«Il canale Galina-Capece, insieme al Canale Reale, è il più importante collettore del sistema idrografico superficiale del nostro territorio. Ha la funzione di raccogliere le acque pluviali provenienti dalle aree rurali dei comuni di Torre S.S., Latiano e Mesagne e di veicolarle fino al recapito finale: l’invaso chiuso del Cillarese sito in prossimità dell’ansa occidentale del porto di Brindisi. Il canale nasce in un’area depressionaria in contrada San Gervaso da una rete di piccoli affluenti non del tutto rintracciabili o in larga parte ormai soppressi. Ha un percorso sinuoso che si sviluppa in un contesto ambientale intensamente coltivato ed antropizzato. Dalla fonte, correndo pressoché parallelamente alla via vecchia Latiano, raggiunge e attraversa la Circonvallazione sud, lambisce l’area mercatale, attraversa la linea ferrata Brindisi – Taranto, la provinciale Mesagne-Latiano, chiude il quartiere Calderoni, supera la Statale 7, poi fa un ansa larga, attraversa la strada provinciale per San Vito, costeggia l’industria conserviera dei “fratelli Ruggiero” e da lì si dirige ad est verso il mare. Lungo il suo corso scaricano una serie di collettori naturali, di scoline interpoderali, di canali artificiali che costituiscono una rete idraulica di fondamentale importanza per la prevenzione degli eventi alluvionali e per la salvaguardia dei poderi agricoli. Il canale resta secco per gran parte dell’anno ed i suoi argini e il greto tendono a rivestirsi di essenze arboree mediterranee o di canneti che talvolta riducono la capacità e la portata del canale e aumentano la resistenza al flusso. Nel canale sversano anche i reflui della lavorazione industriale di tutte le aziende di trasformazione agro alimentari dell’intero comparto mesagnese e questo impone un trattamento preliminare di queste acque per scongiurare il rischio di inquinamento o eccessiva salinificazione del Cillarese. Ḕ del tutto evidente, dunque, che la tenuta idraulica, lo stato di manutenzione ordinaria e straordinaria, la tutela delle sue acque sono elementi fondamentali per la salvaguardia dell’ambiente, delle attività produttive agricole e per la prevenzione degli allagamenti di cui abbiamo triste memoria.
Fu infatti dopo il tragico alluvione del novembre 2003 che l’Amministrazione Comunale, guidata allora con caparbia determinazione dell’avv. Mario Sconosciuto, decise di affidare al prof. Piccini dell’Università di Bari la redazione di un progetto generale per la mitigazione del rischio idrogeologico nel quale fosse compresa la sistemazione idraulica del canale Galina-Capece.
Il progetto fu realizzato per stralci funzionali utilizzando i fondi PON-FERS 2007/2013 nel corso dei successivi 15 anni. I primi stralci hanno riguardato la realizzazione delle due vasche di laminazione (contrada San Gervaso e contrada Calderoni), l’ampliamento del canale, la sistemazione degli argini ed una serie di opere idrauliche per la messa in sicurezza delle zone di resistenza al flusso (ponti e attraversamenti). Il 15 maggio di quest’anno vi è stata la consegna dei lavori per la realizzazione del quarto ed ultimo stralcio (valore complessivo del progetto appaltato 3,3 milioni). Le opere previste da capitolato sono: l’ampliamento della vasca di laminazione a monte con il raddoppio della superficie di raccolta del bacino, la realizzazione di un terrapieno perimetrale nelle parti sopraelevate della vasca, l’espianto degli alberi di ulivo (in parte bruciate), la piantumazione degli argini, la sostituzione della recinzione metallica, la realizzazione di una staccionata nella parte più declive del bacino. In più vi sono una serie di opere accessorie di miglioria che consistono nella realizzazione di una valvola idraulica “a clapè” alla confluenza del canale col collettore che drena le acque dalla Circonvallazione, la pulizia del canale per 4 km, il totale ripristino della staccionata su via Brodolini, il rivestimento con geo stuoia anticorrosiva nei punti di attraversamento del canale in corrispondenza del ponte sulla la ferrovia e nel passaggio fra via Vignola e la Statale 7 ed altre opere di finitura. La ditta appaltatrice si farà altresì carico anche della pulizia della vasca di laminazione per tre anni.
Si può ragionevolmente pensare che tutte le criticità puntualmente segnalate dal consigliere Dimastrodonato (rischio idraulico, incendi, abbandono di rifiuti, vegetazione incontrollata, ostacoli vari), al netto di eventuali ritardi, saranno completamente risolte entro l’anno quando si completerà un opera idraulica mastodontica che riqualificherà l’ambiente, metterà in sicurezza definitivamente l’intero corso del canale e con esso il territorio urbano ed extraurbano della città di Mesagne. Tutto questo grazie alla lungimiranza degli amministratori che in questi anni si sono succeduti, primo fra tutti l’avv. Sconosciuto, ed ai fondi strutturali messi a disposizione dalla Regione per la tutela e la salvaguardia del suo territorio.
Orbene questa opera, per mantenere la sua efficienza, ha bisogno di essere regolarmente manutenuta e qui cominciano le doglianze: la competenza della manutenzione ordinaria e straordinaria di questo come di tutti i canali dell’area jonico-salentina è affidata al Nuovo Consorzio di Bonifica (ex “Arneo”) il quale, sulla base delle risultanze storiche e dei dati aggiornati su organizzazione e bilanci dell’Ente, non pare essere in grado di svolgere questo compito. L’ultimo piano di classifica in cui risulta programmato un intervento strutturale di manutenzione straordinaria sul Galina-Capece risale al 2011 dopo di che sono stati effettuati solo interventi spot, puntiformi a “chiamata diretta” per criticità contingenti. Il Nuovo Consorzio di Bonifica ha un disavanzo per esercizi precedenti (debiti) per 41 milioni di euro, ha approvato un bilancio straordinario per il solo 2018 (delibera commissariale n°319/2018) che fonda sostanzialmente sulle entrate derivanti da un ulteriore contributo regionale di circa 2,3 milioni e di 6,3 milioni di previsione entrata dal famigerato contributo “630”. Di questi complessivi 9,5 milioni soltanto 3,2 saranno spesi per il nuova piano di classifica; il resto dei soldi saranno spesi per il funzionamento del Consorzio: spese per il personale e per la gestione ed il mantenimento dei servizi. Tradotto significa che la Regione paga le opere mentre i contribuenti pagano l’esistenza in vita del Consorzio. Quindi nonostante la legge regionale di riordino dei Consorzi di Bonifica (n°1 del 32/2017), nonostante lo sforzo del nuovo Commissario straordinario ing. Borzillo, il potenziamento della struttura tecnica ed amministrativa e l’emungimento continuo di risorse pubbliche dalla Regione (ultimo stanziamento per i consorzi commissariati 12 milioni – Delibera Consiglio n°219 del 30/7/2018) e dai contribuenti, il sistema non tiene, il riequilibrio di bilancio non si raggiungerà forse mai e soprattutto non si farà la manutenzione ordinaria dei canali.
Fra qualche settimana la SOGET – società delegata alla riscossione – inonderà le nostre case delle nuove cartelle esattoriali relative al “tributo 630” relativo agli anni 2016 e 2017 e monterà ancora la rabbia e la protesta dei cittadini per un balzello che sembra il prototipo perfetto e legalizzato della antiche gabelle medievali. Il cittadino deve pagare il tributo per il sol fatto che il suo immobile (agricolo o residenziale) è inserito nel perimetro di contribuenza anche se ciò non determina alcun beneficio diretto alla proprietà. Rispetto a questa incombenza la maggior parte dei cittadini paga per sfinimento e per non avere rogne, altri non pagano praticando una sorta di disobbedienza fiscale involontaria, altri ricorrono alle commissioni tributarie.
A Mesagne il consigliere Dimastrodonato nel tempo ha sostenuto questa via ed ha aiutato i cittadini a ricorrere. Dei 225 ricorsi presentati, 30 sono stati accolti con sentenza passata in giudicato, gli altri sono passati al secondo grado di giudizio e arriveranno a sentenza fra due anni. Anche questa via, dunque, appare lunga complessa, costosa e dall’esito non garantito così che la maggior parte dei cittadini si sconfidano nel perseguirla. I comitati di base, che si vanno via via costituendo, stanno anche prefigurando l’ipotesi di ricorrere alla Procura della Repubblica sperando che qualcuno possa perseguire per via giudiziaria l’annullamento del tributo. Fin qui si ha la percezione di una sostanziale impotenza di fronte ad una ingiustizia certa.
Forse bisognerebbe, tutti insieme, percorrere un’altra via: quella politico-istituzionale per indurre la Regione a rivedere complessivamente il tema ed aprire a soluzione nuove piuttosto che tamponare con un legislazione perennemente di transizione che fonda su ripetuti commissariamenti e sul ri-finanziamento del debito. A mio avviso si dovrebbe collocare la questione della bonifica nell’ambito più generale della tutela del suolo e delle acque in modo da contemperare i vari aspetti di un’unica grande questione ambientale che riguarda l’approvvigionamento idrico, la potabilizzazione e la distribuzione, la depurazione delle acque reflue, la bonifica ed il riuso delle acque per scopi irrigui. In questa partita, per quel che ci riguarda, avrebbero diritto di entrare anche l’ambizioso progetto del “Contratto di fiume” per il Canale Reale, ed il riuso del grosso impianto di affinamento delle acque e della rete di distribuzione presente nel territorio di Mesagne, in carico alla Provincia, realizzato con fondi pubblici e mai entrato in funzione.
Tutte questioni che dovrebbero afferire ad un’unica regia che non può che stare in capo alla Regione e che presuppone l’istituzione di una governance unitaria cui afferiscano tutti i soggetti istituzionali coinvolti (Autorità Idrica Pugliese, Acquedotto Pugliese, Consorzi di Bonifica, Agenzia regionale ARIF, eccetera) e solo sulla base di un’unica visione ripartire competenze, responsabilità e risorse.
Su questi temi che riguardano la tutela del suolo e delle acque si gioca gran parte della politica ambientale della nostra Regione e su questi temi dovrebbe convergere una discussione ampia di tutte le forze politiche presenti nel parlamento regionale».
Il Sindaco
Pompeo Molfetta