Home Cultura Il procuratore De Donno e l’antimafia sociale di Libera: una lotta alla criminalità da condurre insieme

Il procuratore De Donno e l’antimafia sociale di Libera: una lotta alla criminalità da condurre insieme

da Cosimo Saracino
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«L’antimafia sociale è importante. Noi siamo attrezzati per far fronte alle battaglie giudiziarie, ma Libera e le scuole conducono le grandi battaglie della legalità e fanno lezioni di mafia che noi culturalmente non siamo attrezzati a fare» il procuratore della Repubblica di Brindisi, Antonio De Donno, ospite del terzo e ultimo appuntamento della rassegna cinematografica “Ciak, si Libera” si è espresso in questi termini prima della proiezione del film «Fine pena mai» che racconta la vicenda e la condanna del boss salentino Antonio Perrone, alias “l’Italiano”, che proprio il procuratore De Donno ha mandato a processo nel 1997 per l’omicidio del giovane Daniele Perrone.

Si è rivelato un successo l’ultima serata di “Ciak, si Libera”, l’evento organizzato dal Presidio di Libera Mesagne con il patrocinio del Comune: tanti i mesagnesi, brindisini e leccesi presenti.

Tante le autorità che hanno accolto il procuratore De Donno: dal tenente Alberto Bruno della Compagnia di San Vito dei Normanni comandata dal Capitano Antonio Corvino, al maresciallo Giuseppe Ursi della Stazione di Mesagne, al comandante dei Vigili urbani, Bartolomeo Fantasia, e il vicesindaco Giuseppe Semeraro.

Tutti con l’obiettivo di sollecitare la società civile nella lotta alla criminalità e trovare nuovi affiliati della legalità. Ma soprattutto per ascoltare la pietra miliare della lotta alla mafia, Antonio De Donno che, nel 1991 con gli altri due sostituti procuratori Cataldo Motta e Francesco Mandoi, entrò a far parte della prima Direzione distrettuale antimafia di Lecce iniziando un percorso di contrasto alla Sacra Corona Unita.

«La quarta mafia aveva dichiarato guerra allo Stato, noi dovevamo rispondere. Dovevamo togliere le risorse, perché gli arresti toglievano dal territorio le persone che agivano e trafficavano, strategia che ancora oggi si utilizza». E infatti con una costante opera di penetrazione nel territorio dal 1993 i blitz si conclusero tutti con gli arresti degli autori di efferati omicidi, violente estorsioni e traffici di droga.

«I tempi sono cambiati oggi, però non dobbiamo illuderci: l’emergenza può sempre ricominciare. Quello che è importante è riuscire a giocare d’anticipo, capire quello che può accadere e questo dipende molto dalla competenza, dalle specificità di chi opera sul territorio» prosegue il procuratore De Donno, «in tutto questo c’è un sorta di incoscienza e di fatalismo, mai di paura perché queste situazioni non si affrontano con la paura. La mattina quando ci incontriamo dobbiamo anticipare le loro mosse. Non dobbiamo lasciare mai il tempo di respirare a queste organizzazioni criminali».

Fu proprio Antonio De Donno una domenica mattina del 1993 a trovare il cadavere, o meglio, quello che rimaneva del corpo di Daniele Perrone freddato nel 1987: all’epoca non c’erano strumenti di riconoscimento e nel sopralluogo in una discarica nelle campagne tra Trepuzzi e Squinzano, una mano con ancora infilato un anello al dito portò a riconoscere la vittima.

«In quegli anni c’erano già le prime dissociazioni, i primi pentiti che si autoaccusavano e accusavano gli altri e sperimentammo per la prima volta le intercettazioni delle prime utenze cellulari».

Antonio De Donno, nell’atrio del Castello normanno svevo di Mesagne ha parlato della sua scelta di vita di combattere la mafia, giocare d’anticipo e offrire i contrappesi sociali che consentono di recuperare la forza lavoro delle aziende confiscate e investire sul territorio «perché lo Stato deve continuare a essere più appetibile della mafia».

«Oggi sono cambiati i reati di riferimento: quello principale è la droga. Le organizzazioni mafiose si alimentano con i grandi traffici di sostanze stupefacenti. I consumi di droga sono diffusissimi e anche gli affari sono enormi» denuncia De Donno fornendo un focus sull’attività criminale nelle province di Brindisi, Lecce e Taranto.

«La droga è un fenomeno più grande di quanto immaginiamo. Mentre è diventato recessivo il reato estorsivo perché in questo momento a loro con conviene farsi notare dalle Istituzioni esercitando la violenza. Non è che le mafie non sono attrezzate militarmente- sottolinea il Procuratore- le usano solo per le emergenze, e ora non vogliono farsi notare mentre si inseriscono negli affari per poter investire».

Oggi la quarta mafia ha individuato settori proficui come i più accreditati lidi balneari in cui inseriscono una security governata da loro, e il settore delle scommesse, oltre all’enorme traffico di droga».

Sono queste le differenze con la quarta mafia del passato: «Molti esponenti mafiosi sono vicini a noi, diventano presidenti delle squadre di calcio, molti gestiscono supermercati e bar venendo incontro alle esigenze di lavoro dei cittadini. E soprattutto sono diventanti colletti bianchi dello Stato. Per questo sono importanti le battaglie dell’antimafia sociale di Libera e di chi si batte per la legalità, accanto a chi conduce le battaglie giudiziarie». Fabiana Agnello

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4 commenti

Studioso sabato, 31 Agosto 2019 - 12:51

Un altro tassello che deve far preoccupare, è che la “scu talvolta oggi entra anche in libreria”, oltre che in supermercati e squadre di calcio.
Parliamo sempre di quello che ne rimane, tra pentiti che si sono accusati e autoaccusano, ecc.
E queste sono le parole di un altro importante magistrato che come sono andate le cose in questo territorio lo sa bene.

Teodoro domenica, 1 Settembre 2019 - 8:05

Fossero solo squadre di calcio!

Imprenditore in vacanza sabato, 7 Settembre 2019 - 5:28

Vorrei vi trovaste nei panni di un imprenditore; che come tale, prima di investire tasta il terreno.
Il quale ha assistito a qualche galà della legalità, e ha sentito puntare il dito sugli imprenditori ONESTI… e poi in queste iniziatove ha visto a contare i soldi della serata chi, anche carte alla mano non tanto difficili da reperire in quest’apoca, ha fatto gli affari …con quelli di cui si discute.
Vogliano riavvolgere il nastro?

Dal estero oramai martedì, 10 Settembre 2019 - 2:39

Il problema è che certi personaggi sono convinti di spuntarla sempre.
Saranno abituati così… oramai si sa, ma chi deve isolarli, invece di chiamarli pure nella cosiddetta società civile? Forse è sfuggito qualcosa di mano, o come dice qualcuno, cambia qualcosa affinchè non cambi niente.

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