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In ricordo di Fernando Molfetta – di Tony Muscio

da Cosimo Saracino
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Ieri si sono svolti i funerali di Fernando Molfetta, un uomo con la sindrome di Down conosciuto e amato da tanti mesagnesi. Abbiamo chiesto un ricordo a Tony Muscio,della Cooperativa sociale Alba, con cui Fernado ha vissuto tanti momenti di vita.

La leggenda narra che Fernando frequentasse Villa Cavaliere già prima della sua edificazione.

Per anni alla domanda
-dove lavori? –
Mi era molto più semplice rispondere
“al Centro diurno che frequenta Fernando Molfetta” che “al Centro diurno Villa Cavaliere”.

Si aggirava impettito ed orgoglioso tra le cucine ed il primo piano, spesso e volentieri con indosso una toque bianco giglio, sulla quale si contavano distintamente tutte le sue 100 pieghe, così, quasi a confermare di essere perfettamente a conoscenza di almeno 100 modi di cuocere le uova.

Con estrema onestà dico non ricordare un suo solo giorno di assenza. Sempre presente.
Era il primo ad arrivare e l’ultimo a salire sul pulmino giallo guidato dal buon Nucciu Carella, il sabato e la domenica invece lo potevi incontrare nei pressi dell’attuale parco Potì, già in spasmodica attesa di un nuovo lunedì, di una nuova settimana di duro lavoro.

Personalmente lo adoravo; in verità credo non ci fosse alcun operatore del Centro Diurno gestito da sempre dalla Cooperativa Sociale Alba, che non adorasse i suoi irascibili modi di fare.

Mai dargli torto, mai rimproverarlo, mai metterlo in imbarazzo davanti ai suoi compagni, poteva tranquillamente tenerti il broncio per giorni, per settimane, per mesi.

Non adorava, diciamo pure che odiava il giorno del compleanno degli altri, soprattutto non tollerava presenziare alle fotografie dietro ad una torta che non fosse la sua.

Quel giorno immagino fosse particolarmente arrabbiato, con ogni probabilità avevamo appena festeggiato il compleanno di qualche suo acerrimo rivale di tegame, sicuramente l’adorabile Giovanni, con il quale poco rrazzava, aveva appena spento le sue caneline.

Entrai in sala mensa, saranno state appena le 13,30, tutti erano ancora seduti a pranzare, ospiti ed operatori, lui, che era posizionato con il viso rivolto verso la porta d’ingresso perché doveva avere sotto controllo tutta la situazione, scattò in piedi immediatamente e mi corse incontro.

Con irruenza mi prese sotto braccio e mi trascinò fuori in giardino. Senza dire una parola, utilizzando solo il comando del repentino movimento della testa, mi invitò a seguirlo sino al centro della grande pineta, alzò lo sguardo e con voce ferma, senza irresolutezza, in un dialetto al limite della perfezione, tuonò:

“Tonymù, la scta viti scta terra?”
Al mio silenzio si infuriò ed indispettito riprese a domandarmi con tono ancor più fermo

“Allora? la scta viti scta terra?”

“Sini Fernà, la scta vesciu.” – Risposi quasi intimidito –

“Ecco, bravo” – continuò –
“Quandu mueru,
QUANDU MUERU,
qua vogghiu pricatu!”

Ho riso a crepancia per anni, ogni volta che mi veniva in mente questa gag degna del miglior Franco Franchi dovevo raccontarla a chiunque mi fosse vicino e condividere quella sua estrema simpatia involontaria, da ieri invece, ed aggiungo con enorme dispiacere, questo ricordo mi fa l’esatto effetto opposto.

Ciao caro Fernando Molfetta, sono costernato, purtroppo né io e nè nessun altro potrà mai esaudire il tuo desiderio, quello di essere “pricatu a Villa Cavaliere”, ma sappi con estrema certezza, non dubitarne assolutamente mai, la tua essenza, il tuo spirito, il tuo cuore e
soprattutto il tuo fuoco, resteranno per sempre con noi tra le mura di Villa Cavaliere, perché è li che è giusto che esse riposino.

Ti vogliamo tremendamente bene.
Ci mancherai tanto.

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