In esposizione a Mesagne nella Chiesa di S. Anna fino al 15 Giugno una raccolta di dipinti di Cecilia d’Angela, risultato della ricerca dell’artista sui temi della Natura e della Luce.” Gli orati di apertura sono: tutti i giorni dalle 18:00 alle 21:30
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Intensa è l’atmosfera che Cecilia d’Angela infonde a queste scene, i suoi “giardini” sono abitati dalla meraviglia, portano la bellezza in un mondo che pare coperto solo dal tedio del presente; questi giardini, i loro fiori, le loro piante, paiono invece compiere una sorta di miracolo della vita; da figli del creato, esasperatamente belli, l’artista li pone e li offre agli occhi di chi guarda, condivide con i fruitori la prepotente bellezza.
La d’Angela e, conseguentemente, l’osservatore, sembrano seguire il pensiero di Bacone, in quella che è “la capacità di osservazione dell’occhio”, che dinanzi a questi lavori, sembra porsi a distanza ravvicinata, cercando quasi una intrinseca intimità dei soggetti, tanto che i fiori, i giardini, divengono soggetti privilegiati, in quanto su di essi, ogni colore e riflesso è implicitamente prodotto dalla luce.
Uno sguardo evocativo, una pittura portata avanti mediante le suggestioni e l’emozione che la natura offre all’uomo.
“La natura dispiega la sua magnificenza spesso senza scopo (…).
Se l’utile fosse al primo posto
in natura, le piante nutritive non dovrebbero avere più fascino delle rose che sono solo belle? E perché allora per adornare gli altari delle divinità si cercherebbero inutili fiori?
Per il fatto che il bello ci porta a un’esistenza immortale e divina il cui ricordo e rispetto convivono in noi”
Eugéne Delacroix
Così risuonano le parole dell’artista francese nel 1854, allorquando si parlava di arte e natura e del fascino che i fiori sono in grado di offrire. Un parabola millenaria quella di questo rapporto, laddove il soggetto della rappresentazione è la natura in ogni sua forma e, lasciata la sola via del paesaggio, nel tardo rinascimento ha visto assumere un ruolo fondamentale questo tipo di pittura. Caravaggio, agli inizi del Seicento affermava che “tanta manifattura (richiede) fare un buon quadro di fiori, come di figure”.
Eh già, il XVII secolo è stato l’epoca d’oro della pittura di genere che tanta fortuna ebbe in special modo nelle Fiandre. Tuttavia, ancora oggi, la straordinarietà della Natura intesa come stupefacente soggetto è adottato nell’arte quale universo del creato, insuperabile dall’uomo.
È così che attraggono i lavori della pittrice Cecilia d’Angela. Dipinti che afferiscono a una precisa parte dell’artista brindisina, che indaga secondo una matrice filosofica, antropologica e psicologica, il rapporto “Soggetto-Natura”, come Ella stessa asserisce. Sulle tele di piccole e grandi dimensioni, prendono forma luoghi incontaminati, splendidi angoli di giardini, sono sottoposti ad un focus, che sono tradotti in pittura, secondo schemi compositivi che guardano alla fotografia più che alla natura morta o alla pittura en plein air. L’occhio della d’Angela si sofferma su minuti particolari, si lascia affascinare dai colori dei petali e foglie che splendono alla luce di un caldo sole che ricorda, fortemente, il Salento in cui Ella è cresciuta. Un compendio che se da una parte riporta agli studi botanici, dall’altra si sviluppa secondo quella che può essere la trama di un ricordo, di un’evocazione. Il mimetismo richiesto a questo genere di pittura, vira verso una sfuocatura, che imprime sulla tela, in ogni pennellata, un’emozione, le piante di aloe, la rigogliosità della vegetazione di un giardino mediterraneo, l’azzurro di un fiore che imita i colori del mare pugliese, sono tutti elementi in grado di veicolare un lirismo incontenibile,
quasi fatato.
Galleria Farini Concept, Bologna