(di Carmelo Molfetta) – La (tentata) marginalizzazione della Avvocatura dai processi decisionali, segnatamente nell’ambito della amministrazione del “servizio giustizia”, rientra nel più ampio processo in atto della marginalizzazione dei “corpi intermedi”.
Da soggetto tipico e tipizzante la natura democratica della società moderna, si è passati alla loro rappresentazione di vero e proprio intralcio nei confronti dei processi decisionali.
Secondo questa visione più il potere e la sua gestione è diffuso sul territorio e più se ne rallenterebbe la velocità decisionale. Si tace sull’effetto perverso che questa visione del “governo del potere” provoca, e cioè si tace sull’affievolimento delle libertà.
E’ del tutto pacifico che l’Avvocato, gli Avvocati, l’Avvocatura, agiscono in virtù di un mandato di rappresentanza.
Attraverso il ruolo dell’Avvocato, i cittadini si rapportano con il “sistema giustizia” rivolgendo ad esso le proprie istanze di giustizia, di tutela dei propri interessi, delle proprie libertà, ed in ultima analisi reclamando nei confronti dello Stato l’adempimento, e la conseguente effettività, di uno dei doveri principali e costituzionalmente protetti: quello della amministrazione della giustizia.
Nella nostra piccola provincia, per dirla chiaramente, circa 400 mila cittadini, attraverso i circa 1500 avvocati, si rivolgono al sistema giustizia per vedersi riconosciuti i propri diritti di libertà, economici e di status.
A tutti gli effetti, dunque, l’Avvocatura, intesa essa nella sua generalità, svolge il ruolo e le funzioni tipiche di un “corpo” intermedio dello Stato.
La continua erosione di tale prerogativa costituisce la causa principale della marginalizzazione del ruolo dell’Avvocato.
Da pieno titolare del diritto di abitazione nei palazzi di giustizia, l’avvocato è diventato via via ospite indesiderato.
Va altresì sottolineato, autocriticamente, che in virtù di una malintesa idea elitaria del ruolo dell’avvocato, ormai superata dai tempi, semmai essa è effettivamente esistita, oggi resiste quella corporativa, che è marginalizzata dal sistema decisionale della erogazione del “servizio giustizia”. E’ del tutto intuitivo, e anche conseguenziale, che privilegiando la funzione personale e singola della professione, che rimane comunque la massima espressione delle professioni liberali, correndo i nostri tempi, si resta fuori dai processi decisionali.
COVID 19 ha definitivamente fatto emergere tutte le contraddizioni del rapporto di forza tra i soggetti in campo.
Nell’ambito del confronto tra i soggetti in campo, acquista un certo rilievo l’accusa rivolta agli avvocati di avere “inopinatamente richiesto un indiscriminato ampliamento del lavoro in presenza”.
In questo momento non interessa tanto la veridicità di tale affermazione, essendo noto invece che gli avvocati, difendendo milioni di cittadini, molti di questi sindacalizzati, chiedono la graduale normalizzazione della attività giurisdizionale, quanto, piuttosto l’idea che in controluce traspare da quella affermazione.
Con quella presa di posizione si vuole rivendicare il titolo di primario detentore del ruolo di erogatore del servizio giustizia, con ciò appropriandosi anche del ruolo e delle funzioni di “corpo intermedio” dell’avvocatura, che invece è essenziale per lo svolgimento di tutta la funzione giurisdizionale a pari titolo di tutti gli altri soggetti coinvolti, peraltro ignorando che non sono pochi i pubblici dipendenti che chiedono a gran voce di voler rientrare in servizio presso i propri uffici (al netto di tutte le cautele si intende).
Sicché avviene che al cospetto della crisi sanitaria ed economica provocata da COVID 19 si tende ad ascoltare meno le ragioni dell’altro.
E nel mentre tutto il resto del mondo del lavoro in ogni settore, riparte con intelligenza e con la dovuta cautela, il mondo della giustizia rimane al palo sacrificando i diritti e gli interessi di milioni di cittadini.
In questo senso vanno giudicati positivamente tutti gli sforzi che l’associazionismo della avvocatura, al netto della legittima dialettica interna ad esse, sta ponendo in essere per rappresentare le difficoltà emerse alla ricerca, non solo di adeguate soluzioni, ma anche perché sia ribadito il principio di diritto di forza rappresentativa paritaria all’interno del sistema giustizia.
Mesagne 13 giugno 2020