Agosto. In un pomeriggio qualunque, in un orario qualunque è stato piacevole notare il grande afflusso di pubblico in uno dei tanti cinema salentini.
Un po’ come partecipare ad un grande evento, ad un concerto in cui un fiume di persone sceglie, per poche ore, di condividere una passione.
Solo che in questo caso il denominatore comune era il rosa, in tutte le sue gradazioni, dallo shokking alla nuance più tenue, appena accennato o total body, per grandi e piccini: mamme, figlie, nonne o zie, uomini, papa’, zii, fidanzati, single.
Persone che si incrociano qualche ora dopo, magari casualmente, e che si riconoscono tra gli altri.
Mi sono recata al cinema per vedere questo film del momento, che, inizialmente, avevo snobbato ed etichettato. Poi è accaduta una cosa: man mano che il pubblico ne decretava il successo al botteghino, la curiosità si è accentuata e ho cercato nei commenti di chi lo aveva visto spunti di riflessione.
Curiosità che cresceva allorché la forbice di pubblico si è divisa tra promotori e detrattori. La trama parla della famosissima bambola americana che sbaraglia la concorrenza dalla sua nascita in poi.
È perfetta anche se poi si è emancipata oltre lo stereotipo e la Mattel ne ha plasmate a iosa, segno del fatto che il mercato è fertile.
Vive nel fatato mondo di Barbieland, dove tutto è leggero, dove per Barbie (per estensione tutte le ‘femmine’), ogni giorno è un grande giorno, mentre per Ken, (per estensione tutti i ‘maschi’), ogni giorno è grande solo se lo guarda Barbie.
Una frase che sintetizza, in maniera tutt’altro che banale, il divario che esiste tra i due generi.
Un giorno Barbie sente di dover esprimere sentimenti che non le solo propri e questo la porterà ad aprire un varco col mondo reale per conoscere il motivo che la sta cambiando.
Verrà con lei Ken, nel film suo innamorato, da lei non ricambiato.
Barbie scoprirà cosa è la vita umana, la sua fragile imperfezione, le sue quotidiane contraddizioni e proprio da queste sarà conquistata.
Finalmente incrocia la donna che le ha ispirato quello strano malessere: una donna in carriera, moglie annoiata e madre bistrattata di un’adolescente.
Una donna piegata da quella sensazione di insicurezza, inadeguatezza, incapacità, che oscura la sua quotidiana serenità.
Barbie è venuta per salvare lei (?) così come lei salverà Barbie.
Frattanto Ken, si scontra con la dimensione del patriarcato, dove gli uomini hanno pieno potere e preso dal machismo del mondo moderno, tenta un colpo di stato su Barbieland.
Sennonché anche questa dimensione si rivela sbagliata. Apparentemente le cose tornano all’origine, ma poi, Barbie, ormai cambiata, sceglie la vita in carne e ossa.
C’è chi schernisce il maxi tema del film parlando di femminismo vs maschilismo, ma, si ricordi, Barbie è figlia del proprio tempo, il femminismo allora era la presa di posizione nei confronti di un sistema altamente maschilista, totalmente sperequato.
Barbieland, nella sua estremizzazione, pareggia i conti con il mondo a cui si oppone, quello da cui è nata.
Qui ogni bambina, ogni futura donna, può aspirare a divenire qualunque cosa voglia.
Nel film la contrapposizione con il mondo ‘reale’ è totale, è abissale, due lati di una medaglia, due eccessi e come tali entrambi sbagliati.
Forse, proprio da qui occorre ripartire per dare il giusto valore ad ognuno aldilà del genere.
Carla