Home Dal Territorio È fresco di stampa l’ultimo numero di Radici

È fresco di stampa l’ultimo numero di Radici

da Cosimo Saracino
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Scegliere come immagine della copertina il particolare di un quadro conservato a Mesagne non significa soltanto valorizzare, come già fatto nel primo numero, uno dei tanti esempi di arte pittorica custoditi nella nostra cittadina. Questa volta – per un numero che completa l’anno XX di pubblicazione ed esce ad anno solare 2016 concluso -, c’è un valore simbolico in più che vale la pena rimarcare. Il particolare, infatti, ritrae la donna (dipinta in basso a destra di chi guarda) nel quadro della “Natività” del pittore ruffanese Saverio Lillo (sec. XVIII). È la tela una volta conservata nella chiesa matrice e da qualche decennio collocata sull’altare maggiore della Chiesa parrocchiale dell’Annunziata. Pubblichiamo una delle poche figure “al femminile” che troviamo nelle tele a soggetto sacro conservate nella chiese mesagnesi, se facciamo eccezione ovviamente per le raffigurazioni della Vergine o di sante. È sembrato opportuno sceglierla come immagine di copertina perché di donne, in questo numero, si parla ampiamente e sotto diversi aspetti. Una donna, infatti, è al centro delle carte di una causa, della quale si occupò la giurisdizione ecclesiastica sul finire del XVII secolo; un’altra donna è quella che, oltre i limiti del tempo, ha lasciato motivi ed aneddoti perché fosse ancora nella memoria di tanti.

Di una donna, dunque, “Giustina Saracino accusata di magia” si occupa Katiuscia Di Rocco nel saggio di apertura di questo fascicolo; di una donna tra generazioni di donne parla Alessia Galiano, quando ricostruisce “vita e opere” dell’ostetrica condotta Annunciata Maria Luigia Vecchietti, per tutti i mesagnesi (anche per le generazioni che non l’hanno vista all’opera) “donna Gina”. A questa ideale prima parte, fa seguito uno studio di Marilù Rubino, che propone un viaggio nell’archeologia industriale di Brindisi: esso farà certamente piacere a molti mesagnesi che sono stati militari nel capoluogo o che sono stati testimoni (diretti o indiretti) di un processo socioculturale e politico-economico che Mesagne ha vissuto assieme al capoluogo.

L’arsenale, la “Saca” e la “Montecatini”, a ben riflettere, hanno mutato il modus vivendi non solo di Brindisi, ma di un intero territorio e le pagine che pubblichiamo intendono far riflettere anche su questi aspetti, mentre alla valorizzazione delle testimonianze di archeologia industriale – sotto un’ottica dettata dall’attualità e limitatamente al Forte a mare – pensa un aggiornamento all’articolo di Rubino proposto da Antonio Monte. Proseguendo sul versante della storia della cultura musicale a Mesagne, Francesco Poci recupera e studia (anche quale ricordo grato all’indimenticabile don Angelo Argentiero) una versione – diciamo “particolare” – dell’inno “Ave maris stella” che viene intonato in un momento caro ai mesagnesi: la processione della Madonna del Carmine. Nei mesi passati, ancora, i mesagnesi hanno vissuto giornate singolari, facendo esperienza di cosa significhi partecipazione diretta alla valorizzazione di un bene culturale e “vivendo” a contatto con uno street artist tra i più apprezzati in Italia ed all’estero, un mesagnese. Ecco perché diverse pagine sono dedicate alla vicenda di ciò che è stato il campo sportivo comunale di via Sasso, ora parco urbano, che un referendum ha voluto intitolare a Roberto Potì, indimenticato galantuomo nello sport e nella vita.

Questioni burocratiche, che prima o poi andranno risolte, non consentono ancora che ufficialmente quel luogo si chiami “Parco Roberto Potì” – non ci sono le targhette insomma -, ma questa denominazione va prendendo piede giorno dopo giorno nella gente e questa storicizzazione della questione nel medio termine riuscirà a sciogliere tutti i nodi che nel frattempo si sono aggrovigliati. La rivista ha svolto il tema a modo suo e pubblica un articolo di Giovanni Galeone che, sul filo dei ricordi di un ragazzino, parla di Roberto Potì, del campo sportivo di via Sasso, che è stato il luogo d’impegno di questo uomo di sport, e descrive un aspetto della Mesagne di quegli anni. Al saggio di Galeone fa seguito un articolo che illustra l’opera svolta da Francesco Camillo Giorgino, per tutti “Millo”, lo street artist che è intervenuto in via Galilei con cinque opere, capaci di tradurre la saggezza popolare affidata ai proverbi. Due recensioni – una di Annalia Cavaliere, che ha letto le “Osservazioni sul tarantismo” di Federico Capone; ed una di Katiuscia Di Rocco che si è occupata del libro di Rosanna Basso sull’assistenza ostetrica nell’Italia liberale – completano questo numero di “Radici”, rivista che ha in animo di tornare tra i suoi lettori tra pochissimo, non solo per recuperare il tempo perduto, ma per continuare ad alimentare l’entusiasmo di quanti continuano ad apprezzare la serietà del ventennale progetto e ad incoraggiare il proseguimento del cammino.

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