Papa Francesco, testimone dei regimi “populisti gesuiti” latinoamericani, nell’enciclica Fratelli Tutti ha ammonito che bisogna distinguere tra:
- i leader popolari, “capaci di interpretare il sentire di un popolo. (…) Il servizio che prestano, aggregando e guidando, può essere la base per un progetto duraturo di trasformazione e di crescita”;
- e i leader populisti che si caratterizzano “per l’abilità di attrarre consenso allo scopo di strumentalizzare politicamente la cultura del popolo, sotto qualunque segno ideologico, al servizio del proprio progetto personale e della propria permanenza al potere”. Essi mirano “ad accumulare popolarità fomentando le inclinazioni più basse ed egoistiche di alcuni settori della popolazione”.
Per distinguere un leader popolare da quello populista viene in soccorso anche l’articolo 54 della nostra Costituzione, il quale, tra l’altro, recita: “I cittadini cui sono affidate funzioni pubbliche hanno il dovere di adempierle con disciplina e onore, prestando giuramento nei casi stabiliti dalla legge”. Disciplina significa dominio degli istinti e di una smodata libido, mentre l’onore coincide con la lealtà e la dignità.
Ciò premesso, nella realtà concreta del Comune di Mesagne:
- Quale “progetto di trasformazione” si può attendere da chi, in consiglio comunale, si è presentato come il “Sindaco delle piccole ricette”?;
- Quale “progetto di crescita democratica” può maturare in chi, pur di accumulare notorietà, si fa ritrarre mentre galleggia sulle acque di un mare immaginario?;
- Con quale disciplina adempie al suo mandato chi, “strumentalizzando politicamente la cultura del suo popolo”, ciclicamente si sposta da una formazione politica all’altra e, pur nascendo politicamente con l’obiettivo di riformare il comunismo si è ridotto a fare, l’altro ieri, il galoppino elettorale delle liste civiche di Emiliano e, subito dopo, si è predisposto a salire sul carro di Giuseppe Conte, progetto al momento tramontato, pur di assicurarsi la permanenza al potere?;
- Quale limite impone ai propri istinti chi, avendo ucciso con una congiura di palazzo il padre politico, per esorcizzare il senso di colpa è costretto ad ammazzarlo ogni volta in consiglio comunale, pur assicurando: “Questa volta è l’ultima”?;
- Quale freno pone alla propria smodata libido chi, da mesi, utilizza la crisi del coronoravirus come tribuna per la televendita della propria immagine e consente di essere esibito, con la luce accesa anche a tarda ora, mentre “risolve” i problemi del paese?;
- Con quale onore adempie al proprio mandato chi dichiara “di essere persona aperta al dialogo” e poi, o per spocchia o per codardia, derubrica le critiche politiche a “fango che alcuni pochissimi e sempre gli stessi provano a gettare sulla mia persona” e, come tali, non meritevoli di attenzione?;
- Con quale lealtà svolge il proprio mandato chi, pensando di trasformare in atto eroico la rimozione di un cartello sforacchiato da colpi di arma da fuoco, offusca il contributo ultratrentennale dato dalle forze di sinistra, da magistrati, poliziotti, semplici cittadini e da un’ intera comunità nella lotta per la legalità?;
- Quale dignità dimostra chi, da Sindaco, non si oppone all’erezione nel proprio Comune di un busto in onore di un concittadino militare del ventennio mentre, da deputato, aveva cofirmato la proposta di legge n. 962 con la quale: “Si introduceva il divieto di intitolare sia strade o piazze, sia monumenti, lapidi o ricordi permanenti situati in luogo pubblico o aperto al pubblico, a esponenti del disciolto partito fascista o ad appartenenti alle forze armate durante la dittatura fascista”?.
Ed infine, quando l’orizzonte politico del “cittadino a cui sono affidate responsabilità politiche” non è più il destino del mondo, dell’Europa, dell’Italia, ma quello di “brigare” con chi e dove collocarsi alle prossime consultazioni elettorali, allora la politica diventa un’Opera Buffa messa in scena da un bluff, un simulatore che, soprattutto nei momenti di crisi, riesce a calamitare il consenso.
La cronaca politica di tutti i giorni insegna, però, che, dopo la stagione dell’innamoramento arriva sempre quella del disincanto ed, infine, quella del rigetto. I modi e i tempi di questa evoluzione dipendono anche dall’impegno culturale, sociale e politico di ognuno di noi. (Michele Graduata per il Movimento Libero & Progressista )