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Questa sera alla ‘Di Vittorio’ si parla di OVIDIO – Streaming su Quimesagne.it

da Cosimo Saracino
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loc_a3_ovidioStasera, Sabato 22 ottobre alle ore 18.00 è stata organizzata una serata dedicata al poeta romano Publio Ovidio Nasone presso i locali dell’associazione Giuseppe Di Vittorio, in via Castello.

La relazione dal titolo “Il Tema della Vita nelle Metamorfosi di Ovidio” sarà svolta dal dott. Giorgio Verola, notaio e cultore raffinato di lettere classiche.

Ad introdurre il notaio ci sarà il presidente del sodalizio mesagnese on. Cosimo Faggiano e l’intervento del prof.Ermes De Mauro.

L’intero incontro potrà essere seguito in streaming sul nostro sito Quimesagne.it

Da segnalare anche l’originalità della locandina che riporta un disegno fatto per l’occasione dal maestro Carmelo Conte. Opera concessa all’Associazione in maniera gratuita.

Una delle frasi celebri di Ovidio: “Finché sarai fortunato, conterai molti amici: se ci saranno nubi, sarai solo.”

Biografia tratta da wikipedia:

Publio Ovidio Nasone, più semplicemente Ovidio (in latino: Publius Ovidius Naso; Sulmona, 20 marzo 43 a.C. – Tomi, 18 d.C.), è stato un poeta romano tra i maggiori elegiaci.

Sulla vita di Ovidio non si conosce molto e le uniche testimonianze provengono proprio dal poeta stesso: scrive infatti un’elegia di natura autobiografica (la quarta dei Tristia).

La giovinezza e gli studi

Ovidio immaginato dalle Cronache di Norimberga
Nasce il 20 marzo del 43 a.C. a Sulmona da una famiglia facoltosa, appartenente alla classe equestre. A 12 anni si reca a Roma con il fratello Lucio, poi morto prematuramente, per completare gli studi. Frequenta le lezioni di grammatica e retorica dei più insigni maestri della capitale, in particolare Marco Aurelio Fusco e Marco Porcio Latrone. Il padre lo vorrebbe oratore, ma Ovidio si sente già più portato per la poesia. Seneca il Vecchio ricorda che Ovidio declamava raramente, per lo più suasorie. Più tardi Ovidio si reca, com’era costume ormai da un secolo, ad Atene, visitando durante il viaggio di ritorno le città dell’Asia Minore; va anche in Egitto e per un anno soggiorna in Sicilia.

La carriera a Roma
Tornato a Roma, Ovidio intraprende la carriera pubblica, senza distinguersi per zelo o importanza di honores. È uno dei decemviri stilibus iudicandis e dei tresviri, i funzionari, forse, di polizia giudiziaria. Non aspira poi al Senato romano, pago della propria dignità equestre; contrariamente al fratello e contro la volontà di suo padre si dedica agli studi letterari. Inizialmente ha contatti con il circolo di Messalla Corvino (filorepubblicano), che lo stimola a dedicarsi alle lettere; più tardi invece entra nel circolo di Mecenate (filoaugusteo), conoscendo i più importanti poeti del tempo: Orazio, Properzio e, per poco tempo, Virgilio. Tale ambiente aiuta Ovidio, che in questi anni ritrova la serenità e l’incentivo necessario per esprimersi e produrre. Siamo nel periodo storico della pax augustea e i costumi di Roma tendono a rilassarsi, c’è una concezione più libera e rilassata della morale che arriva dall’influenza ellenistica.

Ovidio elegiaco
Ovidio è il più giovane dei poeti elegiaci e si differenzia in gran parte da loro. Se essi rifiutavano il mos maiorum (le tradizioni degli avi) ma ne desideravano i benefici, Ovidio rifiuta questa contraddizione e il mos in toto. Si può parlare anche di relativismo, poiché rifiuta i valori fissi e rigidi della vecchia società romana per aprirsi alle mode del tempo, cercando di assecondare il gusto volubile del pubblico.

L’amore
Ovidio si sposa per tre volte: ma se, nei primi due casi, divorzia presto, il terzo è invece il più significativo. Delle prime due mogli non si sa nulla, tranne che da una di loro nasce Ovidia, a sua volta scrittrice colta. Il terzo matrimonio avviene con Fabia, appartenente all’omonima gens, vedova con una figlia e fedele consorte nella gioia e nel dolore, della quale il poeta, nelle sue opere, conserva un ricordo commosso.

Opere: Metamorfosi, in 15 libri di esametri.
Il capolavoro di Ovidio, ultimato poco prima dell’esilio, contiene più di 250 miti di trasformazioni, dal Caos all’apoteosi di Cesare e Augusto. L’opera si chiude con una preghiera agli dei, affinché questi preservino a lungo l’imperatore Augusto. Scritto in esametri, in quindici libri (per circa 12 000 versi), vi si trova tutta la storia mitica del mondo, ma riorganizzata da Ovidio in una serie di racconti continuati. Il criterio generale di compilazione segue l’ordine cronologico, ma molto spesso Ovidio introduce eventi anteriori al fatto narrato o posteriori, collega le storie in base a rapporti familiari, elabora i racconti secondo affinità o diversità. Insomma si tratta di un racconto mosso e articolato, talvolta al limite dell’artificio, che mostra l’abilità stupefacente del poeta di legare tra di loro storie che apparentemente non hanno un filo logico comune. L’unico principio unificatore è la metamorfosi. Tra gli strumenti adottati dal poeta vi è il racconto nel racconto, grazie al quale il poeta trasforma i personaggi “narrati” in personaggi “narranti” che raccontano vicende proprie o altrui. L’opera lo rese illustrissimo presso i contemporanei.

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