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(di Carlo Ferraro, consigliere comunale) – Prima che tutto si compia (che la nostra città diventi o meno una capitale culturale), converrà stabilire alcuni punti fermi sull’operato dell’attuale amministrazione in questa vicenda, dato che dopo, presi dall’euforia o dallo sconforto, i fatti saranno in qualche modo, inevitabilmente, deformati.
Abbiamo avuto, nella prima metà di questa consigliatura, un’amministrazione totalmente divisiva: è ancora fresca la memoria della guerra portata sui social dai vari troll contro chiunque osasse criticare l’operato della nuova Giunta. Poi, d’un tratto, abbiamo assistito a qualcosa di inaspettato: l’Amministrazione più divisiva degli ultimi vent’anni ha chiesto l’aiuto ed il sostegno di tutti i cittadini indistintamente, per mettere a punto un progetto che portasse in città l’ambìto titolo di capitale della cultura.
Ma questo non può farci dimenticare la vera indole del governo attuale, sempre pronto a rintuzzare qualsiasi critica, anche se, alla bisogna, veste i panni del governo buono che ascolta i cittadini.
Con questa operazione si sono raggiunti diversi risultati (a prescindere dalla vittoria o meno): il giudizio sull’operato dell’Amministrazione viene continuamente spostato in avanti grazie a questa politica-spritz fatta di annunci e mirabilia: ormai è chiaro che a fine mandato molte questioni rimarranno aperte, incompiute, rendendo necessari dei tempi supplementari che i cittadini concederanno volentieri, visto il radioso futuro che si prospetta loro.
Si è portata una città tutta a sognare, e non è cosa da poco: un’operazione difficile da condurre, dal momento che l’idea non è nata spontaneamente dalle associazioni o da gruppi di cittadini, bensì frutto di un “innesto” operato dall’alto, ma che deve la sua forza proprio al fatto di essere un sogno, sebbene insinuato da altri. Una sorta di “captatio benevolentia” molto raffinata, col ricattatorio sottotesto: “stiamo lavorando per voi”, quantunque nessuno abbia chiesto di intraprendere questa impresa.
Ma chi non aderirebbe alla grande avventura di sognare la propria città capitale culturale?
Attenzione: qui non si parla di Cultura, bensì di capitale culturale, in base ad un progetto proposto e non a qualità intrinseche che potrebbero anche non esserci.
Infatti su questo punto molti cittadini si sono dimostrati estremamente scettici: “ma a Mesagne, dov’è la Cultura?”
C’è chi ha pensato, legittimamente, che per essere capitale culturale bisognerebbe perlomeno avere delle solide basi nel campo, ma c’è anche chi pensa, come abbiamo visto, che sia culturale anche il solo progettarne il futuro. Un altro slittamento in avanti…
Inoltre la narrazione di una città redentasi dal cappio della Scu non coincide con i dati forniti dal Ministero degli Interni, che vede la nostra cittadina tra i primi posti in Italia per il rischio di infiltrazioni criminali; sono aumentati i sequestri di marijuana fatta in casa, un piccolo business casalingo favorito proprio dal successo estivo di Mesagne, che l’ha trasformata in una delle principali piazze di spaccio. Per non parlare delle tante attività fiorenti la cui prosperità è difficile da spiegare. È evidente che non basta rimuovere un cartello per sconfiggere la criminalità, dato che questa c’era prima in forme violente e c’è tuttora in forme più nascoste, così come è successo su tutto il territorio nazionale. E proporre la narrazione semplicistica di un presunto riscatto da questa può risultare molto pericoloso perché distoglie l’attenzione dalla realtà e mina la tenuta civile di una comunità.
Piccoli slittamenti semantici dei fatti, che spostano le cose dalla concretezza reale alla loro mera rappresentazione.
Come abbiamo avuto modo di vedere con i cosiddetti “tavoli di partecipazione”; pur affermando di avere già ben 75 proposte da parte dei cittadini e delle associazioni, (che nessuno ha avuto modo di visionare), sono stati chiamati all’appello in tanti a collaborare alla rifinitura del progetto, ammettendo che il progetto era in larga parte già delineato. Ma questa non è partecipazione; piuttosto possiamo parlare di rappresentazione della partecipazione.
Ed infine il Progetto, questo “sancta santorum” che non può essere mostrato a nessuno, ma che viene svelato a poco a poco, come in una accorta campagna pubblicitaria; in questo modo l’amministrazione tiene sospeso il giudizio della cittadinanza fino a marzo, e nel frattempo si sogna.
È la politica del terzo millennio, a quanto pare, fatta più di proclami che di fatti concreti, e che sembra dare i suoi frutti in questo nuovo mondo-punto-zero dove la realtà conta meno della finzione.
Sempre riguardo alla partecipazione: c’è qualcuno che pensa davvero che le idee presentate dai cittadini fossero sostanziali per il progetto dell’amministrazione? Davvero si pensa che un progetto, per di più un grande progetto culturale, innovativo e di ampio respiro, possa essere concepito da chi progettista non è?
Il progetto c’è, ci deve essere prima di ogni inizio, e deve essere elaborato da gente competente, come avviene in tutti i campi.
Poi, certo, “sarà tre volte Natale e festa tutto l’anno”, e a questa festa può partecipare chiunque.
Carlo Ferraro