Era il 12 Novembre del 1894 quando la Beata Madre Giuseppina Vannini delle Figlie di San Camillo arrivò a Mesagne per rispondere ad un invito avanzato dalla Congregazione della Carità per aprire un ospedale nella nostra città. Da allora ad oggi sono trascorsi 125 anni. Periodo in cui le suore Figlie di San Camillo, attraversando diverse vicende come il mancato rinnovo della convenzione con il civico nosocomio, non hanno mai abbandonato la nostra città. Per questo motivo la comunità delle Camilliane, che attualmente presta servizio spirituale e di assistenza nelle Residenze Socio Sanitarie gestite dalla Cooperativa Osa Villa Bianca e Casa Melissa, lunedì prossimo apriranno l’Anno Giubilare con una celebrazione eucaristica presieduta dal Vicario Generale della Diocesi di Brindisi-Ostuni, Mons. Fabio Ciollaro. La messa verrà celebrata alle ore 18.00 nella Chiesa della Madonna di Loreto dove per tutti questi anni le suore che si sono alternate nella nostra città hanno pregato e lodato il Signore. In preparazione a questo evento già oggi pomeriggio inizia un triduo in preparazione.
ECCO UN PO’ DI STORIA
SULLA PRESENZA DELLE CAMILLIANE A MESAGNE
Nell’autunno del 1894 le camilliane erano chiamate a prendere servizio nell’ospedale civile di Mesagne, cittadina in provincia – allora – di Lecce (oggi provincia di Brindisi).
Come sia nata l’idea di costituire questa comunità camilliana nelle Puglie non risulta da documenti scritti. Al riguardo, però, padre Giovanni Sandigliano, pda tempo cercava una Congregazione di suore a cui affidare il proprio ospedale, quando un membro della stessa, imbattutosi a leggere le espressioni elogiative del giornale, propose al consiglio di domandare alla nascente opera se volesse accettare quell’impegno.
I rapporti tra Mesagne e Roma presero avvio da una lettera del sig. Francesco Martucci, membro della Congregazione di carità di Mesagne, datata 23 aprile 1894, nella quale chiedeva alla Vannini se fossero disposte a portare «l’opera loro tanto ammirabile» nella cittadina pugliese.
Inizia così la corrispondenza tra gli interessati di Mesagne e i rappresentanti dell’Istituto, a Roma. Già dai primi approcci la Vannini apparve favorevole alla richiesta; non così invece il p. Ferrini, Superiore delegato dell’Istituto – e con lui il Servo di Dio [p. Luigi Tezza] – che temeva che la trasferta a Mesagne fosse un passo prematuro, data la distanza con Roma e l’esiguità numerica delle religiose.
Invece l’amministrazione di Mesagne era decisa ad avere le suore camilliane e la loro insistenza ottenne che la fondazione passasse dalla fase di progetto alla esecuzione.
La Vannini parte da Roma per Mesagne il 12 novembre 1894 per constatare di persona il luogo e il progetto proposto in quell’Ospedale civile. Il sopralluogo ebbe esito positivo e fu così concordata una convenzione tra la Congregazione di Carità e l’Istituto Figlie di S. Camillo.
L’attività nell’ospedale ebbe inizio il 9 dicembre 1894; le suore inviate furono: Suor Alfonsina Ferrari, designata Superiora della comunità, suor Eugenia Baldi suor Pia Ghidoni e suor Rosa Zanol.
L’Arcivescovo di Brindisi, Mons. Salvatore Palmieri, due anni dopo esprimeva il suo compiacimento: «Le scrivo questa mia per ringraziarla della savia condotta delle sue figliole e delle incessante fatiche che sostengono nell’ospedale di Mesagne con grande edificazione e contento del popolo». Inviava pure una lettera postulatoria al S. Padre con la quale supplicava «dell’Apostolica ricognizione del nuovo Istituto delle suore Camilline, le quali, informate dello spirito di carità del loro grande padre, San Camillo de’ Lellis, a mio avviso sono di immenso vantaggio alla languente umanità, per l’assidua cura che compiono con piena abnegazione di sè agli infermi di ogni sorta».
A Mesagne le camilliane si trovarono davanti ad una situazione nuova. Non c’erano là religiosi camilliani, come a Cremona, e il clero locale non poteva farsi carico di un servizio religioso regolare alla comunità; specie per il sacramento della confessione e celebrazione della s. Messa comunitaria.
Le religiose sentivano il peso di quelle carenze. Il Servo di Dio si preoccupò di tenere vivi i contatti con le figlie spirituali mediante corrispondenza epistolare.
A Suor Alfonsina Ferrari, Superiora della comunità, che sarà fedele erede spirituale del Servo di Dio, egli indirizza diverse lettere. Nei primi tempi della fondazione le promise di scrivere «almeno una volta la mese» per superare la distanza che li separava, pur «nella santa e sempre adorabile volontà del Signore». Affermava di contare sulla loro generosità e sul loro «attaccamento alla santa vocazione per mantenervi fedeli, malgrado tutto, a ciò che avete promesso al Signore». Suggeriva alle figlie, quando non potevano partecipare alla s. Messa, di intensificare la preghiera, di visitare Gesù sacramentato, attingendo alla fonte del Cuore Divino quello spirito di carità che rende zelanti e premurose accanto ai sofferenti.
Invitava le suore di Mesagne a non scoraggiarsi poiché, – «Iddio solo basta, dice Santa Teresa, nessuno più di voi può essere sicuro di essere in Dio trovandovi nella sua divina volontà per mezzo della s. Obbedienza». Chiedeva una «accettazione calma, tranquilla ed amorosa di tutte le privazioni» come migliore penitenza da offrire al Signore per la propria santificazione. Di fronte alla malinconia lamentata da Suor Alfonsina Ferrari, esortava a tenerla lontana dal cuore aggiungendo: «Se ti senti sulla croce e sotto la croce, sai che non vi sei sola, ma con Gesù che vi ti ha voluta e ti vuole, almeno per ora. […] Abbi fede; l’obbedienza generosa ci fa far miracoli »
Dopo 120 anni di stancabile prodigarsi con cuore di madre verso i più bisognosi della città di Mesagne, ancora oggi le sorelle continuano l’opera che insiema a ” […] quella di Cremona deve ritenersi tra le più durature realizzate dalla Serva di Dio. Le Figlie di San Camillo sono tuttora là dove la Madre le aveva insediate. Il favore e la riconoscenza popolare non è venuta meno con gli anni […] “
Brazzarola Bruno, Madre Giuseppina Vannini fondatrice delle Figlie di San Camillo (1859 – 1911) , Grottaferrata 1990, pp. 93-97