Caro Direttore, Le scrivo queste parole addolorato, commosso e arrabbiato.
Ieri sera verso le 20:30 è scomparso ingiustamente, specie se si considera che era in compagnia di sua figlia tredicenne, uno dei più grandi sportivi mai esistiti. Un uomo di 41 anni, che ha tenuto, come me, molti giovani mesagnesi: svegli la notte; increduli nelle palestre di Via Udine e Via Antonucci nel realizzare il tasso di difficoltà di alcune cose fatte, per lui normali; motivati ogni giorno nell’allenarsi.
Quando si segue uno sport, specie se incongruente con gli orari di vita normali di chi vive in un altro continente, ci si sente dei pazzi e a volte soli nel fare tante cose: chiedere una maglietta che fra qualche anno non ti andrà più come regalo di Natale, far spendere ai tuoi genitori troppi soldi per le scarpe che disegna il tuo mito, fare delle trasferte di ore che ti tengono impegnato nonostante gli impegni che si chiedano ad un ragazzo che va al liceo siano altri. Fra le tante cose che mi vengono in mente.
Quando però incontri altri ragazzi che condividono la tua passione e che hanno il tuo stesso idolo la simpatia e l’amicizia nascono con più semplicità, e, alla fine, ti sentì un po’ meno solo e un po’ meno pazzo.
Ho avuto amici che si sono rasati i primi peli sul petto per emularne il logo, che hanno disputato i tornei sotto la villa con la sua maglia, che sono usciti la sera con quella stessa maglia, che ce l’hanno avuto stampato sui calzini, che ne conservavano gelosamente poster, articoli di giornale e dvd e che hanno visto la sua ultima partita in diretta fino alle cinque di mattina nonostante il giorno dopo avessero esami universitari, fra le tante cose che mi vengono in mente.
Non sono, purtroppo, della generazione che il basket d’oltreoceano lo doveva seguire con le VHS o con Superbasket, ma di quella che i video li ha potuto avere disponibili da subito su YouTube, e una delle cose che già a 16 anni mi lasciava incredulo era come tanti ragazzi stessero cominciando ad interessarsi alla pallacanestro avvicinati dallo stesso mito che i loro genitori avevano visto nascere.
Ieri sera negli occhi e nelle parole di tanti amici ciò che ho scritto è venuto fuori, e ho realizzato che probabilmente non è soltanto andato via uno sportivo dalle qualità disarmanti e dall’etica del lavoro unica, ma è scomparso un simbolo che con il 24 sulle spalle chissà quante amicizie avrà fatto nascere e quanti ragazzi avrà tenuto incollato con i piedi sul parquet.
A venticinque anni uno non se la sente, e non è neanche nella posizione di dare lezioni di vita, e non è assolutamente questo il mio proposito, mi piacerebbe più che altro dare un consiglio ai tanti giovani che vedo dare un ricambio continuo nei settori giovanili delle due squadre della nostra città:
Lo sport è bello perché l’amicizia di chi suda con te per un obbiettivo congiunto avrà sempre un sapore diverso, migliore; ti insegna a rispettare le diversità dell’altro, perché quelle differenze che ci sono, se comprese e difese, possono colmare le tue lacune, tanto fisiche quanto mentali, ed arricchire te ed i tuoi compagni; è palestra di vita perché i novecentonovantanove che non ce la fanno e si dovranno dedicare ad altro quelle lezioni apprese nello spogliatoio le porteranno sempre appresso, nel bene e nel male.
Lo sport è bello anche perché quando un idolo scompare troppo presto, chi lo venerava, parlando e ricordandolo con gli amici di sempre, si sente un po’ meno triste.
Ciao Mamba. LETTERA FIRMATA