338
“Senza una regia nazionale c’è il rischio che il Piano sull’assistenza domiciliare si trasformi in un caos con le Regioni che procedono in ordine sparso, ciascuna con i suoi criteri di accreditamento delle strutture di assistenza. E il rischio di forme di speculazione, ovvero interventi per anziani che non ne hanno bisogno”. Così Giuseppe Milanese, presidente di OSA Operatori Sanitari Associati e Confcooperative Sanità, intervistato questa mattina dal quotidiano “La Verità” all’interno di uno speciale di due pagine sulla gravissima carenza di cure domiciliari.
Milanese, a che punto è l’utilizzo dei fondi del Pnrr per le cure domiciliari?
“Le Regioni avrebbero dovuto strutturare, entro agosto 2022, i percorsi di accreditamento per l’assistenza domiciliare. Cioè stabilire i requisiti che gli erogatori devono avere per accedere ai fondi, le tariffe per i professionisti e i percorsi rivolti ai cittadini per accedere a questo servizio. Si tratta di avviare un meccanismo per superare le gare d’appalto al ribasso e realizzare una rete di erogatori. Lombardia, Lazio e Sicilia hanno un processo in itinere. Lombardia è più avanti, sono stati individuati un centinaio di operatori tra i quali i cittadini possono scegliere. Il Lazio era partito bene nel 2017 e nel 2019 aveva iniziato un percorso di sperimentazione ma poi tutto si è arenato e le tariffe troppo basse non attirano i professionisti. La Sicilia è l’unica Regione del Sud che sta procedendo spedita. Nel resto del Paese siamo molto indietro. Poi bisognerebbe accorciare le procedure per accedere alle cure domiciliari, oggi ancora lunghe”.
A quale burocrazia si riferisce?
“Invece di passare dal medico di base che deve comunque prescrivere la cura domiciliare e poi dover andare alla Asl, l’anziano potrebbe rivolgersi alla farmacia più vicino. Basterebbe dotare i farmacisti di un portale da cui attivare le cure a casa. Guardare solo agli infermieri per l’assistenza domiciliare, vista la carenza di numeri che interessa la categoria, non ha senso. Tanto più che anche quanti oggi sono impiegati nelle cure a casa svolgono soprattutto funzione più di badante che di nursing”.
Il superamento delle gare e la sostituzione con il sistema dell’accreditamento non pone dei rischi sulla qualità dei servizi?
“Le gare d’appalto al massimo ribasso sono state un cancro del sistema per anni. Ora le aziende che possono essere cooperative come società di capitali, devono avere determinati requisiti per ottenere l’accreditamento. C’è semmai il rischio della solita babele italiana con criteri diversi tra le Regioni. Servirebbe una regia centrale che dà le regole per tutti. In assenza di questo coordinamento nazionale, c’è il rischio di fenomeni speculativi. Che si assistano le persone che non hanno un bisogno reale. Il problema riguarda tutto il Paese e va affrontato in modo univoco superando le differenze territoriali. L’intasamento delle strutture ospedaliere è sotto gli occhi di tutti ed ha costi elevati, circa 800-900 euro al giorno. Con la stessa cifra si potrebbero assistere quotidianamente 10 persone nella loro casa. Con 15-20 ore al mese di assistenza domiciliare potremmo rafforzare la rete dei servizi e creare 100mila nuovi posti di lavoro”.
E le case di comunità o della salute previste dal Pnrr, che ruolo hanno nell’assistenza agli anziani e non autosufficienti?
“Purtroppo rischiano di essere caserme senza soldati. C’è carenza di operatori sociosanitari specializzati, in grado di rispondere velocemente alle necessità. Il tema è di riorganizzare i servizi in un Paese che invecchia. I posti letto per anziani non autosufficienti nelle strutture residenziali o semiresidenziali sono meno di 300mila, circa un terzo rispetto alla Francia e un quarto di quelle della Germania”.