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La lettera chiusa del giovane Werther – di Giorgio Sbocca

da Cosimo Saracino
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wertherRiceviamo e pubblichiamo: Se si trattasse di una questione romantica – se si maneggiassero, cioè, sentimenti o ardori – la si potrebbe intitolare: “I dolori del giovane Werther”, eroe goethiano che, ahinoi, finisce prematuramente i suoi giorni dopo una insostenibile agonia.

Ma qui sembrerebbe invece avere a che fare con una questione sintomatica e quindi indicativa di uno stato di malessere o malattia. Certamente con le due opzioni non mutuabili perchè, nel primo caso, la condizione potrebbe essere più agevolmente superabile; nell’altro, occorrerebbe convocare un medico, seguire una terapia ed infine confidare nel buon Dio.

Ad intrigare la riflessione è la lettera che il segretario del PD mesagnese Francesco Rogoli destina pubblicamente al presidente della regione Puglia Michele Emiliano, già segretario del medesimo sodalizio. Ciò nel giorno in cui il governatore si reca a Mesagne per la prima ed unica iniziativa in provincia di Brindisi sul tema della costituzione repubblicana, occasione organizzata dall’associazione culturale InOfficina per un dialogo con il deputato Toni Matarrelli.

L’epistola non ha nulla di natalizio, pur trovandoci a poche settimane dal 25 dicembre, pur essendo il Rogoli giovanissimo e spesso stilosamente imberbe, pur Emiliano richiamando per fattezze e  bonomia lo stesso Santa Claus. Anzi, a leggere tra le righe, si riscontra una sequenza di toni sferzanti, di asserzioni perentorie ma anche di ammiccamenti ed allusioni, più propria di una lezioncina morale pronunciata a mezza bocca che di un confronto politico. Scrive in buona sostanza Rogoli (e con lui, si presume, il partito intero, pressochè interamente schierato sulle renzianissime posizioni del SI’ al referendum costituzionale): «Sei l’esponente democratico pugliese più in vista e ti schieri, anzi fai propaganda subdolamente per il NO? Addirittura in combutta con un dichiarato nemico del PD quale Matarrelli? Questo non è un modo serio di stare in un partito». L’ultima frase, quella sulla patente di serietà di cui Emiliano non godrebbe, è una citazione let-te-ra-le.

Non intendo qui speculare sul circolo democratico mesagnese che si rivolta, con la virulenza ma anche con le dimensioni effettive di un microrganismo, contro una figura imponente quale quella di Michele Emiliano. Né mi interessa capirne tattiche e strategie, ammesso che ce ne siano. Non mi chiedo neppure – e qui chiudo con le cattiverie – come mai una comunità politica da sempre tanto geneticamente dalemiana abbia scelto di convertirsi in massa sulla via di Matteo Renzi, chissà proprio quando forse Renzi rischia di andar via.

Quello che mi importava segnalare era un particolare aspetto del metodo, di quando il metodo (che è strumento formale) si fa sostanza. Perchè quella lettera aperta è in realtà l’autodenuncia di un limite, è il paradosso di chi, scrivendo urbi et orbi, chiude invece tutte le porte alla risposta, è nei fatti una lettera chiusa. E come insegna la storia, una lettera chiusa rischia pericolosamente di diventare lettera morta, allo stesso modo dell’SOS drammaticamente lanciato dal naufrago.

Giorgio Sbocca

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