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Natale 2019 – gli auguri dell’Arciprete don Gianluca Carriero

da Cosimo Saracino
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Anche quest’anno ho deciso di realizzare, nella mia casa, in vista del prossimo Natale il presepe. È un’impresa a cui tengo tantissimo ma che mi richiede tanto tempo: oltre a preparare “una dimora” per la Santa Famiglia, Gesù Bambino Maria e Giuseppe, mi piace essere attento ai particolari; inoltre non di rado mi fermo a contemplare qualche personaggio e qualche angolino meglio riuscito che rendono vive le pagine di Vangelo studiate a scuola o pregate e che mi portano a compiere viaggi straordinari.

Mi piace guardare, quasi scrutare, soprattutto i pastori che lo popolano, i primi che, raggiunti dall’Angelo del Signore e avvolti dalla sua luce, vedono il Bambino di Betlemme

Ogni volta che li osservo, nel loro affaccendarsi, si fa pressante il ricordo che “i pastorelli” del nostro presepe, a causa della loro professione, non considerata nobile, sono degli esclusi, ai confini della vita civile e ai margini della società e della religione.

Ora, andando, con lo sguardo, sul fondo del presepe, raggiungo la grotta, preparata con il sughero e la cartaroccia, dove ho sistemato il fuoco e accanto ad esso un pastore, con le sue pecorelle, intento a scaldarsi.

Vado oltre, e con il pensiero, lo raggiungo, mi siedo accanto a lui e provo a parlargli.

Fa freddo e, con qualche domanda, attorno al fuoco allegro e vivace, cerco di capire il perché del suo starsene tutto solo. Con un po’di timidezza, mi fa comprendere che è ancora spaventato; loro, i pastori, non sono abituati ad avere a che fare con gli angeli!

Mi fa riflettere. Quando ci avviciniamo a Dio, al suo mondo, quello vero, si rimane sempre un po’ storditi, inquieti. C’è una gioia grande, sconosciuta e incontenibile, ma anche un senso di spavento per qualcosa che si pensava frutto di fantasia e di suggestione. E poi la novità sconcertante, incredibile: il Messia, il Salvatore è venuto per loro. L’angelo non è apparso al Sommo Sacerdote, ai maestri della Legge o ai farisei devoti. “Il miracolo dei miracoli è che Dio ama ciò che è umile. Dio non si vergogna della bassezza delle persone, Egli vi penetra al cuore, sceglie una persona come suo strumento e compie i suoi miracoli là dove meno ce li aspettiamo.”

Mi racconta anche che l’Angelo li ha rasserenati. Ed ora sente già che la Luce che li ha sorpresi li avvolge, e li guiderà sempre nelle loro scelte e nei loro passi. Mi sono accorto che, nonostante il tono di voce sommesso, il pastore parlandomi di quella Luce esprimeva una gioia grande.

Facciamo silenzio, attorno al fuoco. E ripenso al mio e al nostro desiderio di luce, di vita, di bellezza, di vitalità, di gioia piena, di speranza, e alle tante luci che, in questo periodo addobbano le nostre case, le nostre strade, le nostre chiese. Mi chiedo sempre, ogni anno, se quelle luci servono a comunicare gioia, anzi la gioia grande dell’incontro con Dio; a evidenziare, ai cercatori di gioia, luoghi dove la si può trovare; oppure solo a nascondere la nostra incapacità a gioire o la nostra rassegnazione a desiderare e impegnarci per un mondo luminoso e segnato dalla bellezza

Il mio amico pastore ha interrotto i miei pensieri e, senza che glielo chiedessi – questa volta con un tono di voce sicuro- mi ha parlato della sua esperienza e dei suoi amici presso la mangiatoia; il segno che l’Angelo aveva loro dato e dove il Salvatore li aspettava. È stato un gesto coraggioso mettersi in viaggio, durante la veglia di notte, con il gregge. Ma il desiderio di vedere era fortissimo. Accade sempre così; quando percepiamo qualcosa di grande, troviamo il tempo, ci muoviamo in fretta: “è il desiderio che ci muove, che ci mette le ali, che ci spinge.”

Il tono della voce si fa più squillante, quando mi dice che ad attenderli c’era un bambino in braccio alla giovanissima madre, stanca e provata e il papà, ancora titubante, che li accoglie. Raccontano cosa è accaduto, mentre vegliavano il gregge e poi si trovano, senza troppo pensarci, a rincuorare e dare fiducia a Maria e Giuseppe; loro che la gente reputa inaffidabili e rozzi.

Mi fa capire, con tutta la sua contentezza, che il suo cuore, e quello dei suoi amici, è cambiato; è cambiato il loro modo di vedere la realtà. Si sono sentiti non più pastori ma angeli. E se la vita rimane la stessa, per loro, destinatari e testimoni privilegiati dell’amore di Dio, c’è ormai un orizzonte pieno di luce e di speranza.

Si è fatto tardi. Lascio il mio amico pastorello, promettendogli che ritornerò a stare con lui vicino al fuoco; però la prossima volta voglio raccontargli del mio incontro con Gesù e dei luoghi dove scopro la sua presenza. Gli parlerò anche di tutte le situazioni di esclusione che interessano, nella nostra Città, i giovani, le famiglie senza una casa o con difficoltà lavorative, gli anziani e i bambini sempre più soli, gli immigrati, le ragazze vittime della prostituzione, quanti vivono il dramma delle dipendenze da droghe, da alcool, da gioco…  chissà che non siano loro, quest’anno, ad essere stati scelti da Dio ad annunciarci la venuta del Salvatore e il luogo dove lo troveremo.

Cari amici, non possiamo nascondere che le festività natalizie che ci apprestiamo a vivere, anzi in cui già siamo immersi, abbiano il potere di metterci nella condizione di  riascoltare i desideri e le aspirazioni più profonde che abitano nel nostro cuore e lo animano. E se ci scopriamo o sentiamo sconfitti, perdenti, battuti dalla vita abbiamo la gioia grande che Dio è nato per noi.

Faremo Natale, se, come i pastori, abbiamo il coraggio di riconoscere i nostri limiti e le ombre che agitano la nostra vita e di rimetterci in cammino alla ricerca di Dio che si manifesta nel quotidiano. E saremo uomini e donne di luce.

“Chi alla mangiatoia, depone finalmente ogni violenza ogni onore, ogni reputazione, ogni vanità ogni superbia, ogni ostinazione, chi sta dalla parte degli umili e lascia Dio solo essere grande, chi, nel bambino nella mangiatoia, vede la magnificenza di Dio proprio nell’umiliazione, costui festeggerà l’autentico Natale (Dietrich Bonhoeffer).

Con gioia grande, a tutti e a ciascuno, buon Natale.  

Don Gianluca Carriero – Arciprete

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