(di Giuseppe Florio) – Un frastuono ai limiti della sopportabilità umana rimbomba nella palestra della scuola elementare intestata al giudice Falcone: è il Natale della Mens Sana Mesagne. Anzi, più propriamente, della larga nidiata del minibasket di questa longeva società di pallacanestro: pulcini, scoiattoli e libellule, aquilotti e gazzelle, esordienti e under 13 e cioè bambini e ragazzini, bambine e ragazzine dissimulati sotto categorie zoologiche, nati tra il 2011 e il 2019 e radunati per gli auguri.
La festa, sugli spalti genitori compiaciuti, è solo una scusa: per mescolarli, invitarli a mescolarsi, farsi amalgama. Perché la stessa società sportiva è un alibi, quasi una montatura: per creare comunità. Gianfranco Mellone, una vistosa somiglianza con il compianto Gigi Proietti, non ha seminato la medesima simpatia del monumentale istrione, perlomeno con tutti coloro che non sopportano la schiettezza o la mancanza di diplomazia. Eppure, è difficile non volergli bene, almeno oggi che è a qualche passo dai 70 (per onor di cronaca: sono 67) e che ha seminato per tutta la vita progetti e prassi di inclusione e gratuità: in sintesi, democrazia. Proprio nel senso radicale dell’equità sociale.
La sua nidiata, questa colorata ipercinetica rumorosa piccola comunità di mocciosi, è esattamente un modello di democrazia che andrebbe preso ad esempio: sono annullate le differenze. Non si distinguono i bassi dagli alti, i ricchi dai poveri, i fortunati dagli svantaggiati, le magliette ufficiali da quelle tarocche: i microatleti sono tutti uguali, sono bellissimi, portano gioia in egual misura, sia quando vanno a spasso con la palla a spicchi tra le mani, infischiandosene dei fondamentali, sia quando si slanciano in un terzo tempo plastico.
Mellone è un presidente-sistema, un presidente-manifesto, tanto che la società è proprio fatta a sua immagine e somiglianza, per un programma che è un po’ di destra e un po’ di sinistra, ma nel giusto mix e quindi ordine e disciplina, sì, ma anche passione e sregolatezza. Da quest’anno il nuovo coach, Antonio Monaco, porta valore aggiunto, con buona pace dei genitori più esigenti che proiettano già in figli in un campionato NBA. Antonio – che un’altra società si è fatto inspiegabilmente sfuggire – è autorevole come può esserlo un padre e bonario come sa esserlo un padre, è un professionista competente come pochi nella provincia e poi, coi giovanissimi, ci sa fare davvero.
Così, gli auguri di Natale si trasformano in un bailamme dai sapori autentici e dai pandorini distribuiti a iosa, anche se il Babbo Natale di turno è improbabile, anche se la maggior parte dei ragazzini presenti ha smesso di crederci da un po’, perché comunque vale la pena crederci, credere in questa festa che è la migliore allegoria dello sport.