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Giunta Molfetta sotto attacco – di Giuseppe Florio

da Cosimo Saracino
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L’amministrazione comunale guidata da Pompeo Molfetta è sotto attacco, come mai forse prima d’ora. Non è bersaglio del locale Partito Democratico, sonnacchioso quello politico, inutilmente pignolo quello consiliare. Non di Antonio Calabrese, il leader di Progettiamo Mesagne, movimento che – dopo le ultime elezioni – può dirsi esistente soltanto sulle pagine di certe testate. Non di Antonio Calabrese, l’esponente del Comitato cittadino SOS S. Camillo. Non di Antonio Calabrese, membro del Comitato di gestione del Parco Potì. Non di Antonio Calabrese, ammiccante cofirmatario delle istanze del Movimento Cinque Stelle. Non del circolo geriatrico (scherzo, eh?) di Articolo 1 (interventi chilometrici sulla stampa, mezz’ora a botta in streaming: ronf, ronf…). Non delle plurime intemerate del neonato Movimento La Emme, ad oggi ciascuna a rischio di sembrare «pro domo mea»: terribile, dal punto di vista del buon gusto, quella in cui si demolisce l’operato dell’assessora in carica ai servizi sociali per cantare le lodi dell’assessore precedente, soprattutto se quest’ultimo è, presuntamente, tra gli ispiratori o tra i firmatari della nota stampa. Non dell’indefesso Mimmo Stella, puntuale come sempre ma mai più garbato e sobrio di oggi.
No, la giunta Molfetta non è sotto attacco delle opposizioni politiche, consiliari o civili (queste ultime ammesso che realmente esistano), ma di un nemico assai più insidioso e perciò temibile. E’ nel mirino di se stessa. Sia chiaro: neppure della propria maggioranza che, per lealtà, quieto vivere o pragmatismo, la sostiene. Ma proprio di sindaco e assessori. E’ come se Molfetta, Calò, Catanzaro  Librato, Marotta e Pisanò giocassero ad una sorta di roulette russa tra di loro, puntando la canna di una pistola carica l’uno all’altro. Fuor di metafora, l’amministrazione comunale potenzialmente più tranquilla della storia repubblicana (nessun partito a cui dar retta o conto, nessun imprinting ideologico, un consigliere regionale ed un deputato al proprio servizio) sembra ad ogni pie’ sospinto che sia sul punto di cedere o di non conseguire risultati adeguati che poi è la più icastica dichiarazione di resa.

Come mai? Io non credo, come invece taluni detrattori, che ciò dipenda dalla mancanza di esperienza o addirittura di capacità degli amministratori, tutti alla prima prova di governo. Non ci credo perchè la storia dimostra che hanno dato testimonianza di buona amministrazione anche soggetti su cui era lecito nutrire, in premessa, qualche dubbio. Tolte le buone cose che pure sono state realizzate, nel buratto dell’opinione pubblica più attenta resta il loglio di assessori delegittimati dinanzi alla opinione pubblica, assessori latenti, assessori impotenti, assessori volenterosi ma improduttivi. Non può dipendere, la butto lì, da un sindaco che non è stato mai di fatto in grado di affidare deleghe piene ai propri collaboratori (cioè: di fidarsi completamente), potendo poi chiedere conto del mandato e magari trarne, nel bene e nel male, le debite conclusioni? Lo status quo dovrebbe originare, secondo tale ipotesi, più da un sindaco che non riesce a fare il proprio mestiere (che è quello di sindacare), che da assessori che non riescono ad asserire. Che fare?

Poscritto, fuori traccia: lo statuto del PD è mal fatto, aprendo ambiguamente le primarie interne al voto della cosiddetta società civile. Ciò detto, anche se rientrava nella facoltà degli assessori mesagnesi, andare a votare alle primarie democratiche è stato molto più che una caduta di stile. Se hanno del tempo libero, lo investano per far meglio nel ruolo di servizio alla comunità cittadina che è stato loro affidato. Giuseppe Florio

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