Home Politica Liste attesa, Amati: “Pazienza finita. Porto pdl direttamente in Consiglio. Non c’è più tempo da perdere”

Liste attesa, Amati: “Pazienza finita. Porto pdl direttamente in Consiglio. Non c’è più tempo da perdere”

da Cosimo Saracino
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“La pazienza è finita. Porto direttamente in Consiglio regionale la proposta di legge per ridurre le liste d’attesa. Non c’è più tempo da perdere. E non c’è tempo da regalare a chiunque la voglia strumentalizzare per organizzare un sabotaggio, come peraltro capitò nella scorsa legislatura. La riduzione delle liste d’attesa è un problema complesso, con mille questioni, ma è una risposta disumana decidere di non affrontarne nemmeno una di tali questioni. Basta guardare le file di dolore al Cup per sentirsi sollecitati a provarle tutte, magari sbagliando, ma almeno con la tranquillità di averci provato.”

Lo comunica il Consigliere regionale Fabiano Amati, promotore e primo firmatario della proposta di legge contenente misure per ridurre le liste d’attesa in sanità.

“La proposta di legge agisce sul fronte della mancata esecuzione di norme regionali vigenti, sanzionando tale inadempimento con la decadenza dei DG delle Asl, e sul fronte del necessario equilibrio nei tempi, anche questo prescritto da leggi statali, su prestazioni istituzionali e a pagamento. La così detta ALPI ossia attività libero-professionale intramoenia.
L’ALPI è un’attività contrattuale che discende dalla legge, dal Piano di governo sulle liste d’attesa e dal CCNL. Questa può essere sospesa se i tempi d’attesa sono disallineati rispetto ai tempi dell’attività istituzionale.
L’ALPI è in stretta connessione con l’indennità di rapporto esclusivo, che i medici percepiscono come voce stipendiale e perciò hanno l’obbligo di lavorare in ALPI per un tempo non superiore a quello dedicato all’attività istituzionale.
Invece per i medici in extramoenia ossia coloro che svolgono l’attività a pagamento fuori dalle strutture sanitarie pubbliche, non è previsto il pagamento dell’indennità di esclusività ed è vietato dunque l’utilizzo delle strutture e delle attrezzature dell’azienda di appartenenza, per cui sono in pochissimi – e nessun direttore di unità operativa – a scegliere questo regime.
La norma proposta non dovrebbe generare alcun conflitto, salvo resistenze interessate, perché è la mera esecuzione di una disposizione statale a cui si offre la conseguenza automatica della sospensione, con la legge regionale, ove non dovesse essere rispettata. Ossia, quasi sempre.
Il medico in attività ordinaria svolge una serie di attività non identificabili in visite o prestazioni diagnostiche, quali attività di reparto, attività di sala operatoria, turni di guardia e di reperibilità, consulenze per altri reparti o strutture della stessa Azienda Sanitaria, ma il calcolo sul mancato allineamento si effettua comparando le prestazioni a parità di prestazioni, ore lavorate e personale impiegato. Non è dunque prevista una comparazione arbitraria.
La domanda sarebbe invece un’altra: come mai ci si ritrova con tempi d’attesa così diversi, rapidissimi per l’attività a pagamento e biblici per quella istituzionale, se il calcolo del disallinamento si riscontra con comparazioni omogenee? Come mai un’ora di ecografie per la propria azienda produce un minor numero di prestazioni rispetta alla stessa ora in attività libero-professionale?
Non possiamo accettare critiche prive di dati numerici, sapendo che tutti i documenti amministrativi sui volumi delle prestazioni in ALPI e istituzionali parlano di clamoroso inadempimento, peraltro confermato da tutti i DG delle Asl.
Infine: è vero che i medici italiani sono i peggio pagati d’Europa e che le scuole di specializzazione non formano in numeri utili per colmare la carenza di personale, ma su questo mi aspetto una presa di posizione del Governo e Parlamento nazionale, innalzando gli stipendi di medici e infermieri e riordinando il sistema universitario.
Ma nell’attesa delle auspicabili e nuove leggi statali non si possono chiudere gli occhi sulla sistematica violazione delle norme esistenti, perché sarebbe un espediente psicologico usato per non farsi interpellare dal dolore delle persone.”

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