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Cosa mi ricorda don Bibi – di Cosimo Zullo

da Cosimo Saracino
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È per me immediato il ricordo di don Bibi insieme a quello di mio nonno materno, Cosimo Campana.
Classe 1884, coltivatore diretto, mio nonno era molto legato a rispettare le tradizioni e attento a rispettare gli altri.
Del suo medico di famiglia, don Bibi, aveva anche una grande stima.
Don Bibi era più giovane di 10 anni. Le visite di Don Bibi a casa del nonno le ricordo dalla fine degli anni 50 sino a quando mio nonno è venuto a mancare, dicembre del 1965. Era il periodo della mia fanciullezza, tra gli otto e i dodici anni.
Quando dovevamo ricevere la visita di don Bibi, in casa si fermava il tempo. Ogni faccenda domestica si rinviava per prendersi esclusivamente cura di fare trovare la casa in ordine e assicurarsi che tutto ciò che poteva essere necessario a don Bibi fosse al suo posto! La bacinella, l’asciugamano di lino e la confezione nuova di sapone in camera da letto.
L’arrivo di don Bibi per noi tre piccoli nipoti era un avvenimento! Seguivamo il suo arrivo in via Roma, vicino alla Chiesa di Loreto, era lì che abitava mio nonno. La sua auto parcheggiava lentamente e il suo autista, Bibi Zizza, padre di un mio caro amico, il compianto Giancarlo, e di Cosimo Zizza, attuale coordinatore della CGIL di Mesagne, apriva la portella dell’auto e vi scendeva lentamente Don Bibi. Lo vedevamo austero, con la sua borsetta professionale.
Noi piccoli, dalla fessura della porta della stanza lo vedevamo entrare. Ci appariva un uomo molto aitante con il suo papillon che esaltava la camicia bianca.
Il silenzio in casa era assicurato. Non si respirava, non bisognava muovere né una sedia né aprire una porta.
Vedevamo Don Bibi che si dirigeva nella camera da letto dove il nonno lo stava aspettando. La frase di rito “Cò comu stamu?” La porta della camera si chiudeva e restavano a lungo soli a discutere. Credo non discutessero solo dello stato di salute del nonno.
Dopo una lunga attesa, si apriva la porta e nessuno porgeva domande a Don Bibi. Incuteva un po’ di soggezione, anche se già sin da piccolo a me era molto simpatico.
Quando, però andava via, tiravamo un sospiro di sollievo. Allora era frequente in noi bambini il timore che il medico fosse venuto per farci una iniezione!
Don Bibi, dopo aver salutato tutti con massimo rispetto, risaliva sempre con il suo aplomb nella sua auto che vedevamo ripartire lentamente.
Nessuno chiedeva al nonno che cosa gli avesse detto sul suo stato di salute, restava quasi un segreto tra lui e il “suo “don Bibi.

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