Home Politica Per fortuna che Mesagne è lontana da Lasagne – di Giuseppe Florio

Per fortuna che Mesagne è lontana da Lasagne – di Giuseppe Florio

da Cosimo Saracino
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Brutto affare a Lasagne, dove il sindaco Molfeo Pompetta – ancora nel pieno del suo mandato amministrativo – congiura, complotta, manovra contro la propria maggioranza. Anzi: congiurerebbe, complotterebbe, manovrerebbe, a dar retta ai sempre più insistenti «rumours».
Negli scorsi mesi qualcosa si era rotto, nei delicati meccanismi (umani prima che politici, psicologici prima che pragmatici) che regolano le relazioni in una coalizione. Pompetta aveva fin dall’inizio della consiliatura mal sopportato il maggiorente Dino Trizzino, mantenendo con lui rapporti formali ma gelidi e finanche scostanti. Con l’altro portatore di voti, però, l’ex deputato Sonny Tamarrelli, era riuscito a conservare un rapporto non idilliaco ma tutto sommato proficuo. Finché aveva rotto anche con lui, temendo che costui – mancata la ricandidatura al Parlamento –ambisse ad entrare nel governo della città e gli facesse le scarpe a stretto giro di posta. Da qui, una sequenza di episodi privati in cui il primo cittadino aveva trinciato a briglia sciolta giudizi avversi a Tamarrelli e a Trizzino, poi la frattura anche formale dei rapporti con entrambi. Nulla di nuovo sotto al sole, si potrebbe pensare, la politica porta anche a queste derive.
Eppure, da allora, circolano voci concrete che riferiscono di un sindaco che starebbe provando a riorganizzare le fila di una sorta di esercito personale; che starebbe contattando quasi quotidianamente cittadini per proporre loro di «partecipare al suo prossimo progetto politico» (a due anni dalla fine del quinquennio!); che avrebbe radunato una sorta di accolita di rancorosi, pescando ad esempio tra gli assessori defenestrati e quindi carichi di risentimento, promuovendo «incontri segreti» (sic!) nel chiuso della propria abitazione. Con quale obiettivo, chiederebbe un politologo attonito? Con lo scopo plausibile di anticipare la fine della consiliatura, di ricandidarsi in solitaria, di pregiudicare quanto più possibile la propria maggioranza, ormai detestata senza appello. Se le indiscrezioni corrispondessero al vero, Lasagne sarebbe ormai guidata da un kamikaze politico, privo di qualunque reale possibilità di riguadagnare lo scranno più alto di Palazzo dei Celestini e più che altro ansioso di danneggiare l’ambiente e i personaggi circostanti, ieri sostenitori ed alleati, oggi avversari o nemici.
Per fortuna Mesagne è lontana da Lasagne e Pompeo Molfetta, a differenza di Molfeo Pompetta, è una persona seria: per dirla con Shakespeare, «an honorable man». Per la sua storia personale, per la sua biografia politica lunga quasi 30 anni, per la sua cultura e sensibilità, non tramerebbe mai contro chi lo ha fatto eleggere a sindaco e lo ha poi sostenuto lealmente, anche quando forse non sarebbe stato opportuno. Se avesse difficoltà, se non fosse più a suo agio con Toni Matarrelli e Gino Vizzino, se ritenesse esaurita la spinta propulsiva di questa esperienza di governo, Pompeo Molfetta, per come lo conosco e lo stimo, lo direbbe a chiare lettere e si dimetterebbe senza neppure pensarci su troppo.

Giuseppe Florio

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