Nel 2022 fu don Luigi Ciotti a definire così la nostra città, in occasione di un convegno organizzato presso l’auditorium del Castello Normanno Svevo di Mesagne, nell’ambito delle iniziative promosse dalla Questura di Brindisi e dal locale Commissariato di Pubblica Sicurezza, in collaborazione con l’Amministrazione comunale, per celebrare il trentennale dell’istituzione del Commissariato di Polizia di Stato di Mesagne.
Questo è un marchio ancora più importante di quello di prima capitale della cultura di Puglia, che trae origine proprio dal sacrificio e dal lavoro svolto in tanti anni da amministratori, cittadini, forze dell’ordine e magistratura, in ogni vicolo e in ogni strada di Mesagne.
Eppure, leggendo i quotidiani di questa mattina, sembra di tornare indietro nel tempo, agli inizi degli anni Duemila, quando la città usciva con dignità da una stagione segnata dalla violenza mafiosa e cercava, con fatica ma determinazione, di affrancarsi da quel sistema. Una fase in cui resisteva una difficile e insidiosa “zona grigia”, intesa come tessuto connettivo tra criminalità organizzata e una parte dell’imprenditoria locale.
Da allora è trascorso oltre un ventennio e, va ricordato con chiarezza, nessuna amministrazione comunale è stata colpita da avvisi di garanzia né sfiorata da sospetti di infiltrazione mafiosa. Un risultato di cui andare orgogliosi, probabilmente frutto di anticorpi civili cresciuti nel tempo nelle viscere di una società sana, sempre più ampia e consapevole, capace di fare argine a chi, ancora oggi, tenta di trovare spazio negli ingranaggi sani dell’azione pubblica.
Anticorpi formatisi negli anni più bui: quando si sparava in piazza, quando dipendenti di banca venivano sequestrati, quando si uccideva persino in ospedale. Anticorpi rafforzati grazie a politici illuminati e coraggiosi come Cosimo Faggiano, Damiano Franco, Mario Sconosciuto, Enzo Incalza, Franco Scoditti, Pompeo Molfetta e Toni Matarrelli. Uomini e amministrazioni integerrime, lontane anni luce da quel substrato sociale fatto di bisogno, ricatto e prevaricazione che qui non ha mai messo radici.
A questi anticorpi, negli ultimi anni, si sono aggiunti veri e propri integratori sociali: investimenti sulla cultura, sull’associazionismo, sulla solidarietà. Strumenti fondamentali per rafforzare il senso civico e la partecipazione e per rendere la comunità ancora più impermeabile a ogni tentativo di infiltrazione.
Oggi, leggendo i giornali, si intravede la bramosia di qualche affiliato che crede di poter incidere sugli atti amministrativi solo per il fatto di vantare conoscenze all’interno della macchina comunale. Un’illusione che ignora lo sbarramento netto e costante che la politica locale ha sempre opposto a questi tentativi.
Mesagne è luminosa come le sue chianche d’estate. Proprio per questo la “zona grigia” di chi si rivolge ai presunti boss di turno per ottenere protezione o risolvere problemi che potrebbero essere affrontati con il tempo e nella legalità deve essere fermata e debellata. Chi sceglie queste scorciatoie, prima o poi, ne paga le conseguenze. Deve saperlo. E deve accettarlo.
Per debellare questo incomprensibile atteggiamento occorre rinvigorire la rete e le azioni di sensibilizzazione, coinvolgendo ogni parte della popolazione sul vero valore della legalità. Aggiungere allo sforzo di amministratori e forze dell’ordine anche la vivacità delle associazioni culturali, del volontariato, della solidarietà e della Chiesa, come accadde alla fine degli anni Novanta, quando iniziò concretamente la rinascita di Mesagne.
