“Io avevo creduto davvero nel progetto messo in piedi da Liberi e Uguali. La legge elettorale con cui si voterà alle politiche del 4 marzo, però, è stata una sorta di cartina di tornasole un po’ per tutti i partiti e, mi duole dirlo, soprattutto per LeU. Proprio noi, per la storia che ciascuna componente aveva alle sue spalle e per i propositi sbandierati, avremmo dovuto dimostrare comportamenti radicalmente differenti dagli altri. Si è invece consumata una vicenda politicamente ed eticamente assai peggiore di quanto accaduto altrove, che ha avuto come solo esito quello di produrre un arretramento delle istanze della sinistra. Quindi un danno gravissimo. Alcuni punti in particolare mi sembrano saltare agli occhi.
Molti nostri dirigenti, che avevano duramente contrastato il Rosatellum, lo hanno alla fine cavalcato ruffianamente, utilizzandolo a giovamento di se stessi e dei propri stretti sodali; la qualità misurabile (presenza in aula, attività parlamentari) dei deputati uscenti non è stata tenuta in alcuna considerazione; il ricorso alle pluricandidature, che pure era stato fino a ieri stigmatizzato, ha assunto proporzioni orgiastiche; gli annunciati processi partecipati dal basso sono stati da subito relegati a foglia di fico.
Credo che le nostre liste, compilate sulla base di tali incongruenze, abbiano allora mandato un segnale fortemente negativo all’elettorato potenziale: perché, enunciando certe battaglie di principio e poi offrendo il peggiore degli spettacoli possibile, è come se avessimo abusato dell’intelligenza dei cittadini intenzionati a votarci.
Io avevo a suo tempo, prima di aderire a questo progetto, parlato direttamente con D’Alema che rappresenta un’altra storia politica rispetto alla mia ma che pure avevo trovato convincente. Ancora adesso voglio pensare che non mi abbia voluto mentire, soprattutto quando aveva argomentato di giusto equilibrio nella rappresentanza dei territori, di primarie per la selezione delle candidature. Se quelle idee non sono passate al momento della composizione delle liste è perché in qualche modo anche lui, probabilmente, è stato vittima: certamente dei suoi luogotenenti spregiudicati.
Ciò che è accaduto con la composizione delle liste di LeU ha letteralmente dell’inverosimile, per la quantità e la qualità di episodi eclatanti verificatisi su e giù per l’Italia. Qualche esempio, per segnalare il livello di bassezza a cui si è giunti. In Calabria Nico Stumpo, dirigente nazionale di Mdp, di origini calabresi, contravvenendo alla premessa formale per cui i diretti interessati non avrebbero partecipato alla stesura delle liste, ha autodeterminato il proprio destino decidendo di candidare se stesso come capolista (per un seggio sicuro) in entrambi i collegi calabresi. Mandando un messaggio univoco e certamente padronale: sono io che decido e quindi decido di non rischiare neppure un po’. A catena, la deputata uscente Celeste Costantino, calabrese anch’ella, evidentemente meritevole anch’ella di certezze, è stata catapultata in un collegio abruzzese. Se si considera che l’Abruzzo è suddiviso in due collegi e l’altro è stato occupato da un molisano, si capisce bene come i cittadini di quella regione saranno privati del diritto ad essere rappresentati da un loro conterraneo che, in questo caso, sarebbe potuto essere tranquillamente l’uscente Gianni Melilla, stimato per il gran lavoro fatto nella passata legislatura.
Io insisto anche sull’esempio della Puglia, perché ha un valore simbolico di grande rilievo. Da noi, l’uomo più vicino a D’Alema, Ernesto Abaterusso, coordinatore regionale e capogruppo alla Regione di MDP, colui che ha trattato direttamente con Roma facendosi portavoce dei territori, ha sostituito all’ultimo minuto nel collegio di Lecce l’ex segretario provinciale del Pd Piconese, passato con Mdp, (che era in posizione eleggibile) per piazzare il suo proprio figlio, peraltro sindaco di Patu’. Per renderlo esplicito: chi aveva il compito e la responsabilità di fare da garante per l’intera regione ha garantito il suo più stretto parente. Nessuno, ripeto: nessuno potrà smentirmi, poiché io posseggo le fotocopie dei documenti che attestano questo imbarazzante scempio. E non posso continuare senza citare il caso del medico lampedusano Pietro Bartolo, costretto a candidarsi in una regione del nord Italia, lontano dunque dai luoghi in cui ha operato raccogliendo unanimi consensi, il quale, per decoro e dignità, ha preferito rinunciare a diventare parlamentare.
Tutto questo sfacelo ha determinato un ulteriore effetto negativo e cioè il largo disimpegno di molti tra coloro che avevano messo a disposizione la propria candidatura nei collegi uninominali (per mero spirito di servizio, quindi), con il risultato netto di un vistoso indebolimento delle nostre liste nella parte maggioritaria.
Di che cosa stiamo parlando quindi, se non del sacrificio vero e proprio di un progetto politico in nome della talvolta famelica (secondo la appropriata definizione di Peppino Caldarola) collocazione di burocrati o professionisti della politica, più spesso ignari o noncuranti dei territori in cui sono stati candidati? Possibile che non si capisca come la credibilità sia fatta da buoni esempi, di coerenza tra parole e fatti, tra annunci e buone prassi, soprattutto a sinistra? Personalmente continuerò a votare secondo le mie convinzioni, sperando che cambi questa classe dirigente inappropriata e priva di senso di responsabilità..” Toni Matarrelli