Non nascondiamoci dietro ad un dito, il voto del 4 marzo è stato chiaro: Movimento 5 Stelle e Lega hanno stravinto le elezioni ed insieme si sono unite per dar vita al cd. “Governo del cambiamento”.
Un nostro concittadino, tale Gianluca Aresta, nonostante 15 voti nelle primarie online del suo movimento, ha avuto la fortuna di cavalcare il malcontento che ha travolto i partiti tradizionalmente intesi e per sua fortuna si è ritrovato parlamentare pur non avendo mai fatto politica attiva, se non brevemente presso il locale Partito Democratico.
Capiamo e comprendiamo che nella logica dei pentastellati il non aver fatto politica sia un merito: condivisibile o no vi è la loro convinzione che il cittadino medio con le sue competenze possa far meglio del politico di professione.
Nei 5 anni all’opposizione la compagine grillina ha ben spiegato questo concetto.
Ora però si tratta di governare.
Il dizionario Treccani definisce l’attività del governare come “Manovrare un bastimento per dirigerlo secondo la rotta prestabilita, mediante l’impiego del timone”: bisogna quindi mettersi al timone e portare la nave in un porto sicuro.
L’elezione garantisce proprio questo, poter affrontare i problemi senza trovare porte chiuse e possibilmente risolverli: queste sono le prerogative parlamentari riconosciute dalla nostra costituzione.
Detto concetto non sembra essere chiaro ad Aresta purtroppo; anzi se stimolato in tal senso, spesso si mostra stizzito, quasi fosse una ingerenza. E francamente è difficile comprendere come uno che si dichiara al servizio dei cittadini, poi non voglia recepire dette istanze.
Saremo peccatori e cattivi Cristiani, ma non capiamo il senso di presentarsi munito di telecamera presso l’Ospedale di Mesagne per ispezionare una Tac non funzionante, cacca di piccioni e freezer in funzione.
Manco fosse un Valerio Staffelli qualunque.
Certamente ne lui ne il suo partito hanno responsabilità in ordine al non funzionamento della TAC, sia chiaro!
Ma basta denunce al solo fine di cercare pubblicità, la campagna elettorale è finita.
Lui è il nostro rappresentante istituzionale a Roma, lui dovrebbe affrontare e risolvere il problema: i tempi delle denunce pubbliche andavano bene quando si era all’opposizione.
All’epoca lui non era un militante, essendo rimasto folgorato dalla Casaleggio Associati solo a 60 giorni dal voto, ma non può nelle vesti che ricopre comportarsi come un inviato di un tg satirico.
Peraltro, molto garbatamente, il sindaco Molfetta dopo avergli ricordato di essere lui la massima Autorità Sanitaria locale, nonché dopo averci informato che l’Aresta non ha mai ritenuto di farsi vedere a Palazzo Celestini per confrontarsi col Sindaco sui problemi di Mesagne, lo ha invitato al tavolo con chi di competenza per risolvere la questione.
E il Portavoce che fa? Dapprima sembrava pronto ad “occupare” in pianta stabile l’Ospedale, poi invitato a risolvere per davvero il problema declina l’invito perché il Governo riferirà in aula sui fatti di Genova.
Per chi fosse poco avvezzo alle procedure parlamentari, si tratta di star seduti ad ascoltare ciò che l’incaricato di Governo ha da dire sulle azioni da intraprendere in merito ad un determinato fatto: il crollo del ponte, per l’appunto.
I deputati, sul punto, ascolteranno senza poter nulla proporre o votare.
Per fare un esempio, il 20 luglio scorso, quando il Ministro Di Maio si presentò in Aula per riferire sull’ILVA i banchi di Montecitorio erano praticamente vuoti.
E allora ci chiediamo: visto l’aumento di tumori in zona e viste le lunghe attese per un esame specialistico, non era meglio rimanere a Mesagne e risolvere – finalmente – l’annosa questione della TAC comprata e mai fatta funzionare?
Perché diversamente viene il dubbio che di risolvere il problema non vi sia alcun interesse, ciò che basta è la propaganda ed il facile consenso che la denuncia di un disservizio comporta.
Ci faccia sapere sig. portavoce, perché a noi pare di essere su Candid Camera.