolore, curandolo. Ma accogliamo anche il loro bisogno di speranza provando a trasformarlo concretamente in opportunità.” Lo scorso anno la Cooperativa Oasi ha spento le sue trenta candeline. Trent’anni di accoglienza, di sacrificio, di sostegno umano e materiale. Trent’anni durante i quali centinaia di volti, nomi, vite hanno transitato da questo luogo di “presa in carico”. Ma ne è valsa decisamente la pena se nell’album dei ricordi c’è il sorriso di un giovane cameriere, di un novello pizzaiolo, di un operaio con le mani sporche di olio per automobili. Ne è valsa la pena se c’è anche la foto di chi è diventato, nel frattempo, padre e marito felice. Tutti siamo in viaggio. Costantemente. Ma ci sono viaggi che hanno il sapore della rivincita. Ci sono luoghi che sono realmente “Oasi” di speranza.