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Lu mmilicchiu ti Santa Lucia – di Carmelo Colelli

(La piccola anfora di Santa Lucia)

da Cosimo Saracino
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“Ti Santa Lucia ‘ncurtesci la notti e llunghesci la dia” – Dal giorno di Santa Lucia s’accorcia la notte e si allunga il giorno.

Questo è un vecchio proverbio che recitava mia nonna la sera prima della festa di Santa Lucia mentre ci riscaldavamo vicino al braciere o direttamente vicino al focolare.

La nonna, quella sera, prima di andare a dormire andava nella sua camera da letto e tornava “cu llu mmilicchiu ti Santa Lucia” una piccola anfora con due manici piena di acqua, si bagnava, con l’acqua contenuta nel piccolo recipiente, il pollice destro, si faceva il segno della croce, si segnava la fronte e le palpebre e si avvicinava a tutti noi, ad ognuno, col pollice bagnato, faceva un segno di croce sulla fronte e sulle palpebre mentre noi tutti recitavamo l’Ave Maria, il Padre Nostro, il Gloria Padre e l’Eterno riposo, concludeva dicendo:

“Santa Lucia ‘nd’ ava ddari sempri ‘nna bbona vista” Santa Lucia ci deve proteggere sempre la vista.

Questo piccolo oggetto, in terracotta, era presente in molte case di Mesagne, veniva ritenuto sacro per il suo contenuto: l’acqua della fonte di Santa Lucia di Erchie, un paesino della provincia di Brindisi.

Era una nostra tradizione andare in pellegrinaggio, a piedi, nel mese di Maggio, a “San Cosumu alla Macchia” al Santuario di San Cosimo alla Macchia, una contrada Oria in provincia di Brindisi.

All’inizio del mese di Maggio ci si iniziava ad organizzare, si formava il gruppo dei partecipanti, in quei giorni era solito sentire, tra vicini di casa, questa espressione:

“Vuè nui a ma sciri a Santa Lucia e San Cosumu, all’appeti ama sciri, vuliti viniti puru vui cu nnui?”

“Ehi, noi dobbiamo andare in pellegrinaggio a piedi al santuario di Santa Lucia e San Cosimo, a piedi dobbiamo andare, volete venire anche voi con noi?”.

Il gruppo cresceva di giorno in giorno, solitamente si stabiliva di partire la sera prima dell’Ascensione verso mezzanotte.

Il percorso era sempre lo stesso, da Mesagne si andava a Torre Santa Susanna e da qui si raggiungeva, alle prime luci dell’alba, il Santuario di Santa Lucia ad Erchie, qui ci si congiungeva con gli altri gruppi che avevano fatto il percorso sui traini ed insieme si scendeva nel tempio della fonte.

Si narra che intorno al 15OO nella zona vi erano i monaci basiliani che vivevano in grotte, una di queste grotte l’avevano trasformata in cappella, l’avevano affrescata con immagini raffiguranti Santa Lucia, i signori del posto, ricchi feudatari, fecero dono ai monaci di un quadretto della Santa, questo quadretto fu perduto durante un’inondazione che investì anche la cappella basiliana, si persero le sue tracce.

Nel 1500 il quadretto della Santa fu ritrovato, da un vaccaro, vicino ai piedi di una mucca che beveva ad una piccola fonte, il vaccaro meravigliato corse a dire a tutto il paese del ritrovamento del quadretto e questo segno fu ritenuto, da tutta la popolazione, miracoloso.

Nel corso degli anni si diffuse, in tutti i paesi limitrofi, la voce dell’esistenza di questo luogo sacro, iniziarono i pellegrinaggi di fedeli verso Erchie e verso la fonte di Santa Lucia.

Gli Ercolani edificarono un tempio attorno alla fonte miracolosa, purtroppo nel 1819 il tempio crollò, ma fu subito ricostruito dagli Ercolani, esso si trova a circa 9 metri sotto il livello stradale, insieme alla ricostruzione del tempio venne realizzata la chiesa che lo sovrasta e questa fu inaugurata il 25 aprile 1865.

Negli anni passati, attorno alla chiesa si sistemavano i venditori di terracotta con i piatti, le anfore, le brocche e tra questi la piccola anfora “Lu mmilicchiu ti Santa Lucia”, i pellegrini compravano le piccole anfore, scendevano alla fonte, si bagnavano li occhi con l’acqua miracolosa e riempivano le varie anforette.

La sera si tornava in paese e il mattino dopo si andava a portare “Lu mmilicchiu ti santa Lucia” a parenti e amici che non avevano avuto la possibilità di partecipare al pellegrinaggio.

Auguri a tutte le Lucie. Carmelo Colelli

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