Con l’inizio dell’anno scolastico primi esami anche per i comuni italiani. La materia interrogata riguarda il livello livello di trasparenza della ‘filiera” della confisca dei beni mafiosi. I comuni pugliesi raggiungono la sufficienza : su 97 comuni destinatari di beni confiscati sono 50 i comuni che non pubblicano l’elenco e le informazioni su destinazione, uso, tipologia dei beni confiscati sul loro sito internet. Ciò significa più della metà dei comuni sono inadempienti pari al 51,5 % anche se di registra un lieve aumento degli Enti che pubblicano elenco ( dal 43% del 2021 al 48,5% del 2022).
Libera presenta “RimanDATI” il secondo Report nazionale sullo stato della trasparenza dei beni confiscati nelle amministrazioni locali, promosso in collaborazione con il Gruppo Abele e il Dipartimento di Culture, Politica e Società dell’Università di Torino
Il Report di Libera (monitoraggio ha avuto inizio nel mese di aprile 2022 e si è chiuso a luglio 2022) rappresenta uno spaccato importante -unico nel suo genere- sulla capacità degli Enti territoriali di rendere pienamente conoscibili e accessibili le informazioni sull’enorme patrimonio immobiliare sottratto alle mafie e destinato a tornare alla collettività attraverso comuni ma anche, sebbene in via sussidiaria, le province, città metropolitane e le regioni. Un report che vuole accendere una luce sulla carente trasparenza e mancata pubblicazione dei dati dei comuni italiani in merito ai dati sui beni confiscati che insistono nei loro territori perché sono proprio i comuni ad avere la più diffusa responsabilità di promuovere il riutilizzo dei patrimoni. Eppure, proprio a livello comunale le potenzialità della ‘filiera della confisca’ sono tuttora dense di ostacoli, criticità ed esitazioni.
La base di partenza del lavoro di monitoraggio –spiega Libera– coincide con il totale dei comuni italiani al cui patrimonio indisponibile sono stati “destinati” i beni immobili confiscati alle mafie per finalità istituzionali o per scopi sociali. Su 1.073 comuni monitorati ben 681 comuni italiani destinatari di beni immobili confiscati non pubblicano l’elenco sul loro sito internet, così come previsto dalla legge, pari al 63,5% del totale. Il primato negativo in termini assoluti spetta ai comuni del Sud Italia compreso le isole con ben 400 comuni che non pubblicano elenco, segue il Nord Italia con 215 comuni e il Centro con 66 comuni che non pubblicano dati.
La ricerca analizza nello specifico le modalità di pubblicazione degli elenchi anche su scala regionale. Sui 392 comuni che hanno pubblicato elenco abbiamo costruito un ranking mediato nazionale: su una scala da 0 a 100 la media è pari a 55,5 punti. La Puglia è tra le regioni che supera la media nazionale con un punteggio pari a 57,9. Sono 10 le regioni che sono al di sotto della media regionale e “rimandati” sulla modalità di pubblicazioni: Campania, Emilia Romagna, Lazio, Lombardia, Sardegna, Umbria, Trentino Alto Adige, Molise,Valle d’Aosta, Basilicata. Quest’ultime 4 regione più che rimandate sono bocciate avendo un media pari a 0.
Un approfondimento è stato fatto sulla modalità di pubblicazione dell’elenco, da cui dipende in maniera sostanziale la qualità dei dati messi a disposizione. Ai fini della nostra ricerca – che mira a stimolare la pubblicazione di dati pienamente e compiutamente fruibili e dunque in formato aperto – abbiamo considerato, nella percentuale dei comuni che pubblicano, esclusivamente quelli che lo fanno in formato tabellare. Tutte le altre tipologie di pubblicazione, nella valutazione complessiva, vengono associate alla categoria “elenco non presente”. La ricerca ha evidenziato in maniera piuttosto evidente come la logica degli open data sia ancora estranea alla stragrande maggioranza degli enti monitorati. In Puglia 11 Comuni utilizzano un formato aperto; 30 comuni hanno l’elenco in un pdf ricercabile, mentre 8 comuni hanno messo on line un pdf scansione
“Garantire che la filiera del dato sui beni confiscati sia trasparente -dichiara Tatiana Giannone, referente nazionale Beni Confiscati di Libera– vuol dire dare spazio al protagonismo della comunità e della società civile organizzata, che solo conoscendo può progettare e programmare nuovi spazi comuni. Alla conoscenza del patrimonio e del territorio, del resto, è strettamente legata la capacità di utilizzare i fondi pubblici (siano essi di natura europea o di provenienza nazionale) per la valorizzazione dei beni confiscati, nella fase di ristrutturazione e in quella di gestione dell’esperienza di riutilizzo. In questi quarant’anni dalla Legge Rognoni – La Torre e ventisei anni di attività della Legge num. 109, a fronte di importanti risultati raggiunti in termini di aggressione ai patrimoni delle mafie, della criminalità economica e della corruzione e a fronte delle sempre più numerose esperienze positive di riutilizzo sociale, non si deve abbassare l’attenzione sulle criticità ancora da superare e sui nodi legislativi ancora da sciogliere che richiedono uno scatto in più da parte di tutti. Il bando del PNRR e la nuova programmazione europea delle politiche di coesione saranno, quindi, un banco di prova importante per le istituzioni tutte, ma soprattutto per il potere di monitoraggio della società civile. Siamo consapevoli -conclude Tatiana Giannone di Libera– della complessità della materia e le difficoltà che gli Enti Locali sono costretti ad affrontare quotidianamente, sia in termini di carichi di lavoro che di risorse umane e di competenze a disposizione. Ma siamo convinti che, insieme, si possano e si debbano trovare le soluzioni utili a garantire la trasparenza. Con lo stesso spirito di costruzione e cooperazione, avanziamo alcune proposte politiche a partire dall’impegno dell’Agenzia nazionale nel supportare le amministrazioni comunali, riteniamo che si possa raggiungere una qualità del dato più alta usando dei modelli di elenco uguali per tutti; in questo modo la trasparenza diventerà veramente una pratica condivisa e partecipativa. Chiediamo che si possano progettare e realizzare dei percorsi di accompagnamento e formazione dei Comuni, soprattutto quelli più piccoli, per rendere i beni confiscati presidi di sviluppo sociale ed emancipazione per la comunità.“