Home Attualità Rimpasto di giunta: nessuno statista ma arrivino le formiche – di Giuseppe Florio

Rimpasto di giunta: nessuno statista ma arrivino le formiche – di Giuseppe Florio

da Cosimo Saracino
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Mi sa che questa volta dovrò dare ragione ai diversi detrattori che nelle ultime ore si sono affannati a stuzzicarmi: in effetti in questa nuova giunta Molfetta mancano un po’ di nomi di peso. Mancano Roosevelt ed Eisenhower, ma diciamo che alla fine dei conti me lo aspettavo. Sono assenti perfino Mitterrand e la Thatcher. Ho confidato fino alla fine che la maggioranza al governo della città tirasse fuori dal cilindro, che so, un Kohl, ma niente. Non mi pare neppure che tra i nuovi nomi ci sia qualcuno di lontanamente somigliante non dico a De Gasperi, ma almeno a Fanfani. Nulla, tutte figure politicamente gracili, di media statura.
Ma allora dove sono gli statisti? Forse giganteggeranno, per dirla con Bruno Pizzul, nei partiti di minoranza? Sono ben custoditi nella sede democratica di via Roma? O magari nel meetup bifronte, a corrente alternata un po’ grillino e un po’ progettantemesagne?
A ben guardare, Mesagne scarseggia di figure di questo tipo. E, a guardar meglio, anche il carnet dell’Italia, tolti gli ottuagenari, sembrerebbe essere particolarmente sguarnito. Forse, tout court, da questa fase storica non ci si può aspettare molto di più.
Allora, archiviati commenti un po’ snob e talvolta ignobili, qual è il senso di questo rimpasto(ne)? Il sindaco Molfetta aveva avviato la consiliatura pescando dalla società civile i propri assessori. Tutte figure immacolate (se si considera un peccato la politica) e certamente persone rispettabili che hanno svolto con decoro il proprio compito. L’esperienza ha avuto alti e bassi (e non luci ed ombre, che sarebbe diverso), funzionando nella misura in cui il primo cittadino ha inteso farla funzionare. E cioè svolgendo gli assessori il ruolo stretto di delegati del sindaco (secondo la lettera del diritto) più che di interfaccia della comunità. Prova ne sarebbe che, forse per la prima volta nella storia degli ultimi venti o trent’anni, ancora oggi alcuni amministratori sarebbero sconosciuti a una moltitudine di cittadini. Tale meccanismo (ripeto: fortissimamente voluto da Pompeo Molfetta, probabilmente a propria garanzia) ha tuttavia sovraccaricato di responsabilità il sindaco, spesso prestatosi in soccorso per le grandi e medie vertenze troppo complesse o pesanti per certuni.
Il bilancio di questi tre anni non potrà essere liquidato come negativo. Molfetta, confrontatosi con il suo acerrimo avversario (il proprio carattere: umbratile e diffidente) e compatibilmente con le difficoltà finanziarie ormai strutturali da cui sono afflitti gli enti locali, ha fatto il suo con rigore morale e materiale. Così come va dato atto ai suoi assessori (a tutti, anche a quelli fumantini o depressi che sono andati via anzitempo) dell’impegno, della serietà, dell’onestà.
Perché dunque mettere mano così pesantemente alla squadra di governo? L’impressione è che negli ultimi tre anni sia emersa la necessità di mettersi in ascolto in maniera più capillare ed efficace dei diversi settori che compongono la complessa società mesagnese, ovviamente per provare a fornire risposte maggiormente esaurienti o aderenti: compito non esattamente nelle corde di un sindaco che predilige «le sudate carte» alle relazioni umane e fatica improba per i vecchi assessori, incuneati in un progetto politico che aveva direttive differenti.
Non si vedono statisti in giro oggi così come non se ne sono visti negli ultimi anni, così come – ahinoi – non se ne vedranno ancora per un po’. Ma questa ultima rivoluzione degli assetti avrà funzionato se si vedranno per le strade tutti gli assessori e magari anche il sindaco, sgravato dall’impellenza di doversi rintanare in una torre che ha ben poco di avorio: tutti insieme come operose formiche di un formicaio che vuole meglio organizzarsi.

Giuseppe Florio

P.S. E’ un segno dei tempi anche che il contesto dato sia sprovvisto di pulitzer, che in città non si incontrino i Cronkite, i Montanelli e, men che meno, i Kapuscinski. Vale anzitutto per me, ovviamente. Prima che qualcuno mi ribalti addosso il mio ragionamento.

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