Si narra che Albert Einstein definì “follia” il ripetere alla nausea la stessa azione aspettandosi risultati diversi.
Tempo dopo, lo psicologo Leon Festinger teorizzò un particolare fenomeno
comportamentale chiamato “dissonanza cognitiva”, che descrive lo stato emotivo cui va incontro un individuo quando le sue credenze, le informazioni che riceve e le situazioni che vive, anziché concordare, contrastino funzionalmente tra loro. Per esempio, vedere un padre picchiare a sangue il figlio e affermare che “è per il suo bene”, o un allevatore accarezzare amorevolmente un vitello prima di macellarlo, o ancora un Primo ministro su cui pende un mandato di cattura internazionale per genocidio ripetere a nastro che “erano tutti terroristi”. Il disagio causato da queste
circostanze indurrà chi ne è testimone a recuperare l’equilibrio emotivo attraverso un meccanismo inconscio che produrrà risposte elusive, tipo “sarà senz’altro così” o “non può essere come sembra”. Cosicché, l’individuo finisce col prendersi per il culo da solo.
In questi giorni, siamo protagonisti attivi/passivi di ambo i fenomeni a proposito delle sorti della Siria. Da un lato manifestiamo la nostra follia non solo ritenendo ma anche solo sperando che l’aver buttato giù il regime di Assad e consegnato il Paese alle stesse formazioni terroristiche che lo hanno dissanguato, possa ora garantire un
futuro di pace e prosperità alla popolazione siriana. Quasi che i precedenti di Iraq e Libia raccontassero qualcosa di diverso dal disastro.
Dall’altro, abbiamo sperimentato tutti una certa dissonanza cognitiva ascoltando il leader dei cosiddetti “ribelli” siriani, Muhammad al-Juwlani, dichiarare: “il Mondo non ha più nulla da temere dalla Siria”. Per intenderci, al termine dell’ultraventennale lotta al terrorismo islamico di Al- Qaeda lanciata all’indomani dell’11 Settembre e nella quale si inseriscono i passati
tredici anni di barbarie in Siria, straziata da milizie jihadiste che scorrazzando in lungo e in largo hanno terrorizzato il mondo con esecuzioni sommarie e decapitazioni in strada, ora sbuca fuori il leader della principale tra queste organizzazioni e invita l’umanità a stare tranquilla giacché adesso il Paese è nelle loro mani.
Se non fosse che siamo governati da banditi più banditi di quelli che chiamiamo banditi, ne saremmo venuti a capo con niente. Sarebbe bastato fare mente locale per un attimo, raccogliere le idee e replicare, idealmente, a questo Che Guevara in salsa jihadista: “Ciccio, ma se da queste parti c’erano timori per la Siria il problema eravate proprio
tu e i tuoi scagnozzi”. Fine della storia.
Sarebbe bastato questo, appunto. Tuttavia, dato che in Italia abbiamo un sistema mediatico che non fa informazione ma propaganda, e per Ministro degli Esteri (in rappresentanza di tutto l’arco parlamentare, sia chiaro) un demente che dopo sessantamila morti e una terra devastata, ha ancora la spudoratezza di dire che “Israele ha diritto a difendersi”, e che “Si, un gruppo armato è entrato nell’ambasciata
italiana a Damasco (territorio inviolabile), ha “solo” portato via (rubato) tre vicoli, ma non c’è stata alcuna violenza contro il nostro personale che adesso è al sicuro e continua a lavorare da remoto (ergo, è stato cacciato via)”, lui e tutta la combriccola al soldo di Washington
sono riusciti a risolvere questa gigantesca dissonanza cognitiva raccontando ai loro connazionali (cioè noi) che, in fondo, questi “ribelli” non sono malaccio. Il ragazzo è un tantino acerbo, ma che fai, un po’ di fiducia non vuoi dargliela? Per l’occasione, sul Tg3 Damasco è apparsa diversa, finalmente luminosa, con un bel cielo terso e tanti, tantissimi piccioni volare alti su un minareto, che… a San Marco, scansete! Non quel grigiore che c’era con Assad.
Dunque, ventiquattro anni di monito sul pericolo jihadista, antisemita e sul
terrorismo islamico trascorsi bombardando popolazioni, occupando Stati sovrani e rovesciando governi in nome della libertà e della lotta al fondamentalismo islamico, si chiudono con la caduta di un regime laico, la distruzione fisica di un Paese e la sua
conquista per mano di fondamentalisti islamici che a confronto i talebani paiono chierichetti. Eppure, qui non si batte ciglio e a Tel Aviv si sfregano le mani. Troppo impertinente ritenere che “forse” qualcosa non torni? Chiedo per un amico.
Luca Debenedettis
Comitato di solidarietà col popolo Palestinese – Brindisi