La faccio breve: rinuncio a candidarmi alle prossime elezioni politiche.
Ho deciso di lasciare dopo attente valutazioni che investono il significato che per me ha l’impegno politico, ma anche per il rispetto che devo alle tante persone che credono in me.
L’esperienza di questi cinque anni da parlamentare è stata entusiasmante perché, pur dall’opposizione, ho avuto modo di incidere anche se in minima parte sui meccanismi che lo Stato mette in atto per regolare la vita dei suoicittadini, a mio avviso in ogni momento sforzandomi di onorare il mandato ricevuto.
I miei ultimi vent’anni di attività sociale, politica ed istituzionale sono stati lusinghieri. Perché, facendone un bilancio, posso affermare di aver operato onestamente per realizzare i principi di sussidiarietà e solidarietà tanto cari alla mia cultura politica.
Se guardo quindi a ciò che è trascorso, non ho rimpianti, né amarezze. Forse guardando a ciò che sta accadendo, qualche amarezza potrei averla. Perché, pur avendone viste tante, ci sono aspetti della politica (ma vorrei dire: degenerazioni) che riescono a scandalizzarmi, quando non a sconcertarmi. E mi riferisco, ma non mi interessa approfondirlo ora, ad una gestione delle candidature irridente non tanto nei confronti dei soggetti candidabili, quanto verso l’elettorato, ancora una volta scippato di una reale possibilità di scelta. Ma va bene così, accade anche questo.
Non mi candido, ma ciò non significa che abbandono il campo. Non potrei, per la passione civile, per la voglia di ribaltare le ingiustizie sociali e ristabilire un po’ di uguaglianza che, credo, mi hanno contraddistinto e per cui certamente ho lottato.
Intanto, non perdiamoci di vista.