Home Attualità Meglio fedeli o leali? – di Carmelo Molfetta

Meglio fedeli o leali? – di Carmelo Molfetta

da Cosimo Saracino
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carmelo molfetta avv-2Nel rispetto della vulgata che vuole l’Italia in perenne campagna elettorale si vuole ricordare che domenica prossima oltre mille città italiane rinnoveranno il loro consiglio comunale.

La dimensione della competizione elettorale a carattere amministrativo, nel contesto di grandi problematiche mondiali, prime tra tutte il terrorismo, hanno relegato questo evento ai margini del dibattito politico nazionale attualmente incentrato sulla legge elettorale con la quale si giocano i destini tanti soggetti politici. Eppure spigolando tra le notizie che circolano si possono trarre interessanti spunti di riflessione. Si vota a Parma dove il movimento 5 Stelle, che si presenta con il proprio candidato, si misura con la ricandidatura di Pizzarotto primo eretico del movimento, messo in castigo da Grillo&Associati. Si vota a Palermo dove le vicende delle firme ritenute false raccolte per la presentazione delle liste avvelena il dibattito ed oscura l’orizzonte politico del movimento 5 Stelle. L’interessamento della magistratura su questa vicenda, come in altri casi analoghi anche molto vicini a noi pur riferiti ad altri soggetti politici, nulla aggiunge e nulla toglie ad un processo di deleteria normalizzazione del movimento.

Si vota a Genova dove sempre il movimento 5 Stelle, sconfessando l’esito delle consultazioni in rete sulla candidatura del sindaco, ha definitivamente mostrato il suo carattere partitico della peggiore accezione corrente, imponendo –per fede- il candidato scelto dal leader del movimento.

Singolare la vicenda de L’Aquila dove, leggo sul blog  “Il Capoluogo d’Abruzzo”,  Articolo Uno Democratici e Progressisti si presenta con il proprio simbolo in coalizione, tra gli altri, con il Partito Democratico a sostegno del candidato del Centro Sinistra.” Troppo presto e troppo poco per dire che si è esaurita la spinta propulsiva ma abbastanza sintomatica per quello che potrà accadere in un futuro non molto lontano: pena la sopravvivenza politica.

Per il centrodestra le scelte sono tutte motivate dalla considerazione, secondo il verbo berlusconiano, che uniti si vince; d’altra parte hanno tutti presente gli esiti della campagna elettorale del 2012 sostenuta da Bossi per la Lega che lanciò la tenzone elettorale “meglio soli” con gli esiti noti a tutti.

Insomma con un occhio a quanto accade nel mondo e un altro rivolto ai fatti di casa nostra ce n’è abbastanza per riflettere.

Nei comuni il sistema maggioritario pare funzionare (a parte il fenomeno dell’anatra zoppa)  mentre stenta ad  affermarsi anche a livello politico.

I motivi possono essere tanti, ma una certa inconsistenza della qualità del quadro politico ci mette del proprio: due leggi elettorali bocciate dalla Corte Costituzionale la dicono lunga sulla qualità del quadro politico che ci governa.

E qui il tema delle riforme istituzionali riprende il pallino della discussione.

Si è detto che se ne discute da oltre trenta anni; è anche vero, però, che durante tutto questo tempo la discussione mai ha toccato la partecipazione diffusa: come in un club esclusivo se ne è discusso sempre a porte chiuse tra gli addetti.

Non si spiegherebbe, infatti, il motivo per il quale il deliberato legislativo sia poi stato bocciato, per ben due volte di seguito, sonoramente dal corpo elettorale chiamato alla conferma: lo scollegamento tra forze politiche deliberanti e corpo elettorale è palese e clamorosamente evidente.

La motivazione della sentenza n.1/2014 della Corte Costituzionale, quella che bocciò il Porcellum, infatti, mostrava evidenti caratteri antipartitici, in sintonia con larga parte dell’opinione pubblica, avendo sposato in pieno il principio costituzionale della rappresentanza e del rapporto, potremmo dire osmotico, tra eletto e rappresentato: sanzionando di incostituzionalità tutto ciò che la legge elettorale prevedeva in contrasto con tale principio.

Ma, mi chiedo, ma la domanda dovrebbe porsela il sistema politico, come si partecipa ad un dibattito diffuso sul tema delle riforme istituzionali?

E, soprattutto, come si partecipa a questo dibattito nell’alveo del percorso segnato dalla Costituzione?

Un aiuto sovviene dalla sentenza n. 35 /2017 della Corte Costituzionale, quella che ha bocciato l’Italicum.

Gli studiosi intravedono nella motivazione di questa sentenza una riscoperta del ruolo dei partiti ed una rilegittimazione della rappresentanza politica.

Ove si consideri, infatti, il consolidato principio –di recente ricordato anche da Napolitano – secondo il quale la Corte Costituzionale dichiara la incostituzionalità delle norme e non la loro costituzionalità, volendo con ciò sottolineare il ruolo primario del legislatore parlamentare che è tenuto a legiferare mediante lettura costituzionalmente orientata delle norme, appare in tutta evidenza il tentativo di voler superare la retorica antipolitica e ancor di più quella antipartitica.

Sul punto, a proposito dei candidati capilista, testualmente, la Corte statuisce “ Né è irrilevante nella complessiva valutazione di una siffatta disciplina, la circostanza che la selezione e la presentazione delle candidature,,,nonché come nel caso di specie l’indicazione dei capilista, è anche espressione della posizione assegnata ai partiti politici dall’art. 49 della Cost…. “

Sono i partiti politici dunque la chiave di volta che consentono di garantire la partecipazione dei cittadini a un dibattito di questa rilevanza.

Sui livelli essenziali della democrazia interna ai partiti, poi è altro discorso; e alla invocata fedeltà al capo foriera del pensiero unico, io preferisco la lealtà e la libertà del pensiero critico.  

Mesagne 3 giugno 2017

Carmelo Molfetta

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