E’ una riflessione questa che prende spunto dalla recente contemporaneità; violenza in famiglia, guerre, terrorismo, Boko Haram, instabilità, un crescente conflitto umano che non sembra aver ancora raggiunto il proprio apice. La dignità umana di donne, uomini e bambini (troppi bambini) viene lesionata puntualmente ogni giorno e di questo siamo tutti responsabili. La domanda è: C’è un percorso che possiamo condividere, un paradigma comune che può aiutare l’umanità ad abbandonare i conflitti e porre fine alla negazione della dimensione umana?
L’empatia è uno strumento importante di autocontrollo e gestione delle emozioni che può fare la differenza nella società odierna. Un tessuto sociale in crisi profonda, un malessere emozionale generale (soprattutto tra i più giovani) caratterizzato da situazioni sempre più pericolose; abuso di droghe, crimini violenti, intolleranza… Alla radice di questo male sociale non sono le leggi inadeguate, i politici e cosi via. Una mancata educazione (in tutti i livelli della società) all’autocontrollo, a come gestire la propria rabbia, a come applicare l’empatia è ciò che ha contribuito ad un aumento di isolamento, ad essere sempre meno solidali e sempre più competitivi.
Le punizioni non danno risultati se all’individuo sociale non vengono insegnate le giuste modalità di interazione con gli altri attraverso una corretta conoscenza dei propri stati emotivi e dell’empatia. La chiave del cambiamento si trova nell’individuare nuove metodologie educative, che prendono in considerazione le trasformazioni sociali d’oggi, cambiando le vecchie materie, integrando delle nuove che non siano basate solo sui libri, ma sul contatto umano e quello con la natura. La razionalità, lo sviluppo intellettuale deve “camminare” fianco a fianco con la comunicazione empatica, lo sviluppo dell’intelligenza emotiva e sociale. Sperando in un futuro più sereno per le nuove generazioni, iniziamo tutti a coltivare l’empatia, quella che Goleman chiamava “l’abilità del cuore”.