Riceviamo e pubblichiamo: “Se vogliamo che tutto rimanga come è, bisogna che tutto cambi”. Sembrerebbe sintetizzarsi nel passo del celebre romanzo di Giuseppe Tomasi di Lampedusa il senso della cosiddetta “rivoluzione copernicana” del Sindaco Molfetta e della sua maggioranza a proposito della macchina amministrativa . Sembrerebbe ma così non è, perché almeno a giudicare dalle prime mosse tutto lascia presagire che la prospettiva sia peggiorativa dell’attuale stato delle cose. Mentre si persegue l’obiettivo della semplificazione si genera maggiore confusione, quando si dovrebbe motivare il personale e farlo “marciare” all’unisono verso obiettivi comuni stabiliti dalla politica non si fa che aumentare il livello di conflittualità all’interno del personale e tra quest’ultimo e la parte politica, si vorrebbe traguardare la massima efficienza e la valorizzazione delle risorse umane e si procede scientemente ad una mortificazione di persone e competenze che, a differenza degli amministratori che sono di passaggio, resteranno al servizio del Comune.
In seguito alla delibera di Giunta n°170 del 14 luglio scorso il processo di riorganizzazione aveva subito un rallentamento al punto che si è resa necessaria una nuova riunione di Giunta, alla quale sembrerebbe abbiano partecipato, cosa tanto inedita quanto grave, i più alti in grado tra i rappresentati della maggioranza. Evidentemente gli impedimenti erano di natura squisitamente politica, nel senso più deteriore del termine, i quali nulla c’entrano con le competenze della Giunta in materia di personale. Si può allora concludere che la riorganizzazione risponde ad una sola logica che, in barba al nuovismo imperante, è quella antichissima della spartizione delle quote di potere e della “eliminazione” di coloro che non sono considerati funzionali ai piani della maggioranza o dei suoi principali protagonisti.
I problemi che c’erano, dei quali peraltro non si è mai discusso con valutazioni di merito prodotte dagli organismi deputati a farle, rimangono sul tavolo ed a questi se ne aggiungono di nuovi. E’ emblematico il caso dell’area tecnica che al momento è priva di un responsabile, mentre si alternano i nomi dati in pasto all’opinione pubblica e si ipotizzano diversi scenari. Un architetto e tre ingegneri, che in una pianta organica di un Comune delle dimensioni di Mesagne sono quasi un lusso, non sarebbero in grado di ricoprire quel ruolo, almeno stando alle valutazioni del Sindaco, o di chi sull’argomento gli impone le decisioni, che quindi intende rivolgersi a professionalità esterne. Questa scelta è davvero singolare per più di una ragione: anzitutto contraddice l’assunto secondo il quale bisognava dar seguito alla riorganizzazione della pianta organica per conseguire un risparmio, ma l’assunzione di tecnici esterni, seppure per un periodo di tempo determinato, comporterà un aggravio di spesa per il Comune e quindi per i cittadini; in secondo luogo viene da chiedersi come un Sindaco, o chi per lui, possano permettersi di esprimere valutazioni circa l’adeguatezza o meno di tecnici dalla comprovata professionalità, senza che in questi anni vi sia mai stata una valutazione dell’ OIV (organismo indipendente di valutazione) che confortasse questa tesi.
Passando dalle risorse umane alle funzioni il risultato non cambia, la confusione regna sovrana e la macchina amministrativa è di fatto bloccata. All’interno del settore urbanistico, e sotto un unico capo area, è stato inserito l’ufficio che rilascia le autorizzazioni paesaggistiche. Solo chi ignora la materia ha potuto concepire una simile soluzione senza tenere conto che sia la normativa nazionale (Codice Urbani il D.Lgs n. 42/2004), sia la normativa regionale (L.R. n. 20/2009), prevedono l’obbligo di differenziare le due attività. Chi rilascia il permesso di costruire, infatti, non può allo stesso tempo rilasciare l’autorizzazione paesaggistica. La differenziazione tra i due procedimenti, di cui quello paesaggistico è autonomo e propedeutico al rilascio del titolo edilizio abilitativo, è condizione necessaria affinché la Regione possa esercitare la delega in favore dei Comuni. Il Comune di Mesagne non a caso ha avuto la delega al rilascio delle autorizzazioni paesaggistiche quando aveva un organigramma che gli consentiva la separazione tra le due competenze. E adesso?
Questo è solo uno degli esempi di come anziché ad una “rivoluzione copernicana” si stia procedendo ad una involuzione che ci viene propagandata come atto di grande coraggio. Si potrebbe aggiungere la chiusura dello I.A.T. (ufficio informazioni e accoglienza turistica) mentre il Sindaco definisce il turismo e la promozione del territorio come assi portanti della sua politica di sviluppo economico; per non parlare del Museo che per la prima volta rimarrebbe privo di un responsabile rischiando di fare la fine della Pinacoteca.
L’assessore Librato, inoltre, sta seguendo la riorganizzazione logistica degli uffici, che non si capisce che impatto potrà avere, in termini di efficienza, sulla macchina amministrativa. E’ più chiaro invece come questa operazione stia dando vita a delle “Repubbliche autonome”. Palazzo Guarini, infatti, diventerebbe una sorta di casa dello spettacolo, a se stante e lontana da chi assumerà la responsabilità di tale servizio e dovrebbe anche esercitarne il controllo; Palazzo Piazzo diventerebbe la sede dell’ufficio dei servizi sociali prevedendo addirittura ( speriamo non sia vero ) di spostare l’archivio storico. Ovviamente non si tiene conto né della funzione alla quale assolvono gli uffici al momento ubicati a Palazzo Piazzo né dell’utenza e di chi opera in un ambito delicato come i servizi sociali. Quando nel corso della Giunta Scoditti qualcuno propose di spostare i servizi sociali nella ex scuola Marconi, dove doveva sorgere anche un centro diurno per minori, gli attuali innovatori della pianta organica intimarono che quel servizio dovesse restare a Palazzo Celestini. Oggi, forse per ragioni indicibili, serve dislocarlo lontano dal Comune.
A tutto ciò va aggiunto che durante l’ultima delegazione trattante una delle sigle sindacali ha abbandonato il tavolo annunciando una denuncia per condotta antisindacale. Se questa doveva essere la “rivoluzione copernicana” lasciare tutto come stava sarebbe stato comunque un buon risultato.
Partito Democratico – circolo di Mesagne.