Home Politica Quei giorni del terremoto del 23 novembre 1980 – di Cosimo Zullo

Quei giorni del terremoto del 23 novembre 1980 – di Cosimo Zullo

da Cosimo Saracino
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La scossa che devastò l’Irpinia e la Basilicata arrivò molto forte anche qui da noi.

Ci furono oltre 3000 vittime e tantissimi danni. Sin dalla mattina seguente, iniziò la mobilitazione per i soccorsi e la solidarietà. In tutti i comuni si aprirono centri di raccolta coordinati dal sindacato unitario.

Partì subito lo straordinario impegno del PCI di Berlinguer, in tutto il Paese.

Migliaia di volontari giunsero nelle zone del sisma.

Allora ero segretario provinciale della Federbraccianti e coordinavo il lavoro di soccorso, di aiuti, di squadre di volontari e dirigenti che iniziarono a dirigersi verso le zone colpite.

Il coordinamento doveva essere ben organizzato per evitare di arrivare impreparati in quelle zone in cui era maggiormente precaria l’agibilità.

A Mesagne vi fu un forte raccordo tra il sindacato e l’Amministrazione comunale. All’epoca il sindaco era il comunista Ezio Santacesaria.

Partirono molti soccorsi, viveri e materiale vestiario. Tre camion andarono a Lioni, un comune dell’avellinese molto colpito. La consegna della raccolta fu coordinata e assicurata da Amleto Lapenna (segretario della lega braccianti), da Enzo Rubino (rappresentate di commercio) e Luigi Denitto, impiegato presso Ospedale civile Mesagne e iscritto alla CGIL.

Amleto Lapenna e Luigi Denitto ritornarono più volte nelle zone colpite dal terremoto; prima a Sant’Angelo dei Lombardi e poi a Tito in Lucania.

Luigi Denitto racconta che le aziende di trasformazione di Mesagne, all’epoca molto numerose (Campana, Fratelli Ruggiero, Coop. Alleanza Ortofrutticola, Italfood, Azienda Rosato, Agriconserve), misero a disposizione sia camion che derrate alimentari.

Enzo Rubino, tra l’altro, ricorda che il percorso che li portò a Lioni risultò anche interrotto, a causa del crollo di un ponte che costrinse i genieri dell’Esercito a intervenire immediatamente per ricostruirlo.

I primi che utilizzarono il passaggio sul ponte appena ricostruito furono i camion dei volontari mesagnesi. Arrivati al campo sportivo di Lioni, trovarono già i cantieri al lavoro per la costruzione delle case prefabbricate.

Lì incontrarono i compianti Angelo Capodieci, all’epoca componente della segreteria provinciale della Federbraccianti e Carmelo Passante, funzionario sindacale del patronato Inca di Mesagne, che erano in quelle zone da alcune settimane per incarico della CGIL nazionale.

Io invece con Concetta, allora fidanzati, e con un’altra coppia di compagni, già il 26 novembre facemmo da “scorta” al camion che era diretto a Potenza per la consegna della raccolta effettuata dalla zona centro CGIL di Francavilla Fontana.

Il tragitto per raggiungere Potenza era pieno di roulotte e di camion diretti verso le zone del sisma e pertanto si procedeva a passo d’uomo. Il nostro viaggio fu carico di silenzi; gli stessi che si vivono quando si è in pellegrinaggio.

Le vedute erano spettrali: strade interrotte, case distrutte, interi quartieri senza acqua e luce.

In tutte le strade si vedevano detriti e punti sbarrati. Nelle aree più interne della zona, già a fine novembre iniziò a nevicare. Si prospettava un inverno molto rigido.

La risposta a quella tragedia fu un sussulto straordinario di solidarietà del popolo italiano. Il forte monito del Presidente Pertini venne raccolto: “fate presto!”.

Ho pensato tante volte, in questi ultimi anni, come sia stato possibile disperdere quella grande lezione di vita e di umanità.

Recentemente, Antonio Bassolino ha detto che quello è stato l’ultimo grande sussulto nazionale di solidarietà umana e civile.

Oggi che il nostro Paese affronta la tragedia della pandemia e piange la perdita di quasi 50000 persone occorrerebbe un altrettanto grande sussulto di orgoglio nazionale

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